Quella mattina mi svegliò, come
al solito, la voce untuosa della mia padrona di casa, una grassa vedova che mi
forniva alloggio, vitto e petrolio e mi avrebbe concesse le sue grazie, s'io mi
fossi sentito disposto ad accettarle. Mi porse con la consueta gentilezza un
certo numero di lettere e giornali, accompagnando l'atto con un sospiro e uno
sguardo, che sarebbe sembrato tenero, se non fosse partito da due occhi un po'
strabici, sepolti fra quattro cuscinetti di carne, che volevan rappresentare le
palpebre. Mentr'io sfogliavo la corrispondenza, la buona signora muoveva il
voluminoso corpo per la stanza, cercando, ahimè invano!, di mettere a posto
qualche gingillo, che non ne aveva bisogno e di richiamare la mia attenzione,
con una tosserella secca e suggestiva, sulle pene del suo vedovo cuore. A un
tratto, diedi un grido e mi precipitai fuor del letto, mostrando alla luce del
sole le mie lunghe e pelose gambe di ragno.
— Gesummaria!, gemette la
padrona di casa; e si slanciò fuor della camera con una agilità, che non lo
avrei supposta, coprendosi gli occhi terrorizzati con un gesto di pudica
vestale.
La cagione dell'incidente era
stata una breve lettera dell'amico Bob, così concepita:
Carissimo,
sono in viaggio per l'altro
mondo. A mezzanotte prenderò il biglietto, il primo e l'ultimo che non mi
costerà un soldo. Consolati e non maledirmi, poichè ti ho nominato mio
legatario universale.
Bob
Possibile? Il mio povero amico
era già morto da parecchie ore, ed io stavo lì, a poltrire nel letto? E mentre
Bob mi nominava suo erede, io sognavo tranquillamente la modista, mia amabile
vicina di casa? Mi affrettai a vestirmi, stracciando gli occhielli della
camicia, bestemmiando contro le maniche della giacca, che non volevano
presentarsi pel giusto verso alle mie braccia, e rovinando un magnifico cappello
nuovo che, mentre era in diritto di ripromettersi le delicate attenzioni della
spazzola, ricevette all'improvviso un formidabile pugno con suo grave danno e
con indiscutibile vantaggio del cappellaio.
Infine, mi trovai per la strada,
col panciotto sbottonato e il soprabito penzolante a metà da una spalla.
Mentr'io correvo come un pazzo, venni fermato di colpo dalla mano vigorosa di
un amico.
— Scusa, puoi farmi un piacere?
— Vai al diavolo!, gli urlai; e
ripresi la mia corsa, non senza aver lasciato, fra le sue dita, un bottone e un
lembo della giacca a perenne testimonianza del nostro incontro.
Una buccia di limone, messa lì
dalla provvidenza, mi arrestò ancora, obbligandomi a fare una stretta
conoscenza col selciato e ad aggiungere una caratteristica macchia giallognola
al fondo nero e troppo monotono dei calzoni. Finalmente, come il diavolo volle,
pervenni al pianerottolo dell'amico, suonai furiosamente il campanello,
traversai l'anticamera, facendo ruzzolare per terra un servitore ed alzare
forti grida di spavento alla cuoca, che con una presenza ammirevole di spirito
cominciò a sbraitare: Al fuoco! Al fuoco! e penetrai come una bomba nella
camera di Bob. E lì, chi vedo? L' amico, che, placido e sorridente, sdraiato
sovra una poltrona, fumava beatamente una sigaretta.
— Che vuol dir ciò? Ti burli del
mondo?
— Già, dici bene: l'eredità, che
ti spettava. Ma abbi pazienza. Partita rimessa non è perduta. Per ora, rimango
fra voi. Più tardi vedrò se sarà il caso di lasciarvi.
— Ma il tuo biglietto?
