Benedette le donne, poiché sovra
le loro labbra — davanzali per il geranio del cuore — fiorisce la verità. E
qual sede più acconcia avrebbe la verità, di quella offerta dall'amabile sesso?
Non è, essa, nuda? E che altro chiedono le donne, se non di mostrarsi a nudo?
Non vive, essa, in un profondo pozzo? E non sono profonde, come i pozzi, le
donne? Non è, forse, la verità, il segno manifesto di una gran fede? E quale
fede appare grande e incrollabile al pari di quella, riposta dalle donne nei
lor proprii vezzi e parole?
Unica, Clorinda, avea tralignato
e, con la sua propensione a spacciare bugie, recato offesa e disdoro al sesso,
cui pur apparteneva.
Macario, ricordando, si
afforzava sempre più nel proposito di evitar, come peste, la menzogna. Perciò,
gli uomini tormentati dal dubbio ricorrevano a lui onde sciogliere i bendaggi,
dai quali l'anima era fasciata.
— O Macario, il mio amico
migliore mi colma di elogi e con magniloquenza esalta le mie virtù e fattezze.
Ma posso reputarlo veracemente sincero?
— Il tuo amico migliore
commentò, in crocchio arguto, lo sviluppo del tuo naso e la rilassatezza dei
tuoi costumi, e concluse: «Egli è elefante nella proboscide, ma, nel rimanente
del corpo, suino».
— O Macario, il maggior
gazzettiere della città scrisse un sagace articolo esaltando l'arte e i pregi
del mio ultimo libro. Ma la sua stima è veracemente profonda?
— Il maggior gazzettiere della
città disse, in un crocchio di savii, che il tuo libro contiene solo tre pagine
interessanti e una sola parola piacevole a leggersi: le tre pagine bianche e la
parola «fine».
— O Macario, la mia consorte
arde di amore per me e di continuo manifesta, nei più svariati modi, questa sua
sviscerata affezione. Ma poss'io veramente fidarmi?
— Vidi tua moglie a colloquio
con un giovane, in una strada appartata; e, passando d'accanto, udii che diceva:
«Mio marito, quando parla, raglia, gracida quando s'intenerisce e, nell'amore,
è marmotta».
Sconvolti e lacrimanti uscivano
i consultatori dalla casa di Macario. E in essa, quasi subito, irrompevano gli
amici migliori e i gazzettieri e le consorti. Tuttavia il martire, senza
preoccuparsi delle appariscenti tracce, lasciate sulle sue guance, né delle
vaste radure, aperte nella sua chioma da mani vendicatrici, continuava
imperterrito nella propria missione.
In un appartamento contiguo,
abitavano una madre e una figlia. La madre, donna di media età, trotterellava
per le strade, rincasando di tempo in tempo assieme a compiti e sempre variati
uomini. E la figlia riaccompagnava, poi, gentilmente fino alla porta i
visitatori. Un giorno pervenne a Macario una lettera così concepita:
«O uomo pio, le tue vicine di
alloggio, conoscendoti così virtuoso e verace e soffrendo gravi incertezze nei
riguardi della lor vita, supplicano che tu, benigno, sciolga ogni dubbio col
dire alla madre e alla figlia qual nome abbia la lor professione».
Macario, con mano ferma, scrisse
sotto la lettera due parole, firmò e rimandò la missiva.
Ma, alla seguente alba, fu
svegliato da fieri colpi sull'uscio. E, dato il passo, si vide porgere da un
tetro uomo un foglietto, dal quale si deduceva che «visti e considerati i
documenti ecc. e udite le parti lese» il pio martire era chiamato a rