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Gasparo Gozzi
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    • XIX.   L'amore all'osteria devesi noverare tra le belle arti
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XIX.

 

L'amore all'osteria devesi noverare tra le belle arti

 

 

Quello ch'io dirò, parrà forse una fantasia e un capriccio nuovo e strano; ma quando vengono i capricci, vogliono uscire a marcio dispetto e sono come il pizzicore che quando è venuto alla pelle, convien che uom gratti. Io ho udito più volte persone a lodare l'osteria sopra ogni altro diletto del mondo. Quello è un luogo e un'abitazione che ha una certa non intesa malìa e un certo soave incantesimo che abbaglia e prende il cuore, come l'amo vestito, d'esca, i pesci. Quando si dica fra compagni: io voglio che tale o tal giorno andiamo a fare uno stravizzo all'oste; subito si ode un sì sì universale, e si dispongono a mente gli spassi, le vivande, le qualità de' vini e fino al giorno assegnato. Quando si riscontrano, uno dice all'altro: tenete bene a mente tal , non mancate di parola; e chi si chiama compare, chi fratello, o con altri nomi di amicizia e tenerezza, perchè l'osteria forma una famiglia universale di tutti e una parentela legata e congiunta col mezzo del diletto. Io ho più volte pensato donde venga questo piacere quasi generale, ed esaminando fra me la cosa, ho trovato che l'osteria ha una certa somiglianza con quelle arti che si chiamano, per onorarle fra le altre, le buone arti o le belle arti, ch'è lo stesso. Io vi prego, state attenti, perchè la cosa è d'importanza. La musica, la poesia, la pittura e la danza, per esempio, sono le buone arti. Le altre arti sono nate pel bisogno degli uomini, e adoperano la natura quale la trovano. Le quattro che ho nominate e che nacquero per dilettare, l'imitano solamente; ma non l'imitano già quale la veggono, chè anzi cercano di migliorarla; e se sanno fare l'ufficio loro, cercano le parti sue più belle, le accozzano insieme, prendendole qua e colà, e ne fanno un intero, nel quale considerando i veditori o gli ascoltatori, e trovandovi dentro una certa similitudine di natura, si compiacciono nel fare quella comparazione; e di qua nasce il diletto. Natura, per esempio, ha molte voci alte, basse, stridule, sonore e vattene ; ma queste non escono però fuori della gola sempre a tempo, e talora ne vengono fuori de' polmoni con sì mala creanza, che spezzano gli orecchi: la musica le prende, le accorda insieme e ne fa misura, armonia e concetto. Natura ha molti atteggiamenti: vedi quante attitudini fanno le gambe, le braccia e il capo; ma chi si storce con violenza, chi alza le mani fuori di tempo, chi si prostende, chi fa una cosa, chi l'altra, non sempre a misura: l'arte della danza si toglie ad imitare siffatti atteggiamenti, gli assetta in passini delicati, in capriuole trinciate, in elementi attitudini di braccia, in soavi girari di capo e siffatte altre galanterie; ed eccoti un'altra imitazione da passare il tempo con diletto a star a vedere. Le parti della pittura e della poesia sono tante e sì lunghe, che non è questo il luogo di noverarle; basta che le vanno con le prime due, e sono anch'esse imitatrici della natura migliore e più bella. Vegnamo al proposito nostro, che non paresse ch'io me ne fossi dimenticato. L'osteria ha dunque un certo che di somiglianza con le quattro arti da me nominate; anzi si potrebbe noverare per la quinta delle buone arti, perchè com'esse imita la natura in quelle parti che sono le migliori e le più belle. In natura ci sono case e palagi, si mangia, si bee, si dorme e favisi anche il resto; ma in tutte queste cose ci sono molti disordini e non vanno bene a misura: ci fa bisogno l'edificare, il prendere a fitto, il dare salario a chi spenda, a chi cucini, a chi serva. In casa ci sono intorno figliuoli, avoli, zii: chi borbotta, chi rantaca, chi indugia, chi vuol far presto; e queste sono discordanze di natura. L'osteria, o vogliamo dire la bell'arte dell'ostiere, prende tutte le parti che abbiamo detto e ne fa una totalità misurata e regolata, donde nasce un'armonia, la quale forma il diletto e l'incantesimo in chi s'impaccia seco. Come negli altri luoghi alloggi, e pure non è tuo alloggiamento; il mangiare e il bere ti è apparecchiato, e non sai come; sei servito in ogni cosa, e non sai da cui; sei in compagnia, ma a tua elezione; sicchè vedi concento e armonia mirabile di cose ch'essa ti presenta; e da tale imitazione dee nascere in tuo cuore il diletto.

Potrei anche aggiungere ch'essa è, come dire, l'arte maestra che comprende le altre quattro, o almeno che da essa sono come da sua origine derivate, perchè fra le mura dell'osteria si desta l'entusiasmo di tutte. Quivi pare che le ginocchia di tutti si sciolgano spontaneamente a danzare; fuori dell'uscio hai chi t'invita con gli strumenti; si scrivono canzonette sulle muraglie; si fanno brindisi in versi; visi si dipingono co' carboni; si canta quanto esce della gola; sicchè si può dire ch'essa sia un uovo creativo della danza, della poesia, della musica e della pittura, che stanno tutte nel guscio di essa. Il capriccio è finito: me lo ha ispirato la polizza che segue e ch'io stampo quale mi è pervenuta alle mani.

 

“In Poveglia, isola amenissima, situata, come ognuno sa, nelle lagune di Venezia, si è novellamente aperta una magnifica e sontuosa osteria. Se la cosa sia vera, lo potrà sapere per isperienza chi colà vorrà andare e godere con gli occhi proprj una bellissima veduta di terra, di mare e di vascelli, gentili suppellettili e soprattutto una squisita pulitezza dell'oste, il quale non ha risparmiato spesa veruna per provvedersi di ogni cosa che possa occorrere a qualunque nobile compagnia.„

 

 

 




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