— Siediti e ascoltami. Iersera,
rincasando, ero proprio deciso a finirla. Tu mi conosci da un pezzo e sai il
genere di vita e di idee, che ho adottato. Orbene, io, l'uomo più sicuro di sè
e degli altri, che esista al mondo, ho ricevuto, appunto ieri, il primo
affronto dalla fortuna. Perciò, volevo uccidermi. Non si deve sopravvivere ad
una sconfitta. E la mia era una sconfitta solenne. Ti sorprendi? Sai che, fin
da ragazzo, ho adottato un sistema di ragionamento del tutto contrario a quello
degli altri. Mentre il genere umano va in cerca avidamente di illusioni e,
appena se n'è creata una, vi lavora sopra con la fantasia e le si affeziona, nè
la lascia, se non quando una forza superiore lo costringa a farlo; io, povero
campione di un donchisciottismo al rovescio, mi sforzo di distruggere, man mano
che mi si presentano, tutti gli ideali, le illusioni e le vane apparenze, che
mi circondano. In tal modo, son riuscito a costruirmi un campo mio d'idee, un
giudizio della vita, che si avvicina alla realtà sin quasi a toccarla.
Sulle panche del collegio m'ero
già persuaso, benchè ancor giovinetto inesperto, che lo studio è una specie di
marionetta, i cui fili sono tirati da qualche povero diavolo, che ha bisogno
dello stipendio di professore per vivere, a istigazione di un certo numero di
persone, tra le quali si divide e si avvicenda il potere e il favore popolare,
e che appunto per questo hanno bisogno di proseliti forniti di cognizioni
sufficienti per eseguire i loro ordini. Più innanzi con l'età, mi accorsi che la
poesia è un abbaiare di cani alla luna, che l'amicizia è un mutuo contratto e
che il miglior amico è quello, che ti prende o i denari o la moglie o la
riputazione. Escludo i presenti, naturalmente. In una parola, ho data una
caccia spietata alle illusioni e mi sono costituito il disilluso per
eccellenza.
L'amico Bob tacque per un
istante e mi guardò con una cert'aria soddisfatta, che mi dimostrava come non
fosse completamente spenta in lui l'illusione dell'amor proprio. Poi, continuò
a parlare:
— Messo da parte ogni falso
concetto e riconosciuto che l'uomo è semplicemente una bestia interessata, cosa
che lo distingue dalle altre bestie più dello sviluppo del cranio e del non
possedere piume sul corpo, mi restava da studiare la donna. Il problema era,
non dico più complicato, ma più difficile a risolversi, poichè interessa uno
dei nostri più forti istinti, quello, che i poeti chiamano amore e che io direi
maggio perpetuo, se il mio rispetto per gli asini non me lo impedisse. Però, a
forza di pazienza e di cure, son riuscito a comprendere che Romeo e Giulietta,
Paolo e Virginia, Eloisa e Abelardo sono satire abilmente mascherate dalla
fantasia degli scrittori.
Tacque ancora, tirò una lunga
boccata di fumo, sbadigliò, poi riprese:
— Dunque, fino a ieri io mi trovavo
perfettamente tranquillo di coscienza e convintissimo che il genere umano mi si
fosse rivelato sotto il suo vero aspetto. Nessuna eccezione aveva offeso il mio
metodo, turbando la serenità della mia mente. Avevo fatto crollare l'edificio,
laboriosamente innalzato dalla stoltezza e dalla furberia, e potevo bearmi in
pace lo spettacolo delle sue rovine. Ma, ahimè, una catastrofe improvvisa mi ha
colpito, mostrandomi che una illusione aveva ancora il diritto di esistere, ed
appunto l'illusione dell'amore. Comprenderai com'io non potessi sopravvivere
allo sfasciarsi delle mie idee. Come! Avevo vissuto trentacinque anni nella
piena fiducia di me stesso e ad un tratto dovevo rinnegare il mio giudizio, la
testimonianza dei miei sensi, il metodo, infine, che mi ero formato con tanta
cura? No, no; era meglio finirla e morire con la disillusione d'essermi
disilluso invano!
