XIX
Intorno alla «Servitù presso i popoli antichi
e moderni»
del Grégoire60
L'uomo che
dall'alto della sua fortuna volge uno sguardo compassionevole ad una classe
inferiore di cittadini trattata duramente dall'orgoglio dei piú, ed il filosofo
che, abbandonate le astruse ed aride speculazioni, crede di nobilitare la
propria sapienza impiegandola a pro del misero avvilito ed ingegnandosi di
trovar modi onde migliorarne la condizione, sono due vere bellezze nell'ordine
delle cose morali. Le azioni loro brillano in mezzo a' traviamenti della umana
natura, e rischiarano altrui il cammino della vita con una luce consolatrice.
Nel leggere il libro della Domesticité non possiamo tenerci di ammirare
nell'autore di esso, il signor Grégoire, l'uomo onesto ed il vero filosofo; non
possiamo negare a questo antico presidente della «Societá degli amici de'
negri» la simpatia, il rispetto, l'amore ch'egli merita come esempio vivo di
operosa filantropia. Una nuova edizione recentissima di questo libro ci sia
sufficiente occasione per poter parlare di esso anche dopo i quattro anni da
che uscí per la prima volta alle stampe.
Il protettore
de' negri, quegli che fino dal 1791 perorò altamente contra l'infame tratta di
quei meschini, e sollecitò l'abolizione della loro schiavitú, manifestandone
tutta l'ingiustizia, di rizza ora all'umanitá parole di propiziazione in favore
d'altra gente infelice. Nel libro sulla Domesticité il signor Grégoire
esamina la condizione de' servitori d'ambo i sessi in Europa; discute i mezzi
co' quali renderla meno sciagurata per se stessa e piú giovevole alla societá
civile; e con quella eloquenza che non è insegnata nelle scuole, ma che procede
direttamente dalla bontá del cuore, cerca di trasfondere ne' suoi lettori la
caritá virtuosa di cui egli sente l'impero sull'anima propria.
L'autore dá
uno sguardo franco, ma rapidissimo, alla storia de' popoli antichi, e considera
lo stato degli schiavi presso i greci ed i romani. Il barbaro modo, con cui in
generale venivano oppressi gli schiavi da quelle due nazioni tanto venerate da'
nostri pregiudizi scolastici, concorre anch'esso a giustificare la generositá
dell'ardimento di coloro che, paragonando la somma de' nostri costumi presenti
a quella de' costumi de' tempi remoti, niegano all'antichitá quel cieco
ossequio superstizioso che ci è imposto come obbligo dalla servile pedanteria,
e tributano invece una piú sentita riverenza alla ragione umana che si fa monda
attraverso dei secoli. «Tito egli stesso, - dice il signor Grégoire - Tito,
l'imperatore soprannominato 'la delizia del genere umano', avendo ridotti in
servitú i popoli della Giudea, il trattò con la piú ributtante ferocia. Ne'
giuochi e negli spettacoli dati da lui a Cesarea perí una gran turba di
schiavi, alcuni sbranati dalle fiere, moltissimi costretti a combattere contro
i loro compagni e ad ammazzarsi l'un l'altro. Mille e cinquecento schiavi
vennero scannati in quella stessa cittá onde celebrare il giorno natalizio di
Domiziano, fratello della 'delizia del genere umano'; e ne furono scannati
altri assai a Berito in onore di Vespasiano, padre della 'delizia del genere
umano'... Ecco di che fu capace un principe, a cui l'adulazione de'
contemporanei e la credulitá delle generazioni successive decretarono
l'apoteosi!».
Dall'esame
della schiavitú presso i greci ed i romani l'autore discende a quello della
servitú nel medio evo, e finalmente a quello della «domesticité», che è
quanto dire della condizione dei famigli o servitori, ne' tempi presenti; e
dichiara che le riflessioni, alle quali egli verrá condotto dal suo discorso,
avranno quasi sempre la mira a' soli famigli d'ambo i sessi destinati a'
servigi domestici nelle cittá, non a quelli destinati a' servigi rurali.
«L'Europa nel
medio evo teneva gli uomini, per cosí dire, inchiodati alla gleba. L'Europa
moderna offre lo spettacolo di una turba di donne, di oziosi vestiti a livrea,
di valletti ecc. ecc., che riempiono le anticamere e vegliano giorno e notte a
prevenire i bisogni veri o fittizi de' loro odiati padroni... Nel 1796 a Torino
sopra 93.076 abitanti contavansi 3.168 servi e 5.292 serve. Totale d'ambo i
sessi 8.460; il che forma la undecima parte della popolazione».
Non è giá con
questa proporzione che s'abbia a pretendere di raccogliere il numero de'
famigli esistenti in tutta l'Europa, da che ciascun paese presenta agli
statistici proporzioni differenti. Il numero de' famigli cresce, ove piú ove
meno, a seconda del crescere delle ricchezze, delle distinzioni sociali,
dell'ineguaglianza delle classi civili. A Parigi ed in tutte le grandi cittá il
numero de' servi si fa ogni dí maggiore per colpa del lusso ogni dí piú
favorito. Non sarebbe lontano per nulla dal vero il supporre che in Francia un
milione d'individui sia impiegato ne' servigi domestici, non contando coloro
che prestano servigi rurali. Considerata dunque la tanta quantitá di siffatti
individui e quanto essi possano contribuire alla tranquillitá dello stato ed
alla felicitá privata delle famiglie, chi non vede essere cosa importantissima
il pensare ad una riforma de' loro costumi, ad un miglioramento della loro
educazione intellettuale? Questa riforma e questo miglioramento raddolciranno
ad essi di molto il peso della servitú. L'uomo ignorante e senza morale è
necessariamente infelice.
