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Gasparo Gozzi Prose Varie IntraText CT - Lettura del testo |
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II.
La Varietà comparsa personalmente in visione all'Autore.
Trovavami mercoledì verso sera nella mia stanza, pensando a' diversi ragionamenti ch'io aveva uditi in più luoghi intorno al primo foglio della Gazzetta veneta. Dubitava fra me medesimo se dovessi proseguire nel modo stabilito dell'aggiungere alle notizie qualche cosa che ricreasse i leggitori, ovvero ogni cosa trattarsi in sul sodo e con gravità, come se avessi a dettare un libro massiccio e solenne: imperocchè non sì tosto venne in luce il primo foglio, ch'io rincantucciatomi in più luoghi per desiderio di prender norma dalla comune opinione e compiacere il pubblico, udiva di qua, che troppe vi sono le riflessioni in ischerzo; e colà, ch'egli si credeva nel leggerlo di trovarvi maggior passatempo e trastullo. Chi vorrebbe novellette piacevoli; chi, che lasciata fuori ogni altra cosa, le sole notizie fossero pubblicate; e altri, a cui non importa di case da fittare, di cose da vendere o di siffatti interessi, vorrebbe ridere solamente. Che farò io dunque, diceva fra me, per appagare ciascheduno, e cui debbo io assecondare? Mentre ch'io stava pensoso e con la penna ora in mano sospesa ed ora intingendola nelle spugne, senza risolvermi a formare parola in carta; ecco che di subito, non so donde, nè come entrata nella stanza mia, mi vidi a comparire innanzi una femmina di sì mirabile condizione, che appena credo di poterla descrivere. Era la faccia sua di mutabile apparenza, per modo che non potrei ben bene sapere nè dire s'ella fosse giovane o vecchia, bella o brutta, bianca o bruna; perch'ella avea tutte queste qualità l'una dietro all'altra, e in poco tempo dall'una all'altra passava. A questa improvvisa visione ognuno penserà ch'io fossi tocco da una repentina paura, ma non fu vero; poichè quella sua continua mutabilità e tramutazione destò in me tanta meraviglia, e sì quella novità mi prese il cuore, ch'io la guardava con infinito diletto e non potea spiccare gli occhi da lei, sperando di vederla di tempo in tempo a cambiarsi. La veste sua era di più colori, e questi ancora divenivano altri colori in un momento. E che vi dirô io di più? che quando la cominciò a favellar meco, ella mandava fuori della gola ora una vocina di femmina e ora una vociaccia di maschio, e talvolta lieta e tal altra malinconica favellava; sicchè il fatto suo era una grandissima stravaganza. Finalmente, avendomi ella guardato qualche tempo in faccia, tramutandosi, e domandandole io chi ella fosse e a che venuta, rispose: Sappi che tu vedi davanti a te colei che più di ciascun'altra donna è dal pubblico amata, e quella che nel corso dell'umana vita porgo soccorso di ricreazione alle genti. Io sono colei che ne' dilettevoli giardini e ne' dorati palagi non solo, ma anche fra' monti e nelle valli e nelle selve so far trovare a' riguardanti il diletto; e pongo mano nelle tele dipinte, nelle invenzioni de' poeti, de' romanzieri e nelle fatture degli artefici, le quali colà dove io non sono, riescono tutte nojose e di un tedio mortale. Per cagion mia si trovano le cose nuove: chè se non foss'io, il mondo sarebbe contento delle vecchie; ma quando delle nuove n'è stato ritrovato assai, fo porre mano alle antiche e le torno a dissotterrare; e queste, state dimenticate, riescono come nuove e piacciono. E tu dei anche sapere più là, che tenendo io il cuore umano in un continuo esercizio e in ammirazione ora di questa novità e ora di quella, nè mai lasciandolo arrestare in una sola, lo mantengo voglioso, vivace e operativo, sicchè non ha luogo in lui la noja che proverebbe s'egli stesse sempre saldo in uno stato. Guai a te, se non ti consigli meco mentre che tu scrivi; guai a te. Ora, per esempio, veggo benissimo che ti trovi impacciato in qual forma dei dettare questi tuoi fogli; ma se tu vuoi affidarti a me, spera che le cose tue non avranno mal effetto. - Oh! diss'io allora, tu se' appunto venuta per mio conforto; e poichè mi prometti cotanto, perchè non vuoi tu ch'io ti ubbidisca? io sarò tuo servo e schiavo in eterno: dimmi quello ch'io debba fare. - Allora ella, preso un tuono maestoso e fatta una faccia grave, e tramutato il suo vestito in più varj colori che l'arcobaleno, disse: Io sono la Varietà; imita la faccia mia e i mei vestimenti; e così detto disparve.
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