XXV
AI LOMBARDI
(14 maggio
1848)
Lombardi!
Il governo
provvisorio della Lombardia ha dovuto finalmente persuadersi che, in mezzo alla
precipitazione degli eventi, i quali d'ogni parte ne travolgono e ne
sospingono, lo starsene piú a lungo immobile a custodire la propria neutralitá
era un tradire la patria. Quindi egli ha pubblicato il suo decreto del 12
corrente, con cui chiama l'intiera popolazione a dare il suo voto intorno alla
risoluzione da prendersi per uscire dalla triste situazione nostra, che ogni
dí, ogni ora piú si fa pericolosa.
Lombardi! voi
dovete essere grati al governo di questa sua determinazione. Tocca adesso a voi
di giovarvene tutti alacremente, e di provvedere cosí alla vostra salvezza. Che
voi siate deliberati a farlo con tutto lo zelo, con tutta quella sagace
ponderazione ch'è richiesta dal supremo momento, chi può dubitarne? Non io, di
certo. E, se mi fo lecito d'indirizzarvi una breve parola, non è menomamente
perché io creda necessario d'infiammarvi e di stimolarvi all'adempimento di un
dovere, ma soltanto per rischiarare un'apparente oscuritá, che a taluno parrá
forse di ravvisare nella enunciazione dei due quesiti postivi dal governo
provvisorio.
Se nella
scrupolosa sua onoratezza il governo ha creduto di dovere accondiscendere
financo ad alcune esigenze o astute o meticolose, e di dover financo deviare
dallo stesso andamento logico, ponendovi ad un tratto due quesiti, voi, o
lombardi, dovete rispettare in esso il buon volere, ma stare altresí bene
all'erta e non lasciarvi abbindolare da quei sofistici arzigogoli, che, sotto
la finta larva d'una legalitá mal definita e mal definibile, potrebbono essere
susurrati all'orecchio vostro.
Nel primo
quesito, il piú prolisso, vi è
domandato se volete immediata fusione
col Piemonte, usando, in far ciò, di tutte quelle cautele che pongono in sicuro
il piú ampio godimento della libertá da voi conquistata.
Nel secondo
quesito, il meno prolisso, v'è
domandato se voi volete continuare nello stato presente fino a guerra finita.
Farei troppo
torto, o lombardi, al vostro buon senso, se perdessi tempo a dimostrarvi che la
salute vostra sta nel rispondere francamente di sí al primo quesito.
Per poco che
voi ci pensiate, vi sbalzerá evidentissima alla mente l'inconseguenza del
secondo quesito, il quale, contraddicendo a tutte le conseguenze logiche dei
motivi del decreto, v'invita a lasciar stare le cose come le stanno, vale a
dire nell'anarchia, nell'agitazione, nell'impotenza a difendervi dai tanti
pericoli che da tante parti vi minacciano; il che non a altro riuscirebbe da
ultimo se non a far ridere in cuor dell'Austriaco l'agognata vendetta ed a
trascinar voi alla totale rovina, alla distruzione di quella indipendenza che
avete comperata col sangue e colle barricate della generosa Milano, di Milano,
l'audacissima delle cittá battagliere.
Lombardi,
all'erta; ve ne scongiuro! Raccogliete tutta l'anima vostra, consultate
l'intimo amor vostro per la patria, mettetevi seriamente la mano sul petto; e
poi, nel recarvi a deporre il vostro «sí» ne' libri parrocchiali, fate quello
che la coscienza vi detta. Interrogatela questa vostra coscienza senza passioni
e senza pregiudizi; ed allora il primo quesito, quello che propone l'immediata fusione, è certo del trionfo,
perché, viva Dio, il vero trionfa sempre sul falso nel cuore dell'uomo onesto.
So che alcuni pochi di voi, nel contribuire a quel trionfo, faranno de' segreti
sagrifici. E chi vi dice che io forse non ne faccia anch'io nel condurmi a
lealmente consigliarvi la subita fusione? Ma periscano tutte le private
simpatie, periscano tutt'i rancori privati in faccia alla salute della patria.
Tanto piú splendida sará la nostra libertá, se avvalorata da sagrifici
individuali. L'unico sagrificio che non è lecito mai di fare è quello di tacere
la veritá, quando il dirla può in qualche modo cooperare al pubblico bene.
L'amantissimo
di voi e lombardo anch'esso
Giovanni Berchet.
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