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Nulla è più dolce all'anima
della contemplazione di un oggetto amato e non ancor posseduto. Il desiderio
insoddisfatto stimola la fantasia e circonda di maggior fascino il momento,
sempre meno lontano, in cui ogni brama sarà appagata e i veli
dell'immaginazione, squarciandosi, lascieranno a nudo la realtà. Con questa
trepida beatitudine il bottegaio contempla una pingue borsa di avventore
inesperto, e la ragazza di allegra vita osserva una gemma esposta nella vetrina
dell'orafo: e Macario ammira la prosperosa fidanzata, offertagli da una sorte
benigna.
Rare nubi, subito spazzate via
dal vento della fiducia, turbavano i preparativi di nozze. E potevan, poi,
chiamarsi col nome di nubi i futili episodii, cui una pronta spiegazione
donava, anzi, luminosità solari, aggiungendo nuovi vezzi ai vezzi già numerosi
della promessa sposa? E non occorreva, piuttosto, volger ringraziamenti al
cielo, poiché tali circostanze permettavano a una bocca femminea di proferir
nobili ed austere sentenze, degne dei savii antichi, e virili propositi?
Sorpresa mentre baciava un
signore serio ed anziano, la donna obiettò a Macario:
— Perché ti crucci, invece di
rallietarti? Non comprendi ch'io porgevo un addio al passato? E chi
incarnerebbe il passato meglio di questo rispettabil vegliardo?
Trovata fra le braccia di un
amico del fidanzato, la donna rimbeccò Macario:
— Tributarmi lode dovresti, e
non biasimarmi, poiché mi affidavo con cuore aperto all'ora presente. E chi
incarnerebbe l'ora presente meglio di questo tuo devoto, il quale è, al
postutto, un altro te stesso?
Osservata mentre correva ilare
incontro ad un giovin uomo, così ruppe ogni querimonia sulle labbra di Macario:
— La tua meraviglia dovrebbe
convertirsi in plauso, poich'io correvo fiduciosa incontro all'avvenire. E chi
incarnerebbe l'avvenire meglio di una persona che, con la sua giovinezza,
rappresenti e prometta la felicità?
Le nubi, dunque, dileguavano: e
il sorriso rifioriva subito sul volto del fortunato Macario. In una sola
circostanza, parve che una tempesta, occupando rapida gli orizzonti, stesse per
scoppiare ad infrangere il nodo dell'imeneo e a fulminare il sogno di gioia.
Ciò avvenne allorché, trattandosi in consiglio di famiglia il grave argomento
della cerimonia nuziale, il discorso cadde sovra i fiori di arancio.
— E perché non dovrei
adornarmene?, chiese la fidanzata.
— Ne hai diritto, al pari di
me!, rincalzò Undimilla vergine sfidando col corrucciato sguardo gli
oppositori.
Discordi erano le opinioni: e
gli animi tesi non avrebber, forse, trovato un mezzo per rilassarsi e
incanalare verso un unico sfocio le lor contrastanti energie, se zia Sofonisba
non si fosse, in buon punto, interposta.
— Perché litigare?, ella
domandò. Le nozze esigono i fiori d'arancio. Li abbia, dunque, la sposa: e, se
non potranno esser veri, siano pure di stoffa ritagliata. Così fu composto il
dissidio. E, senza nuove difficoltà, si giunse al giorno del fausto evento.
Tranquilla era la sposa, poiché nulla poteva rimproverare a sé stessa: turbato,
invece, lo sposo, poiché si temeva indegno di possedere un simil tesoro. E,
inoltre, perché, affacciandosi dal finestrino della carrozza, avviata verso il
municipio, vedeva dietro di sé snodarsi una lunga fila di vetture, su ciascuna
delle quali era stata deposta una ricca corona di fiori con larghi nastri neri
o violetti fregiati di caratteri d'oro. Funebre era, veramente, il corteo; e i
fiori eran fiori di tristezza; e su ogni nastro si leggeva:
AL NOSTRO AMORE
CHE MUORE.
Ma, intorno alla mensa nuziale,
i numerosi convitati scacciaron le tetre idee e la melanconia dei ricordi per abbandonarsi
all'onesta letizia, che si addice ad eventi consimili. Invermigliata, se non di
pudore, di ben elaborate creme, la sposa accoglieva i complimenti con un lieve
sorriso, porgendoli subito dopo, con una schietta risata, al consorte. Lo
sciampagna schiumeggiò, infine: e, con esso, schiumeggiarono i brindisi, fitti,
brevi e sonori come gragnuola che batta improvvisa sopra una tettoia di metallo
e ancor più improvvisa si taccia.
— Fortunato te, o sposo, poiché
troverai aperta la via della felicità!, dicevano i commensali alzando il calice
propiziatore.
— Fortunata te, o sposa, poiché
il tuo consorte è simile a Cupido, l'Iddio bendato!
— Avrai, o sposo, una moglie
ubbidiente, poich'ella è donna che non seppe mai dire di no!
— E tu, sposa, adora tuo marito,
poich'egli è già destinato al regno dei cieli!
Ma, allorché Macario e Clorinda,
sua diletta consorte, abbandonata la tavola si avviaron lenti verso la stanza
matrimoniale assieme al commosso gruppo dei famigliari, tutti gli invitati
scoppiarono in pianto: e parve quella, allora, non un'adunata di nozze, bensì
un'accolta di mascoline prefiche, chiamate per una cerimonia mortuaria. Anche
la sposa si volgeva indietro con occhi lacrimosi. Macario, no: e sarebbe stato
pieno di gioia, se non avesse sentito pesargli un poco la fronte.
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