IX
Dato fondo al gruzzolo e persa,
quindi, l'arma necessaria e sufficiente ad abbattere, saziandoli, i desiderii,
Macario s'avviò contrito verso il focolare domestico. E, durante il cammino,
pensava:
— Ecco. La sorte benigna mi ha
salvato dal commetter peccato. Il venerando esculapio parlava secondo dottrina
e, per il buon fine di guarire il mio corpo dalle tristi conseguenze dei
palliativi, non si preoccupava della perdizione dell'anima. Ed io, cieco, ero
pronto a seguire il consiglio. Ma il mio corpo è ancora puro, se ben abbia
sentito ventare l'ala delle tentazioni: e l'anima è salva.
Così ragionava il vergine
martire. E, giunto sotto il tetto famigliare, cominciò di nuovo a macerarsi,
respingendo il pietoso aiuto e rifiutando le cure lenitive di Undimilla,
vergine se non martire, poiché le illusioni, da costei procurate, scialbe e
monche apparivano dopo i contatti fuggevoli avuti con la realtà. Ma il suo
pallore e i turbamenti mossero ben presto a compassione il dotto esculapio.
— A che vuoi giungere,
figliuolo?, chiese l'intenerito medico. L'anima ha gravi doveri verso il
proprio involucro di carne: e non è giusto che tu li trascuri e li dimentichi.
— Ma io son risoluto a
conservarmi puro, obiettò il pio giovane.
— E puro rimarrai, se le
corporee impurità saranno protette dai testi e consentite dalle costumanze,
rispose quel savio.
— Il matrimonio, dunque?,
esclamò Macario sobbalzando.
E, subito, si trovò come immerso
in un oceano di luce.
Poiché, a concluder nozze,
occorrono due persone, zia Sofonisba, messa a parte dei divisamenti, s'affrettò
a presentare al nipote una fanciulla bionda e innocente, di cui gli occhi
scrutavano ostinati la terra e le guance, a ogni parola pronunciata da un
individuo di sesso opposto, s'invermigliavano nel modo più edificante. Macario
esaminò la dolce creatura, poi disse:
— Le doti del corpo mi sembran
preclare. Ma reca, ella, un'altra e più necessaria dote?
— Ahimè!, gemette zia Sofonisba.
— No! no!, concluse Macario. Troppo
casta è la fanciulla perch'io osi turbar la sua anima. Ne avrei eterno rimorso!
E come potrei, con l'inquietudine di questo rimorso, mettermi alla ricerca
dell'onesto lavoro, che procacci a me ed alla mia consorte il sudato pane
quotidiano?
Sfumato il primo matrimonio,
Undimilla vergine tentò una seconda prova. Era, la nuova candidata, una
prosperosa donna: e sembrava più acconcia a stringere nodo coniugale poiché,
avendo un impiego in una solida azienda, poteva dividere a mezzo non solo le
gioie, bensì anche i gravami della famiglia. E, tuttavia, Macario, dopo aver
riflettuto, disse:
— Se, nonostante i sani
principii e il fermo volere, io stesso mi son visto sull'orlo di una voragine
di dannazione, come oserei mettere al mondo altre creature soggette al peccato?
E, quand'esse nascano, mia moglie non dovrà, forse, abbandonare l'impiego per
accudirle? E come riuscirò io, col rimorso di aver procreato dei peccatori, ad
affrontare serenamente le fatiche, da cui la casa possa trarre il suo cibo?
Sfumato anche questo matrimonio,
il vergine martire si sarebbe trovato, certo, innanzi al duro dilemma di
ricorrere nuovamente ai sedativi di Undimilla, vergine se non martire, o di
bere, come si dice, la propria minestra, se il venerando esculapio, provvido,
non avesse posti gli occhi sovra la sposa ideale.
— Ebbi in cura una donna, egli
confidò a Macario, ricca in ugual misura di pregi fisici e di dote materiale.
Il suo passato fu burrascoso e sconvolto dalle tentazioni. Ma, oggi, essa
appare tanto più degna di stima, in quanto, avendo soggiaciuto al peccato, lo
rinnega e si pente.
— Non dovrò, dunque, turbare
un'anima limpida d'innocenza?, esclamò il pio giovane.
— Oh, no davvero!, rispose il
savio medico.
— Ma non pensi che metterai al
mondo altri peccatori?, insinuò Undimilla vergine e malignetta.
— I miei figli non peccheranno,
ribatté Macario, poiché saranno avviati al bene da morigerati pedagoghi e
protetti dalla vigilanza di una servitù numerosa.
— E non ti procurerà rimorso
l'origine del denaro, apportato dalla tua consorte per sostener la famiglia e
allietare i tuoi ozi?, insistè Undimilla.
— Il denaro, sentenziò solenne
Macario, è impuro soltanto se maneggiato da dita impure.
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