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Pierangelo Baratono
Ombre di Lanterna

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  • Mammina
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Mammina

 

Quando si trovò fuori della stazione di Termini, respirò più liberamente. Durante il viaggio aveva pensato con gioia a quella breve corsa nel mondo; la monotonia del lavoro quotidiano fra quattro mura sudicie, la catena dell'orario imposto alla sua indipendenza, perfino i pochi buoni momenti passati nella tranquilla città di provincia gli sembravano un brutto sogno, già lontano nel tempo. Adesso, si sentiva padrone di e dei propri atti; poteva parlare, muoversi a seconda del capriccio senza incorrere nei bronci del direttore e nelle occhiate torve dei colleghi. Per pochi giorni avrebbe goduta una vita nuova, avrebbe conosciuta una città meravigliosa, ricca d'energie e consacrata dall'Arte. Nessuno si sarebbe accorto della sua umile posizione d'impiegato; forse, lo avrebbero preso per un inglese.

Si avviò per via Nazionale, un po' confuso dal frastuono insolito di carrozze e dal via vai dei passanti. Da molti mesi non c'era più abituato: nel cantuccio del mondo, ov'era il suo ufficio, regnavano soltanto la pace e la noia. Gli pesavano ancora addosso le occupazioni consuete, le piccole malignità burocratiche per qualche sua lieve infrazione all'orario, gli sbadigli nei locali polverosi, lo spreco di forze a dividere lettere o contare pacchi. Si sentiva selvatico e stanco; ma lo sosteneva il pensiero di quel breve bagno di vita vera, con la gioia di sapersi libero.

Per ora, provava il bisogno di riposarsi dal viaggio; più tardi avrebbe cominciato a visitare la Città Santa. Scantonò per una via laterale, vide un'insegna di vinaio, entrò. Avrebbe assaggiato il vino tradizionale, il vino dei Castelli, del quale aveva inteso lodi da molti. Il locale era pulito, non grande elegante, ingombro di tavoli massicci e di sedie. Sovr'una di queste egli si abbandonò, senza badare a chi gli stava intorno; piegò il capo fra le mani e si raccolse un poco, a pensare. Una voce di donna, dolce e tranquilla, lo destò dal sogno. Si volse, vide confusamente tre signore che, sedute al suo tavolo, lo guardavano, e si affrettò ad alzarsi, scusandosi. Ma la solita voce lo acquetò come una carezza:

Resti, signore; non disturba.

Cos'era quel locale e come aveva potuto prenderlo per un'osteria, poichè c'erano delle donne e per di più ben vestite? Sedette di nuovo, un po' confuso, mormorando un «grazie». Gli sembrava strano di trovarsi , in compagnia di signore. Che figura avrebbe fatto chiedendo del vino? Altro che prenderlo per un inglese! Girò gli occhi al tavolo e scorse tre bicchieri colmi di vino nero e, fra essi, una bottiglia col collo a trombone. Stupì e si confuse ancora di più. Che razza di costume era quello, che permetteva alle signore d'entrare nelle osterie e di comandare del vino?

La voce di donna lo tolse di nuovo dall'imbarazzo:

— Non pensi a male. È un uso romano.

Si volse a chi veniva incontro ai suoi dubbi; vide due occhioni chiari, una tocca sorridente e due fresche guance a fossette. Balbettò:

Veramente, mi meraviglia. Non sono abituato; son forestiere.

La signora si fece seria, distolse lo sguardo da lui e disse:

— Si vede. Qui tutti vengono a bere il vino dei Castelli.

Strano, strano!, mormorò lui; in Liguria non oserebbero.

— Forse perchè non hanno castelli, ribattè ironicamente l'altra.

E sorrise. Egli pure sorrise: quella franchezza, quella famigliarità benevola di una donna per uno straniero lo impressionavano, ma piacevolmente. Guardò un po' meglio le sue compagne di tavolo. La sua interlocutrice aveva un aspetto distinto; vestiva di nero, con un cappellino elegante color viola: poteva aver trent'anni, ma ne dimostrava meno. Le sedevano ai fianchi una signora attempata ed una giovanetta con due occhi scuri dolcissimi e il volto bruno, piccino.

Se avessero saputo che parlavano con un impiegato! Ma il suo ufficio era tanto lontano! Si fece animo, attaccò discorso. Le signore pareva lo ascoltassero con interesse. Quando si nominò, la giovanetta ebbe una lieve esclamazione:

— Ah, il novelliere!

