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Pierangelo Baratono
Il beato Macario

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  • La vita esemplare
    • XVI
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La vita esemplare

XVI

 

Esule dal domestico, tetto, Macario deliberò di condurre vita esemplare e specchiata, che servisse di rimproccio e monito non soltanto per la consorte, ma bensì per ogni altro, se anche indurito, peccatore e aprisse di tal modo la strada ad un pio ravvedimento. Necessitava, dunque, combattere ciascun vizio con l'arma della contrapposta virtù. E poiché Clorinda, ricettacolo di tutti i vizi, era maldicente e prodiga e intemperante nei cibi e sfarzosa nelle vesti e orgogliosa e violenta e volubile e menzognera e di costumi liberi e di caldo temperamento, egli avrebbe indotte le di lei guance a tingersi di un color vermiglio, non dovuto a ben elaborate creme, mostrandole col proprio esempio quale ubbidienza si debba ai dettami, raccolti in questo nuovo Decalogo:

 

Non parlar male del tuo prossimo.

Spendi parsimonioso il denaro.

Sii parco nel nutrirti.

Sii modesto nell'abbigliamento.

Non dimostrare superbia.

Non trascendere con la voce o i gesti.

Sii costante nei propositi.

Sii verace nei discorsi.

Fuggi l'impudicizia.

Non cedere alla lussuria.

 

Trovato asilo di pace e vitto casalingo mercè un annuncio economico, inserito nelle gazzette da una perspicace affittacamere, Macario comperò un'effemeride in forma di taccuino, sulla quale avrebbe segnato, per proprio disdoro e se l'anima non si fosse tenuta all'altezza dei principii adottati, ogni fallo commesso contro la sacra tavola delle Dieci Leggi. E tranquilli sarebbero scorsi i giorni nella casa dell'affittacamere se costei, ancor belloccia quantunque non più sul fiore degli anni, avesse rispettata la norma, che regge ogni civile consorzio e che si chiama Giustizia. Abitava e si nutriva, di fatti, in quel medesimo loco un giovane dal copioso ciuffo spavaldo e dai boriosi modi, il quale era oggetto di specialissime cure da parte della donna. Ora, la sua camera, riassettata con ogni diligenza, mostrava lucenti mobili e terso pavimento: e sovra il letto, adorno di vistosa coperta, biancheggiava il rimbocco di linde lenzuola. La stanza di Macario, invece, aveva veli di polvere ovunque: e, sul negletto giaciglio, una coperta ragnata nascondeva grigie pungenti telerie. A mensa, poi, saporite minestre e bocconcini prelibati rallietavano la golosità del pensionante dal ciuffo: ma torbide brodaglie e ascetici lessi lasciavano scontento e non sazio l'appetito di Macario. Così piccola era la profenda e così grande lo stimolo, da indurre il martire affamato a visitar, di nottetempo, la dispensa per chiedere a qualche dimenticato pezzo di pane un momentaneo sollievo.

Fu, appunto, in grazia di queste escursioni notturne ch'egli, passando lieve davanti alla camera della donna, comprese il motivo del trattamento diverso. Ma, come uomo pio, deliberò fra sé e sé:

— Niuna parola incauta o biasimatrice sfuggirà dalle mie labbra. E d'altra parte, quale certezza ho che costei sospiri per opere diaboliche piuttosto che per estasi angeliche?

Una notte, mentr'egli stava con l'orecchio incollato alla porta dei gemiti onde discernere se questi fossero di natura schiva d'ogni estraneo intervento o intervento dottorale implorassero, sopraggiunse , a passi di lupo, la servetta. Era, questa, una vispa fanciulla, se ben trasandata negli abiti: e, in quel momento, balzata di furia dal letticciuolo per risolvere, certo, lo stesso problema, da cui appariva tormentato Macario, avea i panni ridotti alla lor minima efficienza. L'uno e l'altra volevano, con pari gentilezza, ritrarsi; ma, aumentando i rumori dall'interno, ansiosa sollecitudine spinse entrambi a condividere i disagi e le noie della veglia. Fosse risultato dei sospiri o di sfioramenti tra chioma e chioma o di altre consimili bazzecole, certo è che Macario si trovò a contatto con la minima efficienza dei panni proprio nel momento, in cui la porta si spalancava di colpo.

— Ah, vilissimo uomo!, urlò l'affittacamere apparendo sul limitare, avevi chiesto, dunque, ospitalità e cibo per macchiare quell'innocente colomba? E il mantello di virtù, in cui ti avvolgevi, era semplice polvere per gli occhi dei gonzi? Ma io ti svergognerò, o ipocrita!

Acconsento, ribatté Macario: a condizione, però, ch'io possa, prima, accertarmi s'eri tu, che gemevi, oppure il tuo pagliericcio.

Poi, corse a chiudersi nella propria stanza e, tra lacrime di pentimento, scrisse sul taccuino:

«Ho calunniato un pagliericcio e disubbidito alla Legge».




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