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Gasparo Gozzi Prose Varie IntraText CT - Lettura del testo |
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XXII.
Se ad Alessandro il Macedone convenga il soprannome diMagno.
Qual capriccio stimoli uno, il quale si chiama mio amico, in una polizza a chiedermi ch'io gli dica s'io creda veramente che Alessandro Magno fosse uomo di valore, io nol so. Tutti ne dicono tante maraviglie e narrano cose sì grandi e strane de' fatti di lui, che la fama sua mi parea confermata. Non può essere altro, dissi fra me, se non che l'amico mio desideri che si dica il contrario di quello che ha detto tutto il mondo, e che, a guisa degli antichi retori, si parli pro e contra di ogni cosa. Di poi, speculando alcun poco la materia e ricordandomi varie cose ch'io avea lette de' fatti suoi, trovo ch'egli si può grandemente dubitare di sì gran valore; anzi quasi sicuramente affermare che quanto si legge de' suoi gran fatti, sieno invenzioni de' parabolani scrittori. Per provare quanto più brevemente si può questa opinione, si dee riflettere che a' tempi suoi i filosofi erano molto bene pagati, e che da Filippo, padre di Alessandro, Aristotile ebbe un gagliardo stipendio per essere maestro di Alessandro. Gli altri filosofi, sperando anch'essi gran bene da quella corte, come fanno i letterati, dovettero cominciar ad adulare e a farsi le maraviglie de' fatti di quel fanciullo; e si sa che nelle mani degli scrittori sta il biasimo o la riputazione altrui. Fino a qui sono conghietture le mie: ma andiamo avanti e vegnamo a' fatti. Olimpia moglie di Filippo, la sera che andò a marito, si sogna che fuori del ventre suo esce una fiamma che arde tutto il mondo; e lo scrivono cotesti autori per cominciare dalla maraviglia. Ingrossa, e Filippo si sogna di suggellarle il ventre coll'impronta di un lione; e chiamati a sè gl'indovini, uno gli predice che ne nascerà la forza del mondo. Che genti si sognino ogni cosa anche la più pazza, si può credere; pazienza. Ma vanno avanti gli storici e narrano che Filippo ebbe gelosia di una deità che andava a letto con la moglie, e che avendo egli una volta ardimento di mettere un occhio alla fessura dell'uscio per chiarirsi del torto che ricevea, ne fu gastigato dal Nume che si posava con la moglie, perchè accecò di quell'occhio. Vedi carità di scrittori che per far apparire Alessandro figliuolo di un Nume, piantarono le fusa torte in capo al padre di lui. Questi medesimi scrittori sono quelli che dettarono le sue grandi imprese, cominciando da così solenni e manifeste bugie; ond'io non so qual fede si debba loro prestare. Dicono oltre a ciò, ch'egli era molto inclinato alla caccia e agli esercizj cavallereschi; ma che una volta invitato ad entrare ne' giuochi olimpici, dove si trattava di mostrar cuore e bravura, non volle andarvi, e lo coprono con una risposta che diede a chi gliene parlava, dicendo ch'egli vi sarebbe entrato quando i concorrenti fossero stati re suoi pari. Io non nego che questa espressione abbia in sè magnificenza; ma quante volte le belle parole coprono i difetti del cuore? Fece poi quel gran fatto di domare Bucefalo: fu egli perciò altro che miglior cozzone che gli altri suoi mozzi di stalla, i quali chi sa che per danari non si fossero prima accordati a far le viste di temere di quel cavallo per farlo spiccare? il qual cavallo è lodato da loro quasi quanto il padrone, tanto che pare che abbiano tolto ad imitare Omero, e poco manca che non lo facciano parlare come i cavalli di Achille. Aristotile insegnava in due modi: con l'uno pubblicamente e superficialmente, e con l'altro in segreto e a fondo: nell'ultima forma dicesi che insegnasse ad Alessandro. Venne in cuore ad esso filosofo di pubblicare alcuni libri, e fu detto ad Alessandro, allora lontano, ch'egli avea pubblicata la scienza segreta: il grande animo del re si duole, e scrive al suo maestro una lettera, ch'egli ha mal fatto a spargere il vero lume delle scienze fra gli uomini, e vuol egli essere il solo a sapere: la lettera si legge intera in Plutarco. Parvi questo indicio di grande animo? o sarebbe stato piuttosto grande animo il chiedere che tutti s'ingegnassero di sapere ed ingegnarsi di superar tutti? Lascio stare il suo bere largamente, l'ammazzare gli amici alla mensa, e altre taccarelle che non dico per non essere troppo lungo. Dicovi solo, che alle solenni bugie dette dagli scrittori prima del suo nascimento, io non sono obbligato a credere punto le maraviglie che ne scrivono, e che i principj dell'animo suo non erano tali da farmi prestar fede alle prodezze che narrano.
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