Allorchè furono uscite, egli rimase ancora un poco a sognare. Gli s'era scolpita forte nella memoria l'immagine di quei tre volti; ma sovra tutto gli suonava ancora all'orecchio una voce dolce e tranquilla, lievemente motteggiatrice. Egli sapeva, adesso, che la signora dagli occhi chiari era vedova e si chiamava donna Graziella Neve: le altre due erano la zia e la cugina. Uscì anche lui; ma si sentiva già annoiato di quella grande città. Avrebbe voluto chiudersi in una stanza silenziosa e pensare. A che? Non sapeva bene; provava soltanto una grande smania di solitudine. Tentennò il capo, mormorando: Grullerie! Poi s'avviò per le strade rumorose.

 

*

*   *

 

Il domani visitò San Paolo; ma si fermò poco nella chiesa istoriata di figure di papi. Diede uno sguardo distratto agli altari scolpiti in marmi preziosi, sorrise all'ingenuità degli affreschi antichi, meditò un poco sui vetri spezzati, ove ancora rimanevano frammenti di volti dipinti meravigliosamente. Poi uscì, all'aperto. Dinanzi a lui si stendeva una quieta via di campagna, fiancheggiata d'alberi. Allungò il passo per quella, avviandosi verso un gruppo di case, che scorgeva nel fondo. A un tratto, sentì battere il cuore con violenza. Una signora camminava innanzi a lui: aveva un abito nero e un cappellino color viola. Donna Graziella Neve? Pazzie! Com'era possibile un incontro così strano in una città immensa? Tuttavia affrettò il passo. La signora si volse a guardare i prati. Era proprio donna Graziella! Quando le fu vicino, balbettò:

Buona passeggiata, signora!

Essa lo guardò, sorrise:

— Oh, lei! Ed ha preferita la campagna a Roma?

Egli rispose dolcemente:

Presentimenti, signora! Ma non avrei osato sperare!

Ci fu un momento di silenzio. Donna Graziella camminava lentamente, con gli occhi volti verso le campagne sconfinate Egli pensava all'audacia delle parole dette e si meravigliava della passione da lui provata così rapidamente e confessata con tanta franchezza e più ancora si stupiva di quell'intelligenza muliebre, che aveva compreso e non s'era offesa.

Donna Graziella fu la prima a parlare:

— Ella crede ai presentimenti? E cosa le hanno detto? Che avrebbe trovata, oggi, per una via di campagna, una donna intravista il giorno innanzi per la prima volta e che forse non dovrà più incontrare nella vita? Oh! il poeta!

Egli si ribellò all'ironia; le parole gli vennero facili alle labbra:

— Non dica male dei presentimenti, signora. Lei stessa ne riconosce l'impero, poichè la sua sensibilità fine di donna le ha fatto comprendere ciò, che accade nella mia anima. Soltanto, a differenza di quasi tutte le altre, non s'è rifugiata sotto la veste delle convenzioni e non s'è offesa della mia audacia. Sono incontri rari nel mondo, è vero, poichè sono rare la sincerità e l'intelligenza.

— Come corre! motteggiò donna Graziella. Altro che treno lampo!

Perchè scherzare? Io sono un estraneo per lei: ma lei per me è una santa. Le ho innalzato un piedestallo nel mio pensiero, più prezioso degli altari di San Paolo. Ormai, non saprei più vivere senza la sua immagine. Mi creda un pazzo, se vuole.

Donna Graziella lo fissò un momento, poi sorrise:

— Se lo credessi un pazzo, m'allontanerei. Se lo avessi creduto un insolente, non le avrei permesso di parlare. Noi donne abbiamo un senso speciale per conoscere gli uomini: è l'unica nostra difesa. Ieri, vedendolo, compresi che era un poeta ed un buono. Due qualità difficili a trovarsi insieme, non è vero? E mi sono permessa di rivolgerle la parola, appunto perchè credo nella bontà e nella poesia ed amo conoscerle entrambe nelle rare occasioni, che mi si offrono, d'incontrarle. In questo senso ho fede nei presentimenti.

Come suonava dolce la voce alle orecchie di lui. Egli sognava di trovarsi in un mondo fantastico, solo con quella donna, e si compiaceva nel miraggio della sua immaginazione appassionata. Così, così, avrebbero dovuto vivere gli uomini, liberi dai ceppi d'ogni convenzionalismo, sinceri e puri. Il silenzio regnò di nuovo fra i due, un silenzio caro alle loro anime e nel quale queste si specchiavano come in un lago tranquillo.

Infine egli si riscosse e parlò di nuovo:

Signora, ella ha detto che forse non ci troveremo più nella vita. Perchè? Chi ne impedisce di procedere di pari passo nel fiorito sentiero, che si apre agli occhi della nostra immaginazione?

