XIII
Il primo litigio fra i due sposi
scoppiò per più gravi motivi, che non fosser quelli della comunione dei beni.
Clorinda, di fatti, mostrandosi insofferente del coniugal giogo, obbligò un
giorno Macario a rammentarle i sacri giuramenti.
— Donna, tu ubbidirai a tuo
marito.
— E chi mi costringerà a
ubbidire?, ribatté ella a pugni stretti.
— L'autorità, impartitami dalla legge, disse solenne
Macario.
E, compilato in laboriose veglie
un programma, ove l'antica saggezza rifulgesse e fosser racchiuse le
fondamentali norme per ogni sposa dabbene, lo presentò trionfalmente alla
moglie.
Così era formulato il programma:
Umile e contrita, Clorinda si
adoprò subito per trasformare in realtà l'ideale programma saviamente
interpretato.
— Senti che buon caffè e latte,
disse lieta al consorte.
— Ottimo, sì! Ma questi panini
son duri ai denti e spalmati di burro ormai rancido.
— E come potevo io, o caro,
sorvegliare la preparazione dei panini mentre vigilavo su quella del caffè e
latte?
E Macario non ribatté sillaba.
— Vedi com'è riassettata e linda
la nostra camera?,disse lieta la donna.
— Sì, certo! Ma cumuli di polverume
e confusione di mobili rendono inabitabile il resto dell'appartamento.
— E come potevo io, o caro,
occuparmi delle altre stanze mentre mi dedicavo alla camera
nostra?
E Macario non ribatté sillaba.
— Buon pranzetto ti ho
preparato, o sposino, disse lieta la donna.
— Appetitoso veramente! Ma
perché la tovaglia è sconciamente macchiata e i bicchieri e i piatti putiscon
di rifrescume?
— E come potevo, o caro, badare
all'apparecchiamento della mensa mentre ero intenta a guardare i fornelli?
E Macario non ribatté sillaba.
— Guarda che lucide coppe e che
terse porcellane, disse lieta la donna.
— Lucide e terse davvero! Ma,
nella cantina, ho trovato molte bottiglie infrante e una spina aperta in modo
da lasciar esangue il barile.
— E come volevi, o caro, ch'io
mi trovassi in cantina mentre sorvegliavo premurosa la rigovernatura?
E Macario non ribatté sillaba.
— Osserva con quale garbo è
stata ricucita e rattoppata la biancheria, disse lieta la donna.
— Con garbo, certo. Ma brutali
colpi di ferro hanno contaminato e bruciacchiato il candore delle camicie.
— E come potevo, o caro,
vigilare sulla servitù, che stirava, mentre seguivo con meticoloso occhio
l'opera delle rammendatrici?
E Macario non ribatté sillaba.
— Contempla, o caro, il dolce
crocchio di amiche, ch'io seppi qui radunare, disse lieta la donna.
— Dove hai scovate così laide befane? Non in una casa
onorata mi par d'essere, bensì sotto il noce del Sabba! E quale brusìo
insopportabile! Che fuoco di fila di chiacchiericci e di pettegolezzi! Perché,
poi, sogghignano in codesto modo, guardandomi? Sfacciate! Streghe! Guai a te,
se le riceverai ancora una volta!
— E chi dovrò ricevere, se le
mie amiche son queste, e tu mi proibisci gli amici?
Macario aggrottò i sopraccigli,
ma tacque.
— La cena, almeno, ti sembrerà
squisita!, disse lietamente la donna.
— Ma con quale gusto potrei
mangiare, se rivoli di formiche hanno invasa la mensa e minacciano di sfociare
nei piatti?
— E come pretendi, o caro, ch'io
m'occupi delle formiche, mentre sono segregata in cucina? E Macario non ribatté
sillaba.
— Ora sarai contento, o caro,
disse lieta la donna, poiché ti trovi fra i tuoi famigliari, sotto la mite
lampada serotina.
— Sì, rispose Macario,
sbadigliando. Ma com'è noiosa zia Sofonisba con le sue eterne querimonie per le
fantesche introvabili! E com'è irritante la cugina Undimilla con le sue
condoglianze per lo smagrimento e il pallor del mio viso!
— Che vuoi tu, dunque?, ribatté
pronta Clorinda. Vuoi che, rovesciato il programma, io accudisca ai panini
imburrati e alla cantina e alle formiche e riceva uomini soli e, di sera,
chiuda l'uscio sul naso della pingue zia Sofonisba e di Undimilla vergine?
— Per amor del cielo!, supplicò disperato Macario. Berrei
latte acido e mangerei, nel rifrescume, pietanze bruciate: e vedrei sogghignar
diavoli maschi anziché streghe femmine, e mi farei strappare i capelli da zia
Sofonisba e cavar gli occhi dalla cugina Undimilla! No! No! Basta con i
programmi! E, da qui innanzi, ciascuno pensi a sé stesso, lasciando al cielo la
cura di pensare poi a tutti.
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