Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Gasparo Gozzi Prose Varie IntraText CT - Lettura del testo |
|
|
Murmur incertum, atrox clamor et repente quies. Diversis animorum motibus pavebant, terrebantque.
Un bisbigliare non inteso, stridere atroce, chetarsi a un tratto. Con movimenti contrarj di animo si mostravano timorosi o tremendi.
È cosa naturale che gli uomini, prima di avere formato le parole, si valessero de' cenni per significare le loro bisogne e le volontà. I fanciulli, prima che sappiano balbettare e mozzare fra' denti qualche parola si vagliono del sussidio di certi attucci ch'esprimono le voglie loro; e ci sono mutoli fra noi, i quali hanno per necessità ridotta questa facoltà a tanta squisitezza, che raccontano e fanno intendere altrui una storia. L'arte imitatrice della natura non lasciò cadere inutile tal qualità dell'uomo; anzi con lungo esame e con sottili perscrutazioni tanti principj trasse da' movimenti del capo, delle braccia, delle gambe e de' piedi, che ne compose un piacevolissimo Dizionario da esprimere l'amore, la collera, l'allegrezza, l'odio, la gelosia, l'invidia, e molte altre passioni umane, e intitolò il suo Dizionario La Danza. Tutti que' movimenti, così grati agli occhi e al cuore degli spettatori, non sono altro che cenni e movimenti sottoposti ad alcune regole che gli legano a certe classi e gradi; e hanno i loro capitoli e le loro proprie divisioni, come la Rettorica di Aristotile, o quella di Quintiliano. Comechè però l'arte del ridurre i cenni significativi sembri pervenuta al colmo della perfezione, parmi che non tutte le sue parti sieno state studiate con diligenza, e che non poco le si potrebbe aggiungere ancora dagl'intelletti speculativi. Ci sono alcuni cenni o segni i quali non sono nè affatto parole, nè affatto cenni. Parole no, perchè non vi entra l'articolazione della lingua; nè cenni del tutto, perchè sono ajutati dalla voce, o da quell'aria che forma la voce. Fra questi sono la tossa, il soffiarsi il naso o sputare con forza, gli stranuti ed il fischiare, a' quali mancano le grammatiche, le rettoriche ed i maestri. Io non mi tengo da tanto, nè sono uomo tale che intenda di fare un'arte per assoggettarvi queste sei specie di semicenni; ma dico solamente che, se alcuno volesse prendersi la briga di meditarvi sopra, son certo che ne riuscirebbe con sua riputazione, e con benefizio del ceto umano; o almeno potrebbe vantarsi di essersi adoperato in cosa nuova, e in un argomento non più caduto in intelletto d'uomo; cosa d'importanza in un tempo in cui sono state prese quasi tutte le materie, e fu trattata ognuna da tanti. Essendo però io stato quel primo a cui è caduto in animo di porre sotto alcune regole quest'arte, parmi di necessità il dire in qual forma mi nascesse di ciò il pensiero. Questo fu per caso, come appunto avviene di quasi tutti i segreti e arti nuove, le quali hanno l'origine loro da leggierissimi principj e semplici. Io mi trovava pochi dì fa in una chiesa per udire un dottissimo Padre, il quale dovea fra poco con la sua nobilissima eloquenza spiegare la divina parola. E già poco tempo dovea egli stare ad apparire in sul pergamo, quando vidi entrare nella medesima chiesa, in cui già erano molti uomini ragunati, una femmina che, a quanto prediceva il suo portamento e l'aria, avea un certo che dell'intelligente e di capacità. La non avea come tutte le altre una certa studiata attillatura, ma più presto parea vestita a caso, che con diligenza. Teneva gli occhi alti, camminava a lunghi passi, guardava tutte le genti in faccia come soggette a sè; in somma le si leggeva nel viso il suo parere, cioè ch'ella era venuta quivi a dar giudizio dell'orazione. Si rivolsero verso di lei le occhiate di