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Gasparo Gozzi Prose Varie IntraText CT - Lettura del testo |
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Discorso fra alcuni compagni della Congrega de' Pellegrini intorno al Ragionamento di Luciano.
Intorno al ragionamento di Luciano furono, come si usa, fatte diverse ciance, e chi disse una cosa, chi un'altra, conchiudendo finalmente i Pellegrini tutti ch'egli non solamente fu buon filosofo, ma che sapea vestire la sua filosofia con buon garbo, e renderla utile al comune degli uomini. Vedi, diceva uno, com'egli dice tutte le cose sue atticissimamente, condite con quel pungente sale dello scherzo; tanto che ogni uomo è preso d'amore di lui, e legge volentieri le sue scritture. In tutto trovi invenzione e galanteria. Quando gli argomenti entrano nel suo capo, prendono di subito un aspetto nuovo; egli è come a gittare un granellino nel solco, che a poco a poco si apre, germoglia, fa erba, fiore e frutto bello agli occhi e saporito al palato. All'incontro sono certi cervelli, ne' quali ogni cosa che vi entra, o vi si marcisce, o prende un aspetto povero, grinzo, ruvido e bestiale, che ci par sempre nell'udirgli a parlare di essere alla scuola, di sentir a fischiare la sferza; e con quel tuono cattedratico ci fanno fuggir mille miglia da lontano. Altri sono, come una borsa piena di sentenze di Platone, di Seneca, di Plutarco, e a diritto e a torto le lanciano negli orecchi, come l'istrice sbuffando scaglia le spine da sè; e quando hanno infilzato una lista di nomi antichi, par loro di essere il secento. Io non dico che non sia una buona e bella cosa il leggere, e cogliere i frutti lasciati da que' sagri intelletti che furono dalle scienze allattati; ma egli è anche meglio fare delle loro dottrine quello che fa lo stomaco degli alimenti, cioè ridurle in sostanza e vita del cervello; e vestire le cose, quando accade, alla foggia che corre. Tutto quello che si dice oggidì, è stato detto e si dirà da qui in poi: non ci è altra novità fuor quella del colorire piuttosto ad un modo che ad un altro; e quanto più la materia che uno scrittore ha alle mani è ruvida, tanto egli si dee più affaticare nell'ingentilirla e renderla aggraziata. Non ci è cosa che più dia fastidio dell'udire insegnamenti, essendo gli uomini certi cervellini che hanno a noja il vedersi intorno persone le quali facciano professione di ammaestrare, ch'è quanto dire di far vedere l'ignoranza o la bestialità altrui. Ogni verità si può dire scherzando, e verrà udita volentieri. Io credo che la voglia del ridere che ha ogni uomo, ci sia stata messa in corpo da natura, acciocchè i valenti maestri ci possano prendere per quel verso e guidarci dove vogliono. Se Aristofane avesse dato agli Ateniesi suoi in una concione quegli ammaestramenti che diede loro nelle commedie, lo avrebbero tagliato a pezzi; laddove in teatro ridevano smascellatamente, e dicevano che avea ragione. Un bell'insegnamento ci dà Omero verso la fine del primo libro nella sua Iliade. Era corrucciata Giunone per sospetto di gelosia contro Giove; il quale con le minacce avea atterrito non solamente la moglie, ma tutti gli altri Dei, che stavano di malavoglia e ingrognati. Vulcano, veduta sì fatta ira e dispetti, parendogli male che nell'Olimpo si facessero quelle bestialità che si fanno fra gli uomini, si diede a voler insegnar loro la morale; ma non crediate già che ciò facesse con una scientifica diceria, o un trattato, no. Egli si prese in mano un tazzone di vino, molto ben pieno, e diedelo in mano a Giunone, e tanto fece che la Dea sorrise, e prese in mano la tazza. Poscia cominciò ad andare in volta zoppicando, e arrecando il néttare a questo e a quello, tanto che
Dier nelle risa que' beati Numi, E lo scroscio smorzar più non poteano, Quando vider Vulcan servir per casa;
e mangiarono tutti fino al tramontar del sole, ascoltando volentieri l'eccellente lira di Apollo e le cantanti Muse, ch'è con bella voce si rispondeano a vicenda; ch'è quanto a dire, togliendo il velo dell'allegoria poetica, che dietro al ridere e al buon umore vennero anche con volonteroso animo udite le buone cose e le dotte. Chi vuole che sia udita la cetera di Apollo e la canzone delle Muse, vada intorno con la tazza, e ricrei gli animi intorbidati dalle perturbazioni che ci rendono sordi; altrimenti ritroverà gli orecchi impeciati. Così fece in tutte le opere sue questo eccellente artefice Luciano, il quale con la dolcezza delle invenzioni inebbriò gli animi degli ascoltatori suoi; e ammorbidendogli in questa guisa, come valente medico, le medicine vi pose: il qual modo si avrebbe a tenere da ogni filosofo che volesse illuminare l'umana generazione. - Sia come voi dite, rispose un altro de' Pellegrini, e io so benissimo che
Fortius ac melius plerumque secat res;
