XV
Lettera ad una signora milanese gentile sì,
nobile no
Madama,
Ad un misero
vecchio, qual io mi sono, è lecito senza offesa del decoro farsi apertamente
avvocato delle belle fanciulle alle quali Ella, madama, ha la fortuna d'esser
madre. Le poverette, stia certa, non mi hanno pregato esse di questo ufficio.
M'è suggerito dalla compassione. Parlo io spontaneo, e però tanto piú veridico.
L'anno
passato a questi dí, Ella, in compagnia di molte di lei amiche, provvide
saviamente alla allegria delle proprie e delle altrui figliuole. I festini dati
in Borgonuovo dalla «societá delle madri» riescirono belli, splendidi,
eleganti. Il sorriso della gioventú misto a tutte le grazie della decenza, la
vivacitá delle danze combinata colla modestia delle ingenue e gentili
fanciulle, e le cortesie e le accoglienze e i bei modi delle madri invitatrici
fecero parere a tutte le persone ben educate, e dopo tant'anni anche a noi
vecchi, tristo davvero il suono della campana della quaresima. - Verrá un altro
carnovale - dicevano le fanciulle, e si consolavano sperando. - Sí, verrá, -
dicevamo noi, e nelle future consolazioni delle fanciulle ci parea di rivivere
qualche poco nei tempi andati.
Or eccolo
finalmente questo sospirato carnovale. Ma dove sono i festini? Le vergini
patrizie ballano; le spose, le donne patrizie ballano; le matrone patrizie
ballano. E le belle vergini non patrizie che fanno esse la sera? Sedute accanto
alle loro madri in casa loro, mandano qualche stanca occhiata alle quattro
parrucche dei quattro campioni del tarrocco, e sbadigliano; poi dánno ascolto a
qualche facezia del signor nonno, e risbadigliano; poi si guardano a' piedi, ne
contemplano l'ozio, e sospirano.
Ma perché non
si rifanno i bei festini di Borgonuovo? Perché non si pensa a dare alla
gioventú quegli spassi che le si convengono? Il carnovale non è carnovale forse
per le non patrizie quest'anno? Non hanno elleno forse nelle vene sangue che
bolle quanto quello delle contessine?
Ho udito
raccontare ch'Ella, madama, si scusa del non pensare a ripetere que' festini,
col dire che non vuole che siano ripetute anche le insipide e villane satire
dell'anno scorso. Ho udito raccontare lo stesso di molte altre madri, che amano
quanto piú si può le proprie figliuole. È vero, fu cosa dolorosa il veder di
che modo insolente i perpetui motteggiatori della cittá sparsero la
contaminazione della lor maldicenza sulle illibate intenzioni dell'amor
materno. Ma che importa a lei, madama, del gracidare di cotesti rospi? La cittá
non è poi tutta un pantano, e i cittadini non sono rospi tutti. Dica alle madri
di lei compagne che tutte le persone d'animo gentile, delle quali non è penuria
in Milano, lodarono i festini dell'anno passato, e li loderebbero anche
quest'anno. Il lasciarsi intimorire dalle satire illepide sarebbe un dare
importanza a chi non ne merita alcuna. Meglio è avvilire gli sciocchi,
continuando il proprio passo sicuramente, senza neppure badare che ci stanno a
lato. Cosí fanno, creda a me, coloro a cui la propria coscienza vale qualche
cosa.
Sicché,
madama, stringendo il discorso, la prego a non far che quest'anno il carnovale
finisca malamente per le povere di lei figliuole. Hanno ne' piedini una
inquietudine, che nella loro eta è da perdonarsi. Il ballo fa bene anche alla
loro salute. La gioventú è sí breve, l'allegria sí fugace, che hanno ragione le
poverette se onestamente desiderano di non perdere il tempo in isbadigli. E chi
penserá a loro, se non ci pensano le madri? Gli uomini non sono d'ordinario sí
delicati di compassione da pensare a' divertimenti altrui. Sono egoisti, e non
badano che a contentare se stessi. Ma le buone madri sono tutt'altro; e non è
adulazione il dire ch'Ella, madama, sta nel numero delle ottime.
Ho l'onore,
madama, di dichiararmi
di
lei umilissimo servitore
Grisostomo.
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