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Pierangelo Baratono
Ombre di Lanterna

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  • L'uomo doppio
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L'uomo doppio

 

Oggi è venuta a trovarmi la mia amica Stefania. S'è dimostrata molto espansiva con me, benchè sembrasse più nervosa del solito. Il nostro dialogo s'è aggirato dapprima sull'ultimo ballo di corte; poi il discorso è caduto su Pietro Mercovich. Allora essa ha cominciato a sospirare, guardandomi con certi occhi stralunati, che m'han fatta ridere, ed ha avvicinata la bocca al mio orecchio per susurrarmi delle cose terribili sul conto del mio fidanzato. Mi ha fatto intendere che Pietro Mercovich è un pazzo, al quale sarebbe imperdonabile imprudenza affidare la propria vita, e m'ha riferite l'una dopo l'altra tutte le voci che corrono sul mio diletto, rafforzandole con aneddoti e con le opinioni delle persone più autorevoli a Corte. Le ho chiuse le labbra con un bacio e con una frase:

— Se Pietro Mercovich fosse pericoloso, come dici, nostro padre lo Czar non lo terrebbe nel suo consiglio segreto e non gli affiderebbe le imprese più delicate.

Stefania ha scossa la testolina, facendo svolazzare i riccioli intorno alla fronte, poi ha atteggiato il viso alla solita smorfietta, gemendo:

— Ha troppo cervello! Dev'essere un cattivo marito!

— No, no, le ho risposto; è tanto buono, invece, e mi ama molto.

La mia amica m'ha guardata con commiserazione, poi ha parlato d'altro.

È possibile che il mondo s'inganni tanto sul mio fidanzato? Lo so anch'io ch'egli è bizzarro di gusti e indipendente di costumi. Anche mio padre m'ha avvertita, soggiungendo però che tutte le persone superiori sono così. Che devo temere da lui? Di questo solo ho paura, che non m'ami quanto vorrei. Vorrei essere adorata da lui, ma comprendo che sono troppo piccina e troppo poco intelligente per occupare molta parte dei suoi pensieri. Tuttavia non posso lamentarmi del suo amore. Ma s'egli sapesse qual'è il mio! Forse si spaventerebbe a sua volta, e per davvero! Spesso mi pare che morrei volentieri per lui. Vorrei fare qualche cosa, che m'innalzasse ai suoi occhi; ma non trovo nulla. Ho capito ch'egli preferisce discorrere di cose serie e non leggo più romanzi, sebbene il sacrificio mi costi assai. Adesso, divoro una biblioteca di libri storici e imparo a memoria le date. Chi sa? Potrei servirgli da segretario. E in tal caso mi sarebbe necessario conoscer bene la storia! Del resto il mio Pietro è istruitissimo e non ha bisogno di me. È un diplomatico di prima forza! Anche nostro padre lo Czar parla di lui con molta stima e gli confida le faccende più segrete. È tanto intelligente e riservato; è fin troppo serio! A volte mi fa pena vederlo con quel viso pallido e chiuso, con gli occhi spersi nello spazio e le labbra strette l'una all'altra. Non l'ho mai sentito ridere; e l'ho visto sorridere in due soli momenti. La prima volta, quando ci siamo conosciuti. Parlavamo insieme; ad un tratto, ho pronunciata una frase, che gli dev'essere sembrata ben sciocca, perchè l'ha indotto al sorriso. I suoi lineamenti si sono rischiarati per la seconda volta allorchè gli ho confessato che l'amavo tanto. Quel giorno m'ha baciata forte forte e poi m'ha alzata da terra come una bambola.

Oh! la gente è molta cattiva! L'invidia la costringe a sparlare, a scavare il terreno sotto i piedi dei più forti. Anche Stefania è invidiosa, perchè lo vorrebbe per . Si dice persino che abbiano «flirtato» un poco insieme, due anni or sono! Ma io li lascio discorrere tutti: sono così contenta che m'ami!

 

*

*   *

 

Da due giorni sono inquieta, perchè non vedo il mio Pietro. Ho mandato un servo a chiedere notizie a casa sua; ma gli hanno risposto che il padrone era partito senza lasciare ordini indirizzo. Mio padre afferma che si tratta di qualche missione segreta, com'è solito sbrigarne il mio fidanzato; ma ciò non toglie che la mia posizione sia brutta, tanto più che non posso aver sue nuove da nessuno. Soltanto nostro padre lo Czar potrebbe darmene.