ma voi non dite la grandissima difficoltà che si treva in quest'arte dell'essere piacevole con garbo e grazia, e quanto la riesca male quasi a tutti coloro a' quali io la veggo a mettere in opera. Anche pochi degli scrittori i quali diedero precetti di quest'arte mi soddisfanno; perchè io credo che veramente in ciò possa la sola natura, vedendosi certuni i quali pajono creati a posta per condire di un certo sale quanto fanno e dicono, che ogni cosa loro fornisce con le veneri e con la piacevolezza; laddove all'incontro alcuni altri riescono così sgarbati e freddi, che fanno piuttosto piangere che ridere, con tutto che sieno uomini di sottile ingegno e arricchito con lo studio e con le dottrine. - E voi avete ragione, ripigliò il primo. Natura è maestra principale in ciò; e chi non ha l'ajuto suo, non dovrebbe mai arrischiarsi a questa faccenda. Dicovi bene che la si può in parte soccorrere anche con l'arte, massime chi fa professione di scrivere piacevolmente cose lunghette, come faceva Luciano; perchè quanto al parlare con frizzi e motti, la cosa ha in sè tanta brevità, e tante sono le circostanze che la possono in un punto rendere grata o spiacevole, che l'arte non vi può nè punto nè poco: ma tutta l'opera è di natura. Colui dunque il quale vorrà scrivere in questa guisa, avrà prima di tutto a ricordarsi della diffinizione che fece Aristotile della ridicolosità, la quale è difetto che cagiona difformità senza dolore, e non minaccia alcuno di distruzione, nè anche quel medesimo il quale ha difetto: perché se essa minacciasse altrui distruzione, non potrebbe movere a riso coloro che hanno l'animo ben fatto. Poni dunque che uno scrittore, qual fu Luciano, volesse assalire quel difetto ch'è nei costumi e farsene beffe, egli avrà prima ad esplorare qual sia quella difformità in essi che non è gravissima, che non offende le leggi, che non guasta la sostanza della società, ma le fa quel danno che ci fanno le mosche, i mosconi ed altre importune ferucole, che non uccidono e tuttavia ci danno fastidio. Ritroverà egli dunque che la difformità, la quale è di ridicolosità ragione, è una contraddizione de' pensieri di qualche uomo, delle sue opinioni, de' suoi costumi e de' modi suoi, alla natura, a' modi e alle usanze ricevute universalmente. Vedi largo campo ch'è questo allo stile burlesco, e se egli si può motteggiare e ridere di varie qualità di persone! che non è quasi alcuno che in una di queste cose non pecchi, e non dia cagione di ridere del fatto suo: ma a queste fonti si dee attingere con ingegno e garbatamente, e conoscere con occhio penetrativo quali sieno questi difetti, e quali no. Ma perché l'esempio fa meglio intendere di quanti mai ragionamenti precettivi si potessero fare, io voglio che in ciò ancora sia nostro maestro Luciano, e l'opera di lui che abbiamo letta poco fa. Vedi dunque ch'egli si prende per argomento il voler beffare un oratore de' tempi suoi, il quale senza punto avere studiato faceva professione di eloquenza, valendosi di un buon capitale di sfacciataggine, e della cultura del corpo in iscambio di dottrina. Questa è cosa contro l'opinione comune, essendo ogni uomo universalmente persuaso che per essere eloquente si abbia a saper molto, e ad aver fatti lunghi studi e lunghe veglie; e che nulla giovi al dicitore un vestito di scarlatto, o l'acconcia zazzera, o le innamorate, o altre sì fatte dilicatezze, le quali all'incontro, occupando l'animo soverchiamente, lo sviano dalla sua principale e massiccia intenzione. Tutti, dico, sono di ciò persuasi; e Luciano, che pur lo sa, coglie la congiuntura di essa comune opinione per berteggiare: e per meglio manifestare quanto sia contrario il costume dell'oratore da lui descritto al parere di tutti, commenda grandemente i modi suoi, e ne raccomanda l'imitazione ad ognuno che voglia divenire buon rettorico; onde chiunque ascolta, udendo cosa inaspettata e sì diversa dal suo credere, e conosciuta l'occulta malizia del lodatore, si ride del rettorico lodato da lui. Di somiglianti esempi è ripieno questo autore, il quale colse tal maniera dalla commedia antica, e principalmente da Aristofane, padre, in questo genere, di tutte le astuzie, grazie e vezzi del berteggiare squisitamente. Non si possono noverare a mezzo le invenzioni di questo sottilissimo scrittore di commedie, per burlarsi e far ridere gli Ateniesi di qualche persona che avea costumi diversi dal comune della città; e ad ogni passo delle sue commedie sì fatti motteggiamenti si trovano, i quali tutti dimostrano quanto fosse acuto l'occhio di lui nel conoscere que' difetti che meritavano di essere corretti con le beffe e con la derisione. Quando da questi principi; avrai conosciuto in che sieno fondate le piacevolezze, il continuo leggere i piacevoli scrittori ti renderà pronto a vedere l'aspetto ridicolo delle cose, e insieme a spiegare il tuo concetto piacevolmente. Gl'Italiani hanno in questo genere maravigliosi prosatori e poeti. Sopra tutti il Novelliere di Franco Sacchetti è una miniera di sali e di urbanità per chi vuol narrare con garbo, e toccare, per così dire, i più occulti tasti de' costumi, e caratterizzare persone difettose e dipingerle in iscrittura. De' poeti infinita è la schiera; perché lasciando il Brini capo e maestro di quest'arte, e forse que' tanti altri che scrissero a sua imitazione dopo di lui, ne avrei un buon branco da nominare in questo luogo, i quali sono tenuti da certi novellini ingegni per vecchiumi e masserizie intarlate, e tuttavia sono il fondaco delle piacevolezze; donde forse il Berni medesimo trasse e acquistò più di quello che altri si crede. Ma egli è tempo di chiudere queste ciance e di dar luogo ad altra materia.
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