— Ma tu non mi hai spiegato
ancora il genere della catastrofe!
— Hai ragione. Sono sempre sotto
l'incubo della sciagura, evitata per un miracolo; perciò non riesco a
raccogliere ancora i pensieri. Sai che facevo una corte assidua alla moglie di
Carlo; anzi, per dirtela in confidenza, ero già molto innanzi nelle sue buone
grazie, mercè il mio metodo eccellente di attacco. Dunque, per farla breve, avevo
già toccati abbastanza i tasti del suo amor proprio e della sua curiosità, che
sono le eterne porte di ogni cuore femminile; ero riuscito, per loro mezzo, a
suscitare un po' di gelosia e di interesse in quella donna e mi preparavo a
dare l'assalto definitivo, godendo anticipatamente della vittoria. Appunto
ieri, nel pomeriggio, mi recai a visitarla, deciso a spiegare le batterie della
mia eloquenza. Il risultato superò ogni mia previsione. Quella donna, con le
fiamme della passione negli occhi, venne incontro ai miei desideri. Soltanto,
mentr'io credevo d'esser sul punto di cogliere il frutto delle mie fatiche, la
vidi drizzarsi, fiera come un'amazzone, e la udii fulminarmi con queste parole:
«No, Bob, io non sarò vostra, non potrò esser vostra che ad una condizione. Non
voglio portare nella casa di mio marito un affetto contaminato. Perciò, se mi
volete, dovete preparare ogni cosa per la nostra morte. Io verrò a trovarvi
domani sera; avremo tutta la notte dinanzi a noi. Ma un braciere, in un angolo
della vostra camera, procurerà la morte ad entrambi. A questa sola condizione
io accetto il vostro amore.» La proposta mi sbalordì. Dunque, pensai, esiste
veramente l'amore! Questa donna, che ho disconosciuta e calunniata, mi ama ed è
pronta a morire per me e con me! Il crollo delle mie disillusioni mi colpì più
del suo macabro progetto. Uscii da quella stanza barcollando, risoluto a porre
un termine alla mia sola vita, risparmiando quella di una creatura, che mi
aveva mostrato erroneo tutto il mio sistema.
— Ebbene?, chiesi, vedendo che
il viso di Bob si rannuvolava.
Ma l'amico diede in uno scoppio
improvviso d'ilarità e, gratificandomi di un'occhiata pietosa, si affrettò a
terminare il suo racconto:
— Ebbene, nella sera scrissi un
biglietto per te, poi uscii per impostarlo. Per la strada chi trovo? Carlo, il
marito. Mi si avvicina, mi stringe la mano, mi chiede la causa del mio pallore.
Ti confesso che mi sentivo intenerito. Quel brav'uomo si mostrava affettuoso
con me, mentre la moglie stava per concedermi il suo amore e la sua vita. Lo
rassicurai sulla mia salute e cercai di liberarmi di lui. Ma quello, standomi
attaccato al soprabito, cominciò a parlare del più e del meno, finchè cadde col
discorso sulla moglie. «Vedi, mi disse ridendo; quella lì è una delle più
strane creature, che mi conosca. Ha avuto il coraggio, oggi, di propormi
nientemeno che un suicidio simulato.» «Un suicidio?» chiesi, interessato dalle
sue parole. «Sì, e perchè? Perchè l'eroe e l'eroina di un romanzo, che sta
scrivendo, devono morire asfissiati in un albergo ed essa ha bisogno di
studiare dal vero l'effetto della sua scena.» M'arretrai inorridito. «Dunque,
tua moglie?», balbettai. «È una romanziera, ma si firma con uno pseudonimo. Non
lo sapevi?». Ed ecco perchè non mi sono ucciso.
Diedi in una risata. Inutile
dire che l'amico Bob è ancora vivo e più disilluso di prima.
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