Ommettiamo di
riportare le tante prove della depravazione morale de' servi, registrate
dall'autore nel suo libro. Che i servi sieno spesse volte scostumati, è una
veritá di fatto, della quale ciascuno di noi è persuaso prima ancora che la ci
venga annunziata.
Ma, siccome
per togliere di mezzo un male fa duopo investigarne le cagioni, vediamo da che
provenga cotesta depravazione. Il rimediarvi stará nel toglierne di mezzo le
cagioni.
Una delle
principali origini della depravazione de' servi è la depravazione de' padroni.
«Come possono inspirare sentimenti di fedeltá a' loro famigli certi padroni
arricchiti da fallimenti dolosi, da ruberie, da rapine; certi padroni contra i
quali grida vendetta il sangue de' poverelli? Come possono inspirare a' loro
famigli sentimenti di riverenza e di subordinazione certi padroni capricciosi,
aspri, crudeli, a' quali la caritá è sconosciuta del pari che la giustizia, le
di cui parole e maniere spengono negli animi altrui ogni affezione; padroni, i
quali non vorrebbero comandare che ad automati, che all'opulenza associano
tutti gli effetti d'una cattiva educazione, che, nudi di ogni sentimento
dilicato e logorati dai vizi, non perdonano ai loro servi il menomo difetto?».
L'esempio
buono è il piú eloquente de' predicatori. Pochissimi uomini coltivano la loro
ragione e il loro cuore; pochissimi operano per impulso di princípi sentiti intimamente
e professati. I piú vanno dietro agli altri e sono enti imitatori. Però in casa
dell'uomo vizioso rade volte troverai servi virtuosi. «Tel maitre, tel valet»,
è proverbio che d'ordinario non falla.
Altra origine
della corruzione morale de' servi è l'abitudine ai giuochi del lotto e ad altri
consimili. Quanti individui, allettati dalla speranza di far fortuna e cambiare
stato, incominciano la carriera del vizio rubando, e la finiscono col suicidio!
Quanti ospedali, quante prigioni, quante forche bisognò innalzare per lasciar
vita a questo abuso de' giuochi!
E non ultima
fra le cagioni della depravazione de' famigli è il servirsene che talvolta
fanno i governi per conoscere gli andamenti de' padroni. Il mestiere infame
della spia inaridisce nell'anima ogni attitudine alla virtú, e rende in un
momento solo che lo si eserciti prontissimi gli uomini ad altri delitti.
Per
migliorare i costumi de' servi bisognerebbe dunque, prima d'ogni cosa,
migliorare la morale de' padroni. Questo è un suggerimento facile a darsi; ma
una gran lode meriterebbe chi suggerisse la maniera di mandarlo ad effetto. Piú
facile è il mettere riparo ai mali provenienti dalla tolleranza del lotto. E se
non si fará mai far da spia a' servi, un gran passo avremo corso verso il perfezionamento
della morale di questa classe d'individui.
Supponendo
che le leggi provvedano per quanto sta in esse al mantenimento de' buoni
costumi ne' servi, i cittadini ricchi e probi debbono, giacché le leggi non
possono far tutto esse, contribuire dal canto loro al medesimo scopo. E a
questo effetto, l'autore propone l'instituzione di scuole destinate interamente
pe' servi. Lo spirito regolatore di siffatte scuole dovrebbe essere quello di
sviluppare, piú che non s'è fatto finora, le facoltá intellettuali della povera
gente, combinando questa educazione colla pratica costante della virtú. Alla
mancanza attuale delle scuole speciali pe' servi, pare a lui che potrebbe
supplire intanto una maggiore propagazione de' metodi scolastici alla
Lancaster. Crederebbe egli necessario per altro che, oltre il leggere e lo
scrivere e l'aritmetica, s'insegnassero nelle scuole alla Lancaster anche
principi di morale pratica, in modo che negli allievi la virtú diventasse un
bisogno della coscienza.
Ma perché
nella disposizione naturale degli animi umani i premi sono un allettamento al
ben fare, l'autore vorrebbe moltiplicati dalle largizioni de' ricchi gli ospizi
pe' servi cresciuti in vecchiezza ed infermi, e stabilita anche in Francia,
come giá esiste altrove, una «Societa filantropica», che destinasse premi
d'incoraggiamento e di ricompensa pe' servi costumati e dabbene, quando, con
lunghi anni di servizio presso una o poche diverse famiglie, avessero dato
prove di incorrotta fedeltá.
Non diremo
qui di che modo il signor Grégoire difenda la causa de' servi contro
l'insultante durezza de' padroni. L'uguaglianza degli uomini ed il rispetto che
debbono portarsi a vicenda, qualunque sia la condizione che sembri separarli
gli uni dagli altri, sono veritá tanto lucide che ci parrebbe di far torto
all'Italia ripetendole. Però, augurando molti lettori italiani al libro del
signor Grégoire, facciamo voti affinché lo spirito di liberale caritá, che in
esso domina, produca effetti i quali tornino in onore della nostra patria. Una
emulazione virtuosa tra popoli e popoli, che abbia per iscopo il conseguimento
delle benedizioni de' posteri, è uno spettacolo degno de' tempi presenti.
Grisostomo.
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