Oggi è venuta a trovarmi la mia
amica Stefania. S'è dimostrata molto espansiva con me, benchè sembrasse più
nervosa del solito. Il nostro dialogo s'è aggirato dapprima sull'ultimo ballo
di corte; poi il discorso è caduto su Pietro Mercovich. Allora essa ha
cominciato a sospirare, guardandomi con certi occhi stralunati, che m'han fatta
ridere, ed ha avvicinata la bocca al mio orecchio per susurrarmi delle cose
terribili sul conto del mio fidanzato. Mi ha fatto intendere che Pietro
Mercovich è un pazzo, al quale sarebbe imperdonabile imprudenza affidare la
propria vita, e m'ha riferite l'una dopo l'altra tutte le voci che corrono sul
mio diletto, rafforzandole con aneddoti e con le opinioni delle persone più
autorevoli a Corte. Le ho chiuse le labbra con un bacio e con una frase:
— Se Pietro Mercovich fosse
pericoloso, come dici, nostro padre lo Czar non lo terrebbe nel suo consiglio
segreto e non gli affiderebbe le imprese più delicate.
Stefania ha scossa la testolina,
facendo svolazzare i riccioli intorno alla fronte, poi ha atteggiato il viso
alla solita smorfietta, gemendo:
— Ha troppo cervello! Dev'essere
un cattivo marito!
— No, no, le ho risposto; è
tanto buono, invece, e mi ama molto.
La mia amica m'ha guardata con
commiserazione, poi ha parlato d'altro.
È possibile che il mondo
s'inganni tanto sul mio fidanzato? Lo so anch'io ch'egli è bizzarro di gusti e
indipendente di costumi. Anche mio padre m'ha avvertita, soggiungendo però che
tutte le persone superiori sono così. Che devo temere da lui? Di questo solo ho
paura, che non m'ami quanto vorrei. Vorrei essere adorata da lui, ma comprendo
che sono troppo piccina e troppo poco intelligente per occupare molta parte dei
suoi pensieri. Tuttavia non posso lamentarmi del suo amore. Ma s'egli sapesse
qual'è il mio! Forse si spaventerebbe a sua volta, e per davvero! Spesso mi
pare che morrei volentieri per lui. Vorrei fare qualche cosa, che m'innalzasse
ai suoi occhi; ma non trovo nulla. Ho capito ch'egli preferisce discorrere di
cose serie e non leggo più romanzi, sebbene il sacrificio mi costi assai.
Adesso, divoro una biblioteca di libri storici e imparo a memoria le date. Chi
sa? Potrei servirgli da segretario. E in tal caso mi sarebbe necessario
conoscer bene la storia! Del resto il mio Pietro è istruitissimo e non ha
bisogno di me. È un diplomatico di prima forza! Anche nostro padre lo Czar
parla di lui con molta stima e gli confida le faccende più segrete. È tanto
intelligente e riservato; è fin troppo serio! A volte mi fa pena vederlo con
quel viso pallido e chiuso, con gli occhi spersi nello spazio e le labbra
strette l'una all'altra. Non l'ho mai sentito ridere; e l'ho visto sorridere in
due soli momenti. La prima volta, quando ci siamo conosciuti. Parlavamo
insieme; ad un tratto, ho pronunciata una frase, che gli dev'essere sembrata
ben sciocca, perchè l'ha indotto al sorriso. I suoi lineamenti si sono rischiarati
per la seconda volta allorchè gli ho confessato che l'amavo tanto. Quel giorno
m'ha baciata forte forte e poi m'ha alzata da terra come una bambola.
Oh! la gente è molta cattiva!
L'invidia la costringe a sparlare, a scavare il terreno sotto i piedi dei più
forti. Anche Stefania è invidiosa, perchè lo vorrebbe per sè. Si dice persino
che abbiano «flirtato» un poco insieme, due anni or sono! Ma io li lascio
discorrere tutti: sono così contenta che m'ami!
*
* *
Da due giorni sono
inquieta, perchè non vedo il mio Pietro. Ho mandato un servo a chiedere notizie
a casa sua; ma gli hanno risposto che il padrone era partito senza lasciare
ordini nè indirizzo. Mio padre afferma che si tratta di qualche missione
segreta, com'è solito sbrigarne il mio fidanzato; ma ciò non toglie che la mia
posizione sia brutta, tanto più che non posso aver sue nuove da nessuno.
Soltanto nostro padre lo Czar potrebbe darmene.
Oggi ho conosciuto un signore molto
antipatico. Mi trovavo con papà in una sala dell'esposizione di pittura:
stavamo seduti sopra un divano e mio padre parlava ad alta voce di un quadro,
lodandolo. Ma non ricordava chi l'avesse dipinto. Un signore, che gli sedeva
vicino, gli suggerì gentilmente quel nome, poi cominciò per conto suo a
magnificare il lavoro. In pochi momenti mio padre avviò con lo sconosciuto una
conversazione animata: era tanto contento di poter discutere d'arte! Anche lui
ha dipinto in gioventù e s'intende molto di quella materia. Io guardavo
l'intruso e non potevo vincere un senso di disgusto. Perchè? Era un uomo alla
buona, dal viso aperto e colorito, dagli occhi scintillanti. La sua bocca ogni
tanto lasciava sfuggire le più pazze risate. Vestiva con una certa negligenza
una specie di camiciotto da operaio, ma coi risvolti di seta. Diede il suo
biglietto di visita a mio padre, che glielo contraccambiò. Si chiamava Leone
Varinski, pittore: era polacco d'origine. Si trovava a Pietroburgo da poco
tempo. Mio padre mi presentò; ma dovetti far forza a me stessa per stendergli
la mano, poichè tutto in lui m'ispirava avversione. Era troppo allegro, troppo
spensierato; si mostrava anche grossolano. Mio padre, invece, pareva
contentissimo della nuova conoscenza: gli propose perfino di parlare di lui a
qualche persona influente per fargli accettare i quadri all'esposizione.
L'altro ringraziò con grandi gesti spavaldi e disse che aveva già diversi
amici, fra i quali Pietro Mercovich, addetto al Consiglio segreto di nostro
padre lo Czar. Quando seppe che si trattava del mio fidanzato, mi guardò
ridendo; poi esclamò:
— Cara, cara signorina! Il suo
fidanzato è una perla, proprio un bravo ragazzo. E poi, è tanto infelice!
Soffre tanto! Ella ne avrà compassione, non è vero?
Volevo ribellarmi a quelle
parole, che trovavo sconvenienti e brutali: ma non mi sentii il coraggio di
discutere con un uomo così sciocco ed allegro. Avrei dovuto subire più a lungo
la sua presenza e sopportare qualche altra di quelle risate, che mi scuotevano
i nervi.
Nel tornare a casa mio padre mi
chiese:
— Che ne dici della nuova
conoscenza? È un giocondo compagno e s'intende d'arte a perfezione.
Io piegai il capo senza
rispondere. Mio padre continuò:
— Non ti sembra che somigli a
Pietro?
Oh, questo poi no, no, in nessun
modo; e glielo dissi. Mio padre mi lasciò parlare; infine si strinse nelle
spalle, mormorando
— Mi sarò ingannato!
*
* *
Ho ricevuto il mio
fidanzato con un po' di broncio e gli ho chiesto subito che cosa avesse fatto
durante la sua assenza. M'ha guardata con occhi trasognati, poi ha dichiarato
con faccia tosta:
— Non lo so, carina!
Cattivo! Cattivo! vuol mantenere
il segreto anche con me; non si fida della sua piccola Anna, che gli vuol tanto
bene! Ma si tratterà di cose gravi, di faccende di Stato e nostro padre lo Czar
gli avrà imposto il più assoluto silenzio. Gli ho perdonato subito, tanto più
che lo trovavo più triste e più pallido del consueto. Deve stancarsi molto in
quelle sue missioni. E poi, lo studio eccessivo gli fa male. L'ho rimproverato
dolcemente di non curarsi abbastanza della salute. Ma Pietro Mercovich non ha
voluto promettermi maggior giudizio per l'avvenire. È molto orgoglioso e vuole
innalzarsi su tutti; fra poco diventerà ministro, probabilmente. Me l'ha detto
lui stesso, serio serio: ma le sue mani stringevano le mie con forza e i suoi
occhi cercavano nello spazio qualche cosa, che soltanto lui sa vedere. Com'è
bello il mio Pietro quando guarda così, col volto bianco, le labbra serrate.
Glielo confessai ridendo e gli permisi di darmi un bacio fra i capelli, per
ringraziarmi. Gli ho parlato del pittore Leone Varinski; ma non ricorda
d'averlo mai conosciuto. Lo sapevo che si trattava d'un millantatore! Lo dirò a
mio padre e cercherò di smascherare quell'ipocrita. Anche Pietro Mercovich
pensa che mio padre sia troppo pronto ad entusiasmarsi ed a stringer relazione
con gente qualsiasi. Ma non osa dir nulla, per paura d'offenderlo. Tuttavia
m'ha promesso d'informarsi e di tener gli occhi aperti per proprio conto.
Avrei voluto dirgli che qualcuno
tentava di mettermi in guardia contro di lui. Ma si sarebbe inquietato senza
costrutto. Tanto, lo sa anche lui che la sua piccola Anna non crede alle parole
degli invidiosi, perchè lo ama con tutta l'anima! Com'è bello essere attaccati
ad una persona, come sono io a Pietro Mercovich! Non si vive più per sè stessi,
ma per l'amato. A volte m'illudo di non pensare più se non col cervello di lui,
di trasfondermi nella sua anima a formare un essere solo. Pietro è molto serio,
ma sa provare la passione. Quando si trova al mio fianco, parla poco; ma mi
accarezza con lo sguardo, con le mani, qualche volta anche con le labbra. Mi
par quasi d'essere sua figlia; e mi sfogo con lui, perchè la mamma l'ho persa
da tanto tempo e mio padre lo vedo raramente e di sfuggita.
*
* *
Pietro Mercovich m'ha
dichiarato che si sarebbe chiuso nel suo studio per prepararsi a un difficile
negoziato. Come sono noiosi questi affari diplomatici! E poi, avrei voluto un consiglio
da lui; perchè mio padre, all'improvviso, m'ha pregata di accompagnarlo nello
studio della sua nuova conoscenza, il pittore Leone Varinski. Ed io non ho
osato rifiutare!
Che cosa bizzarra, quello
studio! Pieno di quadri d'autori, bellissimi a quanto dice mio padre. Ma io non
li ho trovati tanto degni d'ammirazione: c'erano dipinti sopra soltanto degli
scheletri, dei teschi e degli spettri! In mezzo alla stanza, sovra un
cavalletto, era distesa una tela, appena incominciata, sulla quale si distinguevano
delle macchie nere e dei pezzi di gambe. Non esisteva altro, lì dentro, del
pittore Varinski. Ma pare che i suoi lavori li aspetti di giorno in giorno da
Varsavia, ove li ha lasciati. Leone Varinski s'è mostrato abbastanza gentile
con noi ed ha offerti dei rinfreschi, ch'io ho appena assaggiati. Vestiva ancor
peggio dell'altro giorno portava una specie di tunica lunga fino ai piedi e un
po' sporca. Ma mio padre non ha badato a questo ed ha cominciato a discorrere
come se si fosse trattato di una vecchia conoscenza. Frattanto io sorvegliavo
di sfuggita quell'uomo e sentivo crescere in me l'antipatia e il disgusto per
la sua faccia pletorica, quell'esuberanza volgare di vita e quell'eterna
risata. E che modo stupido di portare i baffi! Parevano due spazzolini, sotto
le narici, uno per parte! Pietro Mercovich, serio e dignitoso com'è, non si
permetterebbe di tenerli con quella piega insolente. Ho dovuto riconoscere che
c'è una vaga rassomiglianza fra il mio fidanzato ed il pittore; ma solo nel
mento e nel naso.
A un certo punto ho detto chiaro
sul muso a Leone Varinski:
— Sa? Pietro Mercovich non
ricorda d'averlo mai conosciuto!
S'è messo a ridere, facendomi
provare una gran rabbia; poi ha gridato:
— Ah, quel Pietro
Mercovich! Sempre distratto! È tanto occupato, poverino, da meritare
compassione! È carico di faccende!
E ha cominciato a girarmi
intorno come un gatto che scherzi con un topo, allargando le narici come per
annusarmi. Ho riso anch'io, allora! E lui m'ha guardata ed ha detto:
— Com'è fortunato Pietro
Mercovich! Lo merita, perchè è un bravo ragazzo! Ma non importa! Com'è
fortunato!
Insolente! Avrei voluto
rispondergli come meritava; ma mio padre ha sviato il discorso. Quando ci siamo
congedati, il pittore mi ha stretta forte la mano, esclamando:
— Cara signorina, mi permetta di
venirla a trovare!
Stavo per dirgli di no,
risolutamente; ma mio padre m'ha data un'occhiataccia ed ha risposto:
— Ci farà molto, molto
piacere!
*
* *
Sono scontenta di me. La mia
amica Stefania m'ha prestato un volume di scienza, che tratta delle malattie
nervose e mentali ed io l'ho letto da un capo all'altro. Quante brutte cose
succedono in questo mondo! E quanti disgraziati ci sono! Stefania sperava che
m'intimorissi per Pietro Mercovich. Ma s'è ingannata! Oh, è ben lontano il mio
fidanzato dal rassomigliare a quegli infelici! Dopo tutto, che ha d'anormale?
Con me è sempre stato buono e docile. Mi hanno detto che ha commessa qualche
stranezza in società; ma devono aver male interpretate le sue azioni. È tanto
superiore agli altri! E poi, nel nostro mondo esistono molte convenzioni, alle
quali si sottopongono i mediocri e che, infrante dagli intelligenti, come il
mio Pietro, fanno gridar loro la croce addosso. Da questo lato sono tranquilla.
Non sarà, certo, Pietro Mercovich che andrà soggetto ad allucinazioni e che si
lascierà guidare dai capricci della fantasia! E un uomo troppo energico e
serio! Ho letto che ci sono degli esseri, che hanno due vite: una vera ed una
fittizia. È possibile? O piuttosto si tratta di un abbaglio degli scienziati o
d'una mistificazione di qualche furbo? No, no, un uomo non potrà mai cambiare
anima e aspetto, come muta abiti! Certo, esistono delle persone volubili,
irrequiete, per le quali il domani non somiglierà all'oggi. Ma cambiar natura, diventare
un altro, vivere una nuova esistenza per qualche tempo, dimenticando
completamente l'antica! È impossibile! Nel libro è anche scritto che si può
esser soggetti periodicamente a queste trasformazioni. Una bella commedia: oggi
esser Tizio e domani Caio! Ne ho parlato a Pietro Mercovich, ridendo. Anche lui
ha sorriso, per la terza volta da quando lo conosco.
— È possibile, m'ha detto; ma
son casi rarissimi!
Poi m'ha chiesto notizie del
pittore. Non è riuscito a sapere nulla di preciso su di lui, ma ha incaricato
qualcuno di sorvegliarlo. Quando ha saputo della visita, ha fatto un viso
scuro; ma s'è rasserenato subito dinanzi al mio scoppio di collera. Credo
d'essermi arrabbiata davvero, un pochino anche contro mio padre, al ricordo di
quell'avventura. Ho sfogato un po' del mio odio contro quell'uomo, che
pretendeva di famigliarizzarsi con me, ed ho promesso al mio fidanzato di
metterlo a posto alla prima occasione, anche se dovessi recar dolore a mio
padre, che se n'è incapricciato.
— Pietro Mercovich!, ho detto;
papà pretende che il pittore ti somigli nel viso. È vero che avete il naso ed
il mento uguali; ma quanto siete diversi nel resto! Leone Varinski ride e parla
sempre con una voce grossa da can barbone...
Il mio fidanzato ha scossa la
testa, e m'ha lasciata. A poco a poco mi son calmata ed ho finito per non
pensare più al pittore. Oh! Leone Varinski può star tranquillo: prima o dopo
riuscirò a fargli capire quanto lo trovi noioso ed insopportabile. Per ora non
ho tempo di pensare a lui, devo badare a Pietro Mercovich, al mio unico
benamato.
*
* *
Ho gettato sul fuoco il libro di
Stefania. Adesso, sono più tranquilla. Esistono al mondo delle persone ben
cattive, che cercano di turbare la felicità degli altri! Ma io non serbo loro rancore;
sono troppo felice per farlo! Pietro Mercovich viene ogni giorno a trovarmi e
mi porta fiori e confetti. Ora, sorride più di frequente. Vorrei provarmi a
renderlo allegro; ma credo che avrei paura di una sua risata. Spesso usciamo
insieme a far compre; egli mi segue docilmente per tutti i negozi e s'incarica
di portarmi qualche piccolo involto. Anche lui pare felicissimo e credo cominci
ad amarmi come desidero, con tutta l'anima, senza pospormi alla diplomazia. Non
ho più avuto notizie del pittore; neanche mio padre l'ha più visto: e ciò lo
secca, mentre a me fa tanto piacere! So fosse tornato a Varsavia! È strano
ch'io debba pensare a lui anche per odiarlo. Spesso mi sorprendo a ricordarne
il volto rubicondo ed i baffi a spazzola. Soltanto il mio fidanzato può farmelo
completamente dimenticare. Fra un mese ci sposeremo; poi, ci metteremo subito
in viaggio. Ho già detto a Pietro Mercovich che desidero andare in Italia,
specialmente a Napoli. Si deve star così bene in quella città! Quanti l'han
visitata ne son rimasti entusiasmati.
Stefania è venuta a pregarmi di
accettarla come damigella d'onore. Le ho detto con un po' di sussiego che ci
avrei pensato. Vorrei rifiutarla; ma non ho nessuna amica più intima: ci
conosciamo fin dall'infanzia! Inoltre, mi soddisfa l'idea di farla assistere al
mio trionfo: perchè, bisogna confessarlo, Pietro Mercovich è stato lì lì per
darle la preferenza. Per fortuna, sono giunta ancora in tempo: ed ora nessuna
forza umana potrebbe disgiungerci l'uno dall'altro.
*
* *
Tutto è finito! È avvenuta una
cosa orribile, mostruosa, che ha portato lo sconvolgimento nel mio cervello ed
ha distrutta ogni mia speranza di gioia. Oh, se almeno con la felicità si fosse
involato anche il ricordo! Ho la testa infuocata, i nervi tesi dallo spasimo,
gli occhi appesantiti e torbidi per le lagrime, ch'hanno versate. Se mio padre
sapesse ciò ch'è accaduto! Se gli uomini potessero supporlo! Ma chi riuscirebbe
ad immaginare una verità così spaventosa, un'angoscia così profonda? Leone
Varinski! Pietro Mercovich! Come dimenticare! Che cosa ho commesso di male per
soffrir tanto?
Poche ore or sono il pittore è
venuto in casa nostra. In assenza di mio padre ho dovuto riceverlo io stessa.
Si è presentato col suo sorriso antipatico e m'ha stretta la mano con calore;
poi s'è seduto al mio fianco. La sua voce grossa produceva un'irritazione in
tutti i miei nervi. L'ho lasciato discorrere finchè ha voluto, tenendo gli
occhi bassi per non vedere il suo volto pletorico e lo sguardo sfacciato. Leone
Varinski s'è sorpreso del mio silenzio e l'ha interpretato, certo, come un
segno di timidezza, poichè ha subito preso un atteggiamento spavaldo ed ha
cominciato a bersagliarmi di complimenti. Ho voluto interromperlo; ma egli m'ha
presa a forza una mano fra le sue e m'ha dichiarato tranquillamente che m'amava
e che sarebbe stato felice di dividere l'esistenza con me.
— Tronchi ogni legame con quel
povero Pietro Mercovich, m'ha detto; è un bravo ragazzo, ma indegno di lei. Per
lei occorre un uomo allegro ed amabile, che non annoi e col quale si possa
discorrere senza tema d'offenderne la dignità. Vivere al fianco di Pietro
Mercovich sarebbe come accudire una mummia. Bisogna lasciare gli infelici ed i
melanconici a sè stessi; ci son già tante miserie per ciascuno di noi! Perchè
addossarci quelle degli altri?
A queste parole non potei più
resistere. Mi alzai dritta dinanzi a lui, che mi guardava ridendo, e cominciai
a dichiarargli risolutamente ciò, che pensavo sul suo conto. Egli rimaneva ad
ascoltarmi, calmo in apparenza, accarezzandosi i baffi con una mano. Allora mi
sono esaltata ed ho biasimato la sua condotta con le parole più roventi, che
potei trovare in quel momento.
— Lei si dichiara amico di
Pietro Mercovich, gli ho gridato in faccia; e non si vergogna di venir qui a
confessarmi il suo amore? Chi è lei? Con qual diritto s'immischia nella mia
esistenza? Perchè pretende d'amarmi e perchè ha l'audacia di dirmelo?
— Ebbene?, m'ha interrotta Leone
Varinski; che significano queste frasi da bambina? Io l'amo! Questo è il fatto!
Non si comanda alla passione! Può farmi scacciare dai suoi servi. E poi? Che
cosa avrà ottenuto, se non uno scandalo? Non credo che lei possa trovar la
felicità con Pietro Mercovich. Gliel'ho detto con franchezza. Che male c'è?
Tanto varrebbe farsi infermiera o suora di carità! Non pretendo che lo
dimentichi subito. Aspetterò! Ma prima o dopo dovrà riconoscere i suoi torti
verso di me e ripararli!
— Mai, mai!, ho risposto subito.
Adoro Pietro Mercovich tanto, quanto sento d'odiare lei!
Mi ha guardata spalancando gli
occhi, nei quali ho creduto di scorgere un po' di turbamento. La sua bocca s'è
contratta senza lasciar uscire alcun suono.
— Piuttosto morire, ho
continuato a gridargli; piuttosto morire che lasciare Pietro Mercovich! Egli ha
il mio amore e la mia anima! Lei, invece, mi tortura con la sua sola presenza.
Tutto m'è caro in Pietro Mercovich; in lei, al contrario, tutto m'è spiacevole,
mi causa disgusto: la risata, lo sguardo, il suono della voce! L'odio, l'odio,
capisce? Ed ora spero che mi lascierà tranquilla per sempre!
Egli s'è alzato smaniando:
— Ah! È così! È così!
Il suo volto è diventato bianco
come neve, le labbra gli si son strette l'una contro l'altra, gli occhi hanno
persa l'espressione insolente e son divenuti tristi da far pietà. Tuttavia ho
voluto lanciargli un ultimo sguardo di trionfo. Ma mi son sentita impallidire
il viso a mia volta e le membra tremare di spasimo. Leone Varinski era
scomparso! Dinanzi a me si teneva, con lo sguardo incerto e malinconico, Pietro
Mercovich! Era lui, proprio lui! Non era possibile il dubbio! Era il suo viso
serio, la sua aria dolce e triste! Soltanto i baffi rimanevano ancora piegati
in su e rigidi. Quale trasformazione era avvenuta? Per quale spaventosa
fatalità Leone Varinski aveva preso l'aspetto del mio fidanzato?
Sentii in quell'istante la voce
di Pietro Mercovich chiedere ansiosamente
— Anna, mia diletta; come mi
trovo qui?
— Pietro Mercovich, gridai; sei
proprio tu?
Egli parve meravigliato della
mia domanda; mi guardò con occhi trasognati, poi chiese di nuovo:
— Come mi trovo qui, Anna?
— Oh, Pietro Mercovich!, urlai.
È finita, è finita per noi!
Mi si avvicinò e mi prese le
mani; poi chinò il viso sul mio a baciarmi, Sentii la, impressione di quei
baffi ispidi sulla mia pelle e diedi un piccolo grido di ribrezzo.
— Che hai, Anna? Cos'è
accaduto?; m'interrogò ritraendosi un poco.
Dunque egli stesso ignorava!
Dunque il ricordo della sua stessa esistenza sotto le spoglie di Leone Varinski
era svanito dal suo cervello, senza lasciare nessuna traccia? Esitai un istante
prima di spezzare inesorabilmente il suo cuore. Ma non potevo, non dovevo
tacere! Mi feci forza, e gli raccontai tutto quello che avevo visto, tutto lo
spasimo che avevo provato. Dapprima m'ascoltò meravigliato, senza comprendermi;
poi, a poco a poco, la spaventosa verità si fece strada nel suo cervello.
— Guardati nello specchio,
Pietro Mercovich, se non mi credi; gli dissi.
Si affrettò ad ubbidirmi: vide i
baffi, ancora volti all'insù, scorse l'abito bizzarro d'artista, che indossava,
e si appoggiò ad una parete singhiozzando. Oh, non potevo, non potevo più
amarlo, poichè provavo per lui paura e ribrezzo! Avrei dovuto tremare ad ogni
istante, temendo di vederlo trasformarsi sotto i miei occhi nell'odioso Leone
Varinski! Il suo orribile doppio si sarebbe imposto come un incubo alla mia
esistenza e mi avrebbe torturata continuamente con la sua presenza invisibile!
No, no; qualunque cosa, piuttosto!
Pietro Mercovich è rimasto un po'
appoggiato al muro, piangendo. Avrei voluto avvicinarmi a lui, consolarlo. Ma
il terrore mi aveva paralizzata, agghiacciandomi il sangue nelle vene. Come
attraverso una nube vidi Pietro Mercovich avvicinarsi lentamente alla porta,
camminando come un sonnambulo, sostare un attimo sulla soglia, a guardarmi, il
viso sconvolto dalla disperazione, poi sollevare la tenda ed uscire.
*
* *
Finirla del tutto! Come mi
sorride questo pensiero! Prima che qualcuno s'accorga di quanto è avvenuto,
prima che mio padre torni a casa, portare con me il segreto mostruoso,
sparire... sparire... per sempre...
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