XII
Trascorsi alcuni giorni nelle
beatitudini della luna di miele, sentì Macario il bisogno di aprire, con una
passeggiata, una breve parentesi nel coniugal regime di vita onde poter, poi,
maggiormente assaporare la propria felicità. Aveva, egli, compiuto un picciol
tratto di strada, allorché si vide venire festosamente incontro Beniamino,
giovine amico della consorte.
— Collega emerito, esclamò
costui dopo i convenevoli d'uso, ringrazio il cielo della mia buona ventura,
poiché fremevo dal desiderio di aver notizie del fortunato connubio. Ah,
Clorinda! Quanti rimpianti hai lasciati dietro di te!
— Da molto tempo la conosceva?,
domandò Macario.
— Soltanto da un mese. Ma era
donna generosissima: e, fin dai primi momenti, volle donarmi un ricordo di sé.
Bontà vasta come un oceano, per il quale occorran bravi nuotatori. E, scusi,
caro Macario, la salute va bene!?
— Qualche mal di testa; ma, in
complesso non mi lamento.
— Uhm! Uhm! Può accendere un
cero. Ma è verità sacrosanta che la fortuna càpita sempre a chi meno la merita.
E, con questa frase un po'
oscura, Beniamino si accomiatò.
Macario, riprendendo il cammino,
almanaccava intorno alle parole del giovane e si struggeva di cavarne un
qualche significato. Però, dovette presto interrompere le tormentose
meditazioni sentendosi afferrare e stringer con forza le mani da un uomo d'età
matura, che avea nome Clemente ed era buon amico della sposa novella.
— Collega incommensurabile, urlò
costui, che piacevole combinazione! Avrei data qualunque cosa per sapere come
vanno le faccende matrimoniali. Ah, Clorinda! Quante dolci memorie risveglia il
tuo solo nome!
— La conosceva da un pezzo?,
chiese Macario.
— Da un anno appena. Ma era
donna generosissima: e, fin dai primi giorni, volle donarmi un ricordo di sé.
Bontà senza fondo come un oceano, per il quale occorrano eccellenti palombari.
E, dica, caro Macario, come va la salute?
— Qualche dolore qui, al capo,
per il resto, egregiamente.
— Uomo fortunato! Diavolo d'un
uomo, che è riuscito a cavarsela!
E s'allontanò frettoloso,
lasciando Macario immerso in cupa perplessità. Ma ecco, in buon punto, un altro
caldo saluto, biascicato fra i pochi denti dal vecchio Mardocheo, sviscerato
amico di Clorinda.
— Collega benemerito, cincischiò
il vegliardo, come son lieto di questo incontro! Avevo proprio necessità di
sapere in qual modo sono andate le cose. Ah, Clorinda! Che conforto eri per
questi miei ultimi anni di vita!
— La conosceva da molto?,
domandò Macario.
— Da molto, sì. Donna
generosissima. Rammento che, fin dai primi tempi della nostra amicizia, volle
lasciarmi un suo cocente ricordo. Ed ella, caro Macario, come sta di salute?
— Non per vantarmi, ma mi sento
forte come un toro.
— Capisco! Capisco! Savio
paragone! Ma bisogna proprio credere ch'ella sia nato con la camicia!
— Perché, scusi?
— Perché... perché... ha una
moglie dalla bontà smisurata come l'oceano. Birbante d'un Macario, che è
riuscito a rimanersene a galla!
— Cioè?
— Niente! Un'idea! Già, le
zucche non affondano mai!
E il buon vecchio se ne andò
scuotendo la testa, mentre Macario chiedeva ansiosamente a sé stesso qual senso
racchiudessero le parole enigmatiche.
Ma, trascorso qualche altro
giorno, un misterioso focherello si accese nel corporeo involucro dello sposo
e, a poco a poco, lo riscaldò in modo da arroventare anche l'anima,
riempiendola di paure e di dubbi.
— Sarebbe, questa, una punizione
dei miei peccati?, gemeva Macario: e le fiamme dell'inferno comincierebbero la
lor opera di giustizia dove, appunto, fu commessa la colpa?
Ma il venerando esculapio,
chinati gli occhi e gli occhiali a un diligente esame, sentenziò:
— Questo non è brucior
demoniaco, bensì segno di ubbidienza alle leggi ed ai testi, i quali impongono
che i beni di ciascun coniuge siano messi in comune con l'altro.
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