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Gasparo Gozzi Prose Varie IntraText CT - Lettura del testo |
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XXIX.
Ragionamento alle arti antiche e moderne
...nisi quae terris semota, suisque Temporibus defuncta videt, fastidit et odit.
Tutto odia, e tutto gli fa noja, salvo quella cose che sono fuori del suo paese, e morte a' suoi tempi.
Una bella e saggia costumanza, o legge che la vogliamo chiamare, fu stimata quella degli Egiziani intorno alle arti, i quali le aveano spartite e assegnate a diverse famiglie e ordini di persone, e sì fra quelle stabilite, che non potea mai il figliuolo di una famiglia fare il mestiere di un'altra7. In quella discendenza si adoperava sempre il martello e l'incudine: in un'altra si tirava sempre coi denti e con le tanaglie il cuojo, e facevansi le pianelle e le scarpe. Non si aveano a fare genealogie: il pecorajo di oggidì usciva da un ceppo di pecorai; una famiglia di tesseragnoli discendeva da una ch'era stato tessitore, e così era di ognuno. I fabbri stavano co' fabbri, i mugnai co' mugnai, gli spadai con quelli che facevano le spade: e tutte queste diverse fatiche andavano per eredità di padre in figliuolo fidecommesse in perpetuo. Dicono ch'egli ne nascesse un gran benefizio alle arti, e cioè, che siccome queste vanno crescendo per virtù della pratica e della esperienza, il padre esperimentava una cosa, e il figliuolo la vedea, questi vi aggiungeva qualche poco di suo, uno che discendeva da lui faceva qualche altro trovato, sicché l'arte più facilmente veniva affinata fra le mani di una famiglia sola, la quale non pensava ad altro, che se fosse balzata ora a questa, ora a quella, e che, per un modo di parlare, il figliuolo di un legnamaio avesse fatto la professione dell'orefice, e quello di un lavoratore al tornio, il mestiere del vasellajo. Oltre al vantaggio che ne riceveano i mestieri, un altro ve ne avea ancora, che ognuno accostumandosi fin da' primi anni alla sua condizione stabilita dalle leggi, non impazzava più a voler variare, a cambiar lo stato suo, a voler salir a quello di un altro; ma si appagava del suo, l'esercitava, e ne ammaestrava in pace i figliuoli suoi, che aveano a viver di quello. Da sì fatta massima uscirono piramidi e obelischi, che sono ancora la maraviglia del mondo, cavamenti di laghi, che oltrepassano l'umana immaginazione, edifizj così solidi, che le migliaja degli anni non hanno ancora distrutti affatto. Veggovinsi dentro traportate e collegate pietre e marmi sì grossi e gravi, che alcuni stimano che le sieno montagne cavate, non trasferiti sassi, tanto che si ha a dire che vi fossero argani, carrucole, e altri ordegni che più non ci sono. Con tutto ciò vogliono alcuni affermare che l'usanza dell'arti ereditarie sia più ad esse dannosa che utile. Gli uomini di natura ambiziosi, e di animo grande e insieme volubile, sdegnano di essere legati ad una necessità. Il lasciare l'elezione dell'arti libera agl'ingegni sembra che sia il partito migliore. Non parlerò de' Greci e non de' Romani, fra' quali era mantenuto il metodo dello scegliere a cui piacea quell'arte che più gli dava nell'umore. Le belle statue greche e romane vincono di gran lunga le goffaggini egiziane in questo proposito; e tra queste due nazioni le belle arti fiorirono con tale squisitezza, che sarebbe un ingiuriarle chi le mettesse al paragone con le prime. Dirò solamente qualche cosetta de' tempi nostri, nei quali non solamente ognuno può eleggersi quell'arte ch'egli vuole a sua soddisfazione; ma lo fa anche negli anni che non sono sprovveduti di ragione, e con qualche buon fondamento di dottrina. Io ho per lunga sperienza veduto che le prime masserizie, delle quali vengono provveduti i figliuoli degli artisti, sono la Grammatica latina, le Pistole e le Orazioni scelte di Cicerone, e poco di poi l'Eneide, le Poesie malinconiche di Ovidio, e la Regia Parnassi. Tutto questo bagagliume si chiude in un sacchettino increspato in sull'orlo, che si appicca loro ad una spalla, e con la paterna benedizione mandansi in branchi alle scuole chi qua, chi là co' loro mantelletti lunghi fino alle calcagna, acciocchè ne' primi anni riescano que' letterati che possono. Quando sono giunti a tale che sappiano proferire speditamente i nomi di spondei, trochei, dattili e asclepiadei, che per non essere punto intesi dalla famiglia, sembrano la cima e il fiore della più perfetta dottrina, eccogli a tempo e a proposito di scegliere quell'arte che vogliono. Allora il figliuolo del calzolajo si prende per sé la facitura degli oriuoli, quello del vasellajo l'arte del tingere, quello del tintore fa il pellicciajo, e in tal modo i mestieri variano di persona, e vanno alle mani di chi a quelli è più inclinato. Io non dico che il presente secolo fosse abile a fare piramidi e obelischi; le quali cose in fine non hanno altro pregio, fuor quello dell'esser durevoli, e di far fede a' tempi venturi che una nazione è stata, e di rimanere spettacolo a' curiosi: ma qual età sarà mai stata più capace d'inventare e assottigliare alcune arti, che certamente non furono negli antichi tempi conosciute? Noi abbiamo una varietà di tabacchiere, di astucci, di nastri, di pettiniere e di cuffie, le quali non cessano mai, e mostrano che ancora verranno assottigliate; secondo che le arti passeranno di mano in mano. Tante generazioni di fibbie donde procedono? Tante imitazioni di fiori da che nascono? Oltre che un uomo potendo esercitare qual arte vuole, può anche fare l'innesto di due arti insieme, come si è veduto pochi anni fa, che innestando l'arie del fabbro con quella del parrucchiere, ne uscirono parrucche di fil di ferro; e mi vien detto che in qualche luogo mescolandovi quella del legnajuolo, si facciano le parrucche di bubole8. Da tutte queste cose si può comprendere che il nostro secolo, checché ne dicano alcuni spasimati amanti dell'antichità è uno dei più ingegnosi, e il meglio illuminato degli altri.
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7 Erod. lib. II, n. 141. 8 Sono quelle strisce della tavola, che il legnajuolo ne leva con la pialla, e che i Toscani chiamano trucioli. |
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