Essa ebbe una breve risata, nella quale suonava un po' d'amarezza.

Sogni! Sono vecchia, vede! Mia cugina mi un nomignolo, mi chiama «mammina». E poi, una delle mattine passate mi son trovato un capello bianco.

Oh, com'era menzognera la fresca bocca, che rinnegava in tal modo la giovinezza! Come mal si addicevano quelle parole al viso fiorente ed al chiaro sguardo! Egli volle interromperla, mormorando:

— Come si calunnia, signora!

Ma essa continuò, senza badargli:

Via, che ne sa della mia vita, lei, che mi propone di unirla alla sua? Sono una vedova; ecco quanto conosce di me.

Si fece triste in volto e mormorò:

Ormai, è finito tutto per me. Le svelerò il mio animo, appunto perchè sento che il suo è sincero e buono. Dopo, ella pel primo comprenderà la vanità del suo sogno. Non mi giudichi leggera e facile alla confidenza. Ho appreso dalla vita una cosa e cioè che non bisogna dare importanza alle falsità delle relazioni sociali, rimpicciolire l'intelligenza costringendola sotto piccoli gioghi e vane catene. Le parlo come a un fratello, poichè sento che, malgrado la fresca conoscenza e l'abisso che ci divide, apparteniamo entrambi ad un tempo, trascorso per sempre, e viviamo una vita di sogni.

Camminavano a capo chino, lui tremando per una rivelazione che intuiva dolorosa e crudele, lei tranquilla in apparenza, tranne per un breve movimento delle dita, che gualcivano un fazzoletto.

— Mi ascolti. Ella si è rivolto a me come a una persona cara; ma io non posso intenderlo e tanto meno comprenderlo. Il dolore mi ha consacrata alla solitudine. Sono la vedova della morte, poichè non possiedo più l'anima. Sono morta, morta, le dico. Nessuna forza umana potrebbe più infondermi quella passione, che l'angoscia mi ha tolta. Sorrido appunto per coprire il vuoto, ch'è dentro di me; ma attraverso il cristallo dell'apparenza si scorge la statua. Ho sofferto più di quanto un essere umano possa soffrire. Adesso, non peno più, ma non posso neanche più godere.

Il suo sguardo si manteneva chiaro e tranquillo, quantunque le labbra le tremassero un poco. Tacque per qualche minuto, poi ricominciò a parlare:

— Qualcuno, ch'io non voglio più nominare, mi ha tolta ogni illusione, ogni speranza. S'ella mi toccasse una mano, la sentirebbe fredda come il ghiaccio, insensibile come il marmo. A volte, non sento più i battiti del mio cuore. Forse anch'esso si è rimpicciolito, è quasi scomparso sotto l'infuriare delle amarezze. Via, via, non sogni lei, ch'è poeta. Mi guardi, piuttosto. Ho il viso ancor giovane, ma negli occhi non porto più nessuna luce, nessun lampo di desiderio. Sono una tomba, le dico!

Abbassò la voce a mormorare:

Credo anch'io ai presentimenti; credo che se esistesse qualcuno capace di farmi rivivere, lei appunto sarebbe quello. Vede? Le parlo freddamente, senza vergogna, perchè so ch'è un sogno impossibile. Non aspetto più nulla dalla vita, ma cammino verso il sentiero dell'infinito riposo, forte della verginità nuova e intangibile, che il dolore m'ha data.

Si fermò un poco a guardare il paesaggio, poi stese la mano al giovane, che la fissava, il viso sbiancato dall'emozione:

— Vuol salutarmi come un'amica, e, sovra tutto, vuol promettermi di dimenticare?

— No, no, è impossibile!, tentò di gridare lui; ma dinanzi a quel volto impietrito, a quello sguardo chiaro e tranquillo, le parole gli si aggrupparono in gola, gli uscirono in un singhiozzo.

Via, via, mormorò la donna. Pensi a me come a un sogno, procurato dal vino dei Castelli.

Donna Graziella Neve si staccò dal suo fianco e si allontanò a lenti passi, senza rivolgere il viso.

Ed egli rimase , immobile, irrigidito dall'ansia, che gli gravava sull'anima. Gli sorse un dubbio: Oh, quella donna s'inganna sovra stessa! Ma pensò alla propria posizione, all'impossibilità di vincere i gravi ostacoli materiali e di avvicinare più a lungo la magnifica statua. E pianse.

 

*

*   *

 

Due ore dopo egli si trovava rincantucciato nell'angolo di un vagone, che lo riconduceva innanzi tempo e volontariamente al martirio della vita monotona provinciale e del lavoro d'ufficio.




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