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Gasparo Gozzi
Prose Varie

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    • XVII.   Il fuoco, l'acqua e l'onore, - Apologo.
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XVII.

 

Il fuoco, l'acqua e l'onore, - Apologo.

 

C'è un padre di famiglia qui in Venezia il quale non avendo figliuoli maschi, ma sole fanciulle e queste ancora piccioline, si è dato con tutto l'animo e con tutto il pensiero ad educarle, e vuol essere il maestro egli medesimo. Egli insegna loro a leggere e a scrivere; e se avranno, venendo grandicelle, attività al canto e alla danza, farà insegnar loro anche quello e questa. Intanto per allettarle all'applicazione, ha composto certe favolette che contengono tutte sentimenti morali; tutte nuove, e delle quali non mi ricordo di averne letta alcuna in altro luogo. Essendo stato seco parecchie ore, molte me ne lesse, tutte con un'applicazione giustissima a qualche verità morale. Fra le altre una ne lessi da lui scritta in versi; ma non avendola in originale, la scriverò in prosa, tanto che spieghi il suo concetto.

 

Il fuoco, l'acqua e l'onore fecero un tempo comunella insieme. Il fuoco non può mai stare in un luogo, e l'acqua anche sempre si move; onde, tratti dalla loro inclinazione, indussero l'onore a far viaggio in compagnia. Prima dunque di partirsi, tutti e tre dissero che bisognava darsi fra loro un segno da potersi ritrovare, se mai si fossero scostati e smarriti l'uno dall'altro. Disse il fuoco: Se mi avvenisse mai questo caso, che io mi segregassi da voi, ponete ben mente colà dove voi vedete fumo; questo è il mio segnale e quivi mi troverete certamente. - E me, disse l'acqua, se voi non mi vedete più, non mi cercate colà dove vedrete secura o spaccature di terra, ma dove vedrete salci, alni, cannucce o erba molto alta e verde; andate costà in traccia di me, e quivi sarò io. - Quanto è a me, disse l'onore, spalancate ben gli occhi e ficcatemegli bene addosso e tenetemi saldo, perchè se la mala ventura mi guida fuori di cammino, sicchè io mi perda una volta, non mi trovereste più mai.

 

 

 




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