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Gasparo Gozzi
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    • IV.   Sopra uno schiavo destinato ad alimentare gli uccelli. - Sogno.
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IV.

 

Sopra uno schiavo destinato ad alimentare gli uccelli. - Sogno.

 

Egli mi parea dormendo che, posto i miei libri in certi bauli, era salito in una nave, con la quale me ne andava a spiegate vele, non sapendo punto a qual termine dovesse arrestarsi il mio corso, come appunto suole avvenire di coloro i quali non hanno seco altri bagagliumi che libri. Il capitano e i marinai che spesso mi vedevano astratto e sopra pensiero, ora con un libro in mano e ora con un foglio dinanzi, notando fra loro, ch'io non solea strabocchevolmente bere, parlare bestialmente, bestemmiare con loro, mi aveano in concetto piuttosto di orso che di uomo, e forse mi stimavano di mal costume; ond'io me ne stava in un cantuccio privo di ogni conversazione. Intanto, mentre che più prosperamente veniva dal nostro legno solcato il mare, ecco che dall'una parte ci viene all'incontro uno sciambecco di corsali, non so di qual paese: ma con tal furia, che in poco tempo restammo tutti presi e con le catene a' piedi, e così conci tutti ne trassero nel legno loro. In esso dunque navigammo non so quanto tempo, e finalmente entrati in un porto, i corsali ci fecero smontare: vennero alla riva comperatori, de' quali chi comperò l'uno, chi l'altro, e tutti ne andarono chi qua chi a' loro fatti. Io venni alle mani di un certo vecchio strano, il quale domandatomi quel che sapessi fare, e inteso da me che la mia professione era stata sempre lo studio, cominciò amaramente a lagnarsi di aver comperato uno schiavo disutilaccio e dappoco, a tale che non sapendo in qual esercizio adoperarmi, poco mancò che non mi gittasse allora allora nel mare. Pure finalmente stando alquanto sopra di , voltatosi a me, mi disse: Dacchè la mia mala ventura ha così voluto ch'io spendessi i miei danari in un polmone tuo pari, odimi, e fa quello ch'io ti dirò. Io sono uomo di cuore caritativo, e le viscere mie sono ripiene di compassione. Sappi dunque che questo paese è abbondantissimo di più varj uccellini, a' quali io fo una limosina annuale, e tengo un terreno vôto a posta loro, nel quale intendo che trovino di che mangiare liberamente. Questo terreno io lo rimetto alla custodia tua; lavoralo, semina e fa che que' poveri innocenti non abbiano a stentare la pastura. Quant'è alle sementi, ecco il granajo mio; va e prendi quello che ti abbisogna. - Pensa se mi lagnai allora in mio cuore, e dicea fra me: vedi strana ventura ch'è stata la mia, chè avendo io consumati tanti anni nello squadernare libri e in cercare la bellissima faccia della dottrina per acquistare almeno un lodato epitaffio alle ossa mie, ora sono condotto ad essere aratore e zappatore di terreni, non so in qual mondo, e nelle mani di un sì caritativo che, per dar di che mangiare agli uccelli, fa affacchinare un uomo. Con tutto ciò rincorandomi con la speranza e fatto della necessità virtù, mi diedi con pronto animo, se non contento, ad eseguire quella commessione che la mia stravagante fortuna mi metteva per allora innanzi. Per la qual cosa, arato prima bene il terreno e divisolo in diversi solchi, quivi gittai frumento, colà segala, costà saggina, qui grano d'India, e in questo solco panico e in quell'altro miglio, e fino veccia e loglio vi sparsi. Germogliarono le sementi e granarono le spighe; ed ecco le nuvole degli uccelli che si calavano, e si udiva un festivo schiamazzo di contentezza; ma tutti arrestandosi, secondo le specie diverse, a que' grani che alla natura loro si affacevano, gli vedea lietamente nudrirsi, e mi parea che il passero, beccando il miglio, non si dolesse che il lucherino vi trovasse il panico, a questo sapeva male che vi fosse la saggina pel frusone; ma ognuno si godeva la sua speciale pastura, senza dir male dell'altrui. E benchè il campo non avesse bella vista, fosse secondo l'arte dell'agricoltura seminato, vedendo che il bisogno richiedeva a quel modo per alimentare tanti ventrigli, ne fui dal mio vecchio signore lodato, il quale mi disse ch'io proseguissi in tal modo, chè esso era ottimo per appagare una comunanza. Intanto io mi svegliai, e trovai che il mio sogno ha molto che fare con la gazzetta.

 

 




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