Oggi ho conosciuto un signore molto antipatico. Mi trovavo con papà in una sala dell'esposizione di pittura: stavamo seduti sopra un divano e mio padre parlava ad alta voce di un quadro, lodandolo. Ma non ricordava chi l'avesse dipinto. Un signore, che gli sedeva vicino, gli suggerì gentilmente quel nome, poi cominciò per conto suo a magnificare il lavoro. In pochi momenti mio padre avviò con lo sconosciuto una conversazione animata: era tanto contento di poter discutere d'arte! Anche lui ha dipinto in gioventù e s'intende molto di quella materia. Io guardavo l'intruso e non potevo vincere un senso di disgusto. Perchè? Era un uomo alla buona, dal viso aperto e colorito, dagli occhi scintillanti. La sua bocca ogni tanto lasciava sfuggire le più pazze risate. Vestiva con una certa negligenza una specie di camiciotto da operaio, ma coi risvolti di seta. Diede il suo biglietto di visita a mio padre, che glielo contraccambiò. Si chiamava Leone Varinski, pittore: era polacco d'origine. Si trovava a Pietroburgo da poco tempo. Mio padre mi presentò; ma dovetti far forza a me stessa per stendergli la mano, poichè tutto in lui m'ispirava avversione. Era troppo allegro, troppo spensierato; si mostrava anche grossolano. Mio padre, invece, pareva contentissimo della nuova conoscenza: gli propose perfino di parlare di lui a qualche persona influente per fargli accettare i quadri all'esposizione. L'altro ringraziò con grandi gesti spavaldi e disse che aveva già diversi amici, fra i quali Pietro Mercovich, addetto al Consiglio segreto di nostro padre lo Czar. Quando seppe che si trattava del mio fidanzato, mi guardò ridendo; poi esclamò:

Cara, cara signorina! Il suo fidanzato è una perla, proprio un bravo ragazzo. E poi, è tanto infelice! Soffre tanto! Ella ne avrà compassione, non è vero?

Volevo ribellarmi a quelle parole, che trovavo sconvenienti e brutali: ma non mi sentii il coraggio di discutere con un uomo così sciocco ed allegro. Avrei dovuto subire più a lungo la sua presenza e sopportare qualche altra di quelle risate, che mi scuotevano i nervi.

Nel tornare a casa mio padre mi chiese:

— Che ne dici della nuova conoscenza? È un giocondo compagno e s'intende d'arte a perfezione.

Io piegai il capo senza rispondere. Mio padre continuò:

— Non ti sembra che somigli a Pietro?

Oh, questo poi no, no, in nessun modo; e glielo dissi. Mio padre mi lasciò parlare; infine si strinse nelle spalle, mormorando

— Mi sarò ingannato!

 

*

*   *

 

Ho ricevuto il mio fidanzato con un po' di broncio e gli ho chiesto subito che cosa avesse fatto durante la sua assenza. M'ha guardata con occhi trasognati, poi ha dichiarato con faccia tosta:

— Non lo so, carina!

Cattivo! Cattivo! vuol mantenere il segreto anche con me; non si fida della sua piccola Anna, che gli vuol tanto bene! Ma si tratterà di cose gravi, di faccende di Stato e nostro padre lo Czar gli avrà imposto il più assoluto silenzio. Gli ho perdonato subito, tanto più che lo trovavo più triste e più pallido del consueto. Deve stancarsi molto in quelle sue missioni. E poi, lo studio eccessivo gli fa male. L'ho rimproverato dolcemente di non curarsi abbastanza della salute. Ma Pietro Mercovich non ha voluto promettermi maggior giudizio per l'avvenire. È molto orgoglioso e vuole innalzarsi su tutti; fra poco diventerà ministro, probabilmente. Me l'ha detto lui stesso, serio serio: ma le sue mani stringevano le mie con forza e i suoi occhi cercavano nello spazio qualche cosa, che soltanto lui sa vedere. Com'è bello il mio Pietro quando guarda così, col volto bianco, le labbra serrate. Glielo confessai ridendo e gli permisi di darmi un bacio fra i capelli, per ringraziarmi. Gli ho parlato del pittore Leone Varinski; ma non ricorda d'averlo mai conosciuto. Lo sapevo che si trattava d'un millantatore! Lo dirò a mio padre e cercherò di smascherare quell'ipocrita. Anche Pietro Mercovich pensa che mio padre sia troppo pronto ad entusiasmarsi ed a stringer relazione con gente qualsiasi. Ma non osa dir nulla, per paura d'offenderlo. Tuttavia m'ha promesso d'informarsi e di tener gli occhi aperti per proprio conto.

