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Gasparo Gozzi Prose Varie IntraText CT - Lettura del testo |
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Giove, Nettuno, Minerva e Momo. - Favola.
Dicesi che ne' tempi antichissimi Giove, Nettuno e Minerva, volendo dimostrarsi valenti più l'uno che l'altro nel fare qualche cosa notabile, fecero ognuno di per sè un'opera. Giove fece l'uomo con bellissimo ingegno e pieno di movimenti nel cuore, Nettuno un toro, e Minerva una casa. Poich'ebbe finito ciascheduno il suo lavoro, gli posero insieme e gli vagheggiavano, chiamando tutti gli altri Numi a lodare e ad ammirare così belle imprese. Eravi fra gli altri un certo Momo di acutissima perspicacia, che vedea il pelo nell'ovo, ed era piuttosto malveduto dagli altri, perchè in ogni cosa, quando vi era difetto, lo ritrovava; e comechè più volte avesse migliorate con la sua sottigliezza e avvedutezza le intenzioni e le opere de' Numi, pure ognuno lo guardava bieco e appena si degnava di dirgli due parole. Ora parendo a' tre Dii, che nell'opera loro non vi fosse macola, sì lo chiamarono a sè e gli dissero: Lingua d'oro, io non so se tu troverai a questa volta che ridire: vedi qua; ecco un uomo, un palagio e un toro; che ne di' tu? - Momo gli guardò attentamente, e come quegli che considerava ogni cosa secondo quel fine per cui era fatta, ghignò un pochetto e fece quasi con quel ghigno adirare i tre artefici. Tuttavia, stimolando essi e volendo pure ch'egli dicesse la sua opinione, rispose: Secondo l'intelletto mio, a ciascheduno di questi vostri artificj manca qualcosa, e non è perfetto qual voi vi credete. - Che è, che è dunque? - Io so, rispose, che questo uomo viverà un dì con altri uomini, e tu vedrai che di questo suo grande ingegno e di queste sue passioni si servirà per sottomettere il prossimo, mascherando quello che pensa con le buone parole; e però io gli avrei fatto un finestrino costà su nel capo e uno al petto, perchè potesse essere veduto di dentro. Il palagio dee essere un dì abitazione degli uomini, i quali, poichè sono così fatti qual io veggio questo, io l'avrei fatto con le ruote sotto, perchè ad un bisogno si potesse fuggire dalla mala vicinanza. Quanto al toro poi, dovendogli quelle corna ch'io gli veggo in fronte servire per arme, pensate ch'io gliele avrei collocate di sotto agli occhi, acciocchè vedesse bene dove avesse a ferire. Si adirarono gravemente i tre Numi della censura fatta da Momo alle opere loro, e senza indugiare altro, Giove gli diè bando giù dal cielo e ne lo confinò sulla terra, dove a poco a poco si moltiplicarono poi uomini, tori e case, e avvenne tutto quello ch'egli avea preveduto. Di che Giove, chiamatolo a sè di nuovo, gli disse: Di quello ch'è stato, fratel mio, non ne parliamo altro; tu hai veduti oggimai e conosciuti gli uomini, e io vorrei che là, dove fosti prima sbandito dalla corte nostra, ora dimorassi qual maestro e insegnassi a que' nascenti ingegni a migliorare le cose loro, ad affinare arti, e insomma a far bello il mondo. - Ubbidì Momo, e presa incontanente figura di femmina per essere meglio gradito, scese sulla terra e fecesi chiamare Censura, la più utile e nobile di quante matrone sieno mai state al mondo. Incominciò adunque ella con buon animo a dire: questo si fa così, questo non si fa; e qui si digrossa, e qua si ripulisce, e qua si raschia, e costà si cambia: tanto che a poco a poco le opere degli uomini divennero, di goffe e rozze, buone e belle, e il mondo si ricreò tutto, e parea essere ringiovanito. Se non che uscita fuori de' regni di Plutone la Invidia, e fattasi anch'ella chiamare Censura, la cominciò a dire a diritto ed a traverso e a mordere con quella carità che potea avere una cosa infernale; tanto che la sua maldicenza fece venire a noja l'una e l'altra, e gli uomini prendendole spesso in iscambio, si tenevano ugualmente ingiuriati da questa e da quella. Momo, veduto questo fastidio, giurò fra sè di non volersene più impacciare pubblicamente, e scrisse a Giove, ch'egli di là in poi avrebbe fatto l'ufficio suo, ma solo agli orecchi degli amici di quelli che non l'avessero creduto maldicenza ed invidia. Risposegli Giove: Tu hai ragione; fa come puoi; ma spiacemi che non conoscerai gli amici, poichè sono senza finestra.
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