tutta quell'adunanza, e non so se ella vi fosse conosciuta o no; ma ciascheduno s'affrettava per allargarsi sollecitamente, e lasciarnela passar a sedere a suo agio; accrescendo in tutti la civiltà e il buon garbo, il veder un bel viso e due bracciotte bianche come la neve. Quand'essa fu giunta dove le parve, diede di mano ad uno scanno, e senza punto curarsi di averne fatti cadere in terra due o tre che ne avea d'intorno, con altissimo romore si piegò, e sedette in faccia al luogo dell'oratore: dove tratto fuori delle tasche un bel moccichino di seta, in una maniccia di candidissimi ermellini, che avea, lo ripose. Parve che quest'atto, veduto da' circostanti, risvegliasse tutta l'udienza, perchè tutti, quasi ad un segnale dato per ordine di capitano, si posero le mani alle tasche, credo per accertarsi se anch'essi aveano moccichino da valersene a tempo. Intanto salì l'oratore in sul pergamo, e con tutte le squisitezze dell'arte oratoria, non punto dimenticatosi però della gravità di suo uffizio, disse lo esordio, e lo proferì con sì bella voce e con sì misurati movimenti, che tacitamente in mio cuore io gli dava il pregio d'ottimo dicitore, e provveduto di quelle qualità che ad un maestro altrui appartengono. Ma non sì tosto egli fu giunto al fine del suo proemizzare, che la buona femmina, tratto fuori il moccichino degli ermellini suoi, lo si pose al naso, e vi suonò dentro la tromba; e nel medesimo tempo vidi da dugento e più mani in circa col moccichino al viso accordarsi col primo strumento, per modo che la casa d'orazione fece un solenne rimbombo universale. M'avvidi allora che in tal guisa gli uditori, non potendo battere le mani, nè alzare la voce, adoperavano il naso; e comechè la mi paresse cosa non convenevole a quel luogo, e forse rincrescevole all'umiltà e bontà del sagro dicitore, pure quasi mi vergognai di essere rimaso fra tutti gli altri col naso scoperto, e proposi da me di rimediarvi al primo bel passo che avessi udito. Intrinsecavasi frattanto lo sperto dicitore nella materia, e con tanta forza e sì appassionatamente la coloriva, ch'io credea fra poco di vedere l'udienza a singhiozzare ed a piangere. Con tutto ciò, vedendo che ognuno avea gli occhi asciutti, e solamente spalancati e fisi per l'attenzione, mi ricordai del moccichino, e giudicai fra me che fra poco sarebbe venuto il punto dell'adoperarlo. Ma m'ingannai; perchè, arrestatosi alquanto il dicitore per riavere il fiato, e pensando io che quello fosse il momento di soffiarsi il naso, lo strinsi nel fazzoletto, e fui solo; perchè la donna incominciò a tossire e sputò, e la tossa e lo sputare andò in un attimo circuendo fra tutti i circostanti; per modo che se il romore universale di tossa e sputo non avesse affogato il mio, correva risico di movere a riso col mio tuono particolare e diverso dagli altri. Vedendo io dunque che non era atto ad intendere quando si dovea usare il moccichino e quando la tossa, proposi in cuor mio di commendare il dicitore fra me, e di riconoscere le verità ch'egli diceva nella sua orazione, senza farne cenno aperto ad alcuno, o curarmi di essere tenuto per un idiota e incapace d'intendere le molte bontà e il figurato parlare dell'oratore. Terminato il suo giudizioso ragionare, me ne uscii di là mezzo assordato; e a poco a poco riavutomi, cominciai a considerare che, da quanto udito avea, si poteano gittare i nuovi fondamenti dell'arte che accennai di sopra, e ridurre i semicenni della tossa, dello sputare, e indi anche dello starnuto e di altri, ad una norma utile e dilettevole; assegnandole però altri luoghi da esercitarla comunemente, fuorchè quello in cui mi venne questo pensiero la prima volta.
|
Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License |