Avrei voluto dirgli che qualcuno tentava di mettermi in guardia contro di lui. Ma si sarebbe inquietato senza costrutto. Tanto, lo sa anche lui che la sua piccola Anna non crede alle parole degli invidiosi, perchè lo ama con tutta l'anima! Com'è bello essere attaccati ad una persona, come sono io a Pietro Mercovich! Non si vive più per stessi, ma per l'amato. A volte m'illudo di non pensare più se non col cervello di lui, di trasfondermi nella sua anima a formare un essere solo. Pietro è molto serio, ma sa provare la passione. Quando si trova al mio fianco, parla poco; ma mi accarezza con lo sguardo, con le mani, qualche volta anche con le labbra. Mi par quasi d'essere sua figlia; e mi sfogo con lui, perchè la mamma l'ho persa da tanto tempo e mio padre lo vedo raramente e di sfuggita.

 

*

*   *

 

Pietro Mercovich m'ha dichiarato che si sarebbe chiuso nel suo studio per prepararsi a un difficile negoziato. Come sono noiosi questi affari diplomatici! E poi, avrei voluto un consiglio da lui; perchè mio padre, all'improvviso, m'ha pregata di accompagnarlo nello studio della sua nuova conoscenza, il pittore Leone Varinski. Ed io non ho osato rifiutare!

Che cosa bizzarra, quello studio! Pieno di quadri d'autori, bellissimi a quanto dice mio padre. Ma io non li ho trovati tanto degni d'ammirazione: c'erano dipinti sopra soltanto degli scheletri, dei teschi e degli spettri! In mezzo alla stanza, sovra un cavalletto, era distesa una tela, appena incominciata, sulla quale si distinguevano delle macchie nere e dei pezzi di gambe. Non esisteva altro, dentro, del pittore Varinski. Ma pare che i suoi lavori li aspetti di giorno in giorno da Varsavia, ove li ha lasciati. Leone Varinski s'è mostrato abbastanza gentile con noi ed ha offerti dei rinfreschi, ch'io ho appena assaggiati. Vestiva ancor peggio dell'altro giorno portava una specie di tunica lunga fino ai piedi e un po' sporca. Ma mio padre non ha badato a questo ed ha cominciato a discorrere come se si fosse trattato di una vecchia conoscenza. Frattanto io sorvegliavo di sfuggita quell'uomo e sentivo crescere in me l'antipatia e il disgusto per la sua faccia pletorica, quell'esuberanza volgare di vita e quell'eterna risata. E che modo stupido di portare i baffi! Parevano due spazzolini, sotto le narici, uno per parte! Pietro Mercovich, serio e dignitoso com'è, non si permetterebbe di tenerli con quella piega insolente. Ho dovuto riconoscere che c'è una vaga rassomiglianza fra il mio fidanzato ed il pittore; ma solo nel mento e nel naso.

A un certo punto ho detto chiaro sul muso a Leone Varinski:

Sa? Pietro Mercovich non ricorda d'averlo mai conosciuto!

S'è messo a ridere, facendomi provare una gran rabbia; poi ha gridato:

— Ah, quel Pietro Mercovich! Sempre distratto! È tanto occupato, poverino, da meritare compassione! È carico di faccende!

E ha cominciato a girarmi intorno come un gatto che scherzi con un topo, allargando le narici come per annusarmi. Ho riso anch'io, allora! E lui m'ha guardata ed ha detto:

— Com'è fortunato Pietro Mercovich! Lo merita, perchè è un bravo ragazzo! Ma non importa! Com'è fortunato!

Insolente! Avrei voluto rispondergli come meritava; ma mio padre ha sviato il discorso. Quando ci siamo congedati, il pittore mi ha stretta forte la mano, esclamando:

Cara signorina, mi permetta di venirla a trovare!

Stavo per dirgli di no, risolutamente; ma mio padre m'ha data un'occhiataccia ed ha risposto:

— Ci farà molto, molto piacere!

 

*

*   *

 

Sono scontenta di me. La mia amica Stefania m'ha prestato un volume di scienza, che tratta delle malattie nervose e mentali ed io l'ho letto da un capo all'altro. Quante brutte cose succedono in questo mondo! E quanti disgraziati ci sono! Stefania sperava che m'intimorissi per Pietro Mercovich. Ma s'è ingannata! Oh, è ben lontano il mio fidanzato dal rassomigliare a quegli infelici! Dopo tutto, che ha d'anormale? Con me è sempre stato buono e docile. Mi hanno detto che ha commessa qualche stranezza in società; ma devono aver male interpretate le sue azioni. È tanto superiore agli altri! E poi, nel nostro mondo esistono molte convenzioni, alle quali si sottopongono i mediocri e che, infrante dagli intelligenti, come il mio Pietro, fanno gridar loro la croce addosso. Da questo lato sono tranquilla. Non sarà, certo, Pietro Mercovich che andrà soggetto ad allucinazioni e che si lascierà guidare dai capricci della fantasia! E un uomo troppo energico e serio! Ho letto che ci sono degli esseri, che hanno due vite: una vera ed una fittizia. È possibile? O piuttosto si tratta di un abbaglio degli scienziati o d'una mistificazione di qualche furbo? No, no, un uomo non potrà mai cambiare anima e aspetto, come muta abiti! Certo, esistono delle persone volubili, irrequiete, per le quali il domani non somiglierà all'oggi. Ma cambiar natura, diventare un altro, vivere una nuova esistenza per qualche tempo, dimenticando completamente l'antica! È impossibile! Nel libro è anche scritto che si può esser soggetti periodicamente a queste trasformazioni. Una bella commedia: oggi esser Tizio e domani Caio! Ne ho parlato a Pietro Mercovich, ridendo. Anche lui ha sorriso, per la terza volta da quando lo conosco.

— È possibile, m'ha detto; ma son casi rarissimi!

Poi m'ha chiesto notizie del pittore. Non è riuscito a sapere nulla di preciso su di lui, ma ha incaricato qualcuno di sorvegliarlo. Quando ha saputo della visita, ha fatto un viso scuro; ma s'è rasserenato subito dinanzi al mio scoppio di collera. Credo d'essermi arrabbiata davvero, un pochino anche contro mio padre, al ricordo di quell'avventura. Ho sfogato un po' del mio odio contro quell'uomo, che pretendeva di famigliarizzarsi con me, ed ho promesso al mio fidanzato di metterlo a posto alla prima occasione, anche se dovessi recar dolore a mio padre, che se n'è incapricciato.

Pietro Mercovich!, ho detto; papà pretende che il pittore ti somigli nel viso. È vero che avete il naso ed il mento uguali; ma quanto siete diversi nel resto! Leone Varinski ride e parla sempre con una voce grossa da can barbone...

Il mio fidanzato ha scossa la testa, e m'ha lasciata. A poco a poco mi son calmata ed ho finito per non pensare più al pittore. Oh! Leone Varinski può star tranquillo: prima o dopo riuscirò a fargli capire quanto lo trovi noioso ed insopportabile. Per ora non ho tempo di pensare a lui, devo badare a Pietro Mercovich, al mio unico benamato.

 

*

*   *

 

Ho gettato sul fuoco il libro di Stefania. Adesso, sono più tranquilla. Esistono al mondo delle persone ben cattive, che cercano di turbare la felicità degli altri! Ma io non serbo loro rancore; sono troppo felice per farlo! Pietro Mercovich viene ogni giorno a trovarmi e mi porta fiori e confetti. Ora, sorride più di frequente. Vorrei provarmi a renderlo allegro; ma credo che avrei paura di una sua risata. Spesso usciamo insieme a far compre; egli mi segue docilmente per tutti i negozi e s'incarica di portarmi qualche piccolo involto. Anche lui pare felicissimo e credo cominci ad amarmi come desidero, con tutta l'anima, senza pospormi alla diplomazia. Non ho più avuto notizie del pittore; neanche mio padre l'ha più visto: e ciò lo secca, mentre a me fa tanto piacere! So fosse tornato a Varsavia! È strano ch'io debba pensare a lui anche per odiarlo. Spesso mi sorprendo a ricordarne il volto rubicondo ed i baffi a spazzola. Soltanto il mio fidanzato può farmelo completamente dimenticare. Fra un mese ci sposeremo; poi, ci metteremo subito in viaggio. Ho già detto a Pietro Mercovich che desidero andare in Italia, specialmente a Napoli. Si deve star così bene in quella città! Quanti l'han visitata ne son rimasti entusiasmati.

Stefania è venuta a pregarmi di accettarla come damigella d'onore. Le ho detto con un po' di sussiego che ci avrei pensato. Vorrei rifiutarla; ma non ho nessuna amica più intima: ci conosciamo fin dall'infanzia! Inoltre, mi soddisfa l'idea di farla assistere al mio trionfo: perchè, bisogna confessarlo, Pietro Mercovich è stato per darle la preferenza. Per fortuna, sono giunta ancora in tempo: ed ora nessuna forza umana potrebbe disgiungerci l'uno dall'altro.

 

*

*   *

 

Tutto è finito! È avvenuta una cosa orribile, mostruosa, che ha portato lo sconvolgimento nel mio cervello ed ha distrutta ogni mia speranza di gioia. Oh, se almeno con la felicità si fosse involato anche il ricordo! Ho la testa infuocata, i nervi tesi dallo spasimo, gli occhi appesantiti e torbidi per le lagrime, ch'hanno versate. Se mio padre sapesse ciò ch'è accaduto! Se gli uomini potessero supporlo! Ma chi riuscirebbe ad immaginare una verità così spaventosa, un'angoscia così profonda? Leone Varinski! Pietro Mercovich! Come dimenticare! Che cosa ho commesso di male per soffrir tanto?

Poche ore or sono il pittore è venuto in casa nostra. In assenza di mio padre ho dovuto riceverlo io stessa. Si è presentato col suo sorriso antipatico e m'ha stretta la mano con calore; poi s'è seduto al mio fianco. La sua voce grossa produceva un'irritazione in tutti i miei nervi. L'ho lasciato discorrere finchè ha voluto, tenendo gli occhi bassi per non vedere il suo volto pletorico e lo sguardo sfacciato. Leone Varinski s'è sorpreso del mio silenzio e l'ha interpretato, certo, come un segno di timidezza, poichè ha subito preso un atteggiamento spavaldo ed ha cominciato a bersagliarmi di complimenti. Ho voluto interromperlo; ma egli m'ha presa a forza una mano fra le sue e m'ha dichiarato tranquillamente che m'amava e che sarebbe stato felice di dividere l'esistenza con me.

Tronchi ogni legame con quel povero Pietro Mercovich, m'ha detto; è un bravo ragazzo, ma indegno di lei. Per lei occorre un uomo allegro ed amabile, che non annoi e col quale si possa discorrere senza tema d'offenderne la dignità. Vivere al fianco di Pietro Mercovich sarebbe come accudire una mummia. Bisogna lasciare gli infelici ed i melanconici a stessi; ci son già tante miserie per ciascuno di noi! Perchè addossarci quelle degli altri?

A queste parole non potei più resistere. Mi alzai dritta dinanzi a lui, che mi guardava ridendo, e cominciai a dichiarargli risolutamente ciò, che pensavo sul suo conto. Egli rimaneva ad ascoltarmi, calmo in apparenza, accarezzandosi i baffi con una mano. Allora mi sono esaltata ed ho biasimato la sua condotta con le parole più roventi, che potei trovare in quel momento.

— Lei si dichiara amico di Pietro Mercovich, gli ho gridato in faccia; e non si vergogna di venir qui a confessarmi il suo amore? Chi è lei? Con qual diritto s'immischia nella mia esistenza? Perchè pretende d'amarmi e perchè ha l'audacia di dirmelo?

— Ebbene?, m'ha interrotta Leone Varinski; che significano queste frasi da bambina? Io l'amo! Questo è il fatto! Non si comanda alla passione! Può farmi scacciare dai suoi servi. E poi? Che cosa avrà ottenuto, se non uno scandalo? Non credo che lei possa trovar la felicità con Pietro Mercovich. Gliel'ho detto con franchezza. Che male c'è? Tanto varrebbe farsi infermiera o suora di carità! Non pretendo che lo dimentichi subito. Aspetterò! Ma prima o dopo dovrà riconoscere i suoi torti verso di me e ripararli!

— Mai, mai!, ho risposto subito. Adoro Pietro Mercovich tanto, quanto sento d'odiare lei!

Mi ha guardata spalancando gli occhi, nei quali ho creduto di scorgere un po' di turbamento. La sua bocca s'è contratta senza lasciar uscire alcun suono.

Piuttosto morire, ho continuato a gridargli; piuttosto morire che lasciare Pietro Mercovich! Egli ha il mio amore e la mia anima! Lei, invece, mi tortura con la sua sola presenza. Tutto m'è caro in Pietro Mercovich; in lei, al contrario, tutto m'è spiacevole, mi causa disgusto: la risata, lo sguardo, il suono della voce! L'odio, l'odio, capisce? Ed ora spero che mi lascierà tranquilla per sempre!

Egli s'è alzato smaniando:

— Ah! È così! È così!

Il suo volto è diventato bianco come neve, le labbra gli si son strette l'una contro l'altra, gli occhi hanno persa l'espressione insolente e son divenuti tristi da far pietà. Tuttavia ho voluto lanciargli un ultimo sguardo di trionfo. Ma mi son sentita impallidire il viso a mia volta e le membra tremare di spasimo. Leone Varinski era scomparso! Dinanzi a me si teneva, con lo sguardo incerto e malinconico, Pietro Mercovich! Era lui, proprio lui! Non era possibile il dubbio! Era il suo viso serio, la sua aria dolce e triste! Soltanto i baffi rimanevano ancora piegati in su e rigidi. Quale trasformazione era avvenuta? Per quale spaventosa fatalità Leone Varinski aveva preso l'aspetto del mio fidanzato?

Sentii in quell'istante la voce di Pietro Mercovich chiedere ansiosamente

Anna, mia diletta; come mi trovo qui?

Pietro Mercovich, gridai; sei proprio tu?

Egli parve meravigliato della mia domanda; mi guardò con occhi trasognati, poi chiese di nuovo:

— Come mi trovo qui, Anna?

— Oh, Pietro Mercovich!, urlai. È finita, è finita per noi!

Mi si avvicinò e mi prese le mani; poi chinò il viso sul mio a baciarmi, Sentii la, impressione di quei baffi ispidi sulla mia pelle e diedi un piccolo grido di ribrezzo.

— Che hai, Anna? Cos'è accaduto?; m'interrogò ritraendosi un poco.

Dunque egli stesso ignorava! Dunque il ricordo della sua stessa esistenza sotto le spoglie di Leone Varinski era svanito dal suo cervello, senza lasciare nessuna traccia? Esitai un istante prima di spezzare inesorabilmente il suo cuore. Ma non potevo, non dovevo tacere! Mi feci forza, e gli raccontai tutto quello che avevo visto, tutto lo spasimo che avevo provato. Dapprima m'ascoltò meravigliato, senza comprendermi; poi, a poco a poco, la spaventosa verità si fece strada nel suo cervello.

Guardati nello specchio, Pietro Mercovich, se non mi credi; gli dissi.

Si affrettò ad ubbidirmi: vide i baffi, ancora volti all'insù, scorse l'abito bizzarro d'artista, che indossava, e si appoggiò ad una parete singhiozzando. Oh, non potevo, non potevo più amarlo, poichè provavo per lui paura e ribrezzo! Avrei dovuto tremare ad ogni istante, temendo di vederlo trasformarsi sotto i miei occhi nell'odioso Leone Varinski! Il suo orribile doppio si sarebbe imposto come un incubo alla mia esistenza e mi avrebbe torturata continuamente con la sua presenza invisibile! No, no; qualunque cosa, piuttosto!

Pietro Mercovich è rimasto un po' appoggiato al muro, piangendo. Avrei voluto avvicinarmi a lui, consolarlo. Ma il terrore mi aveva paralizzata, agghiacciandomi il sangue nelle vene. Come attraverso una nube vidi Pietro Mercovich avvicinarsi lentamente alla porta, camminando come un sonnambulo, sostare un attimo sulla soglia, a guardarmi, il viso sconvolto dalla disperazione, poi sollevare la tenda ed uscire.

 

*

*   *

 

Finirla del tutto! Come mi sorride questo pensiero! Prima che qualcuno s'accorga di quanto è avvenuto, prima che mio padre torni a casa, portare con me il segreto mostruoso, sparire... sparire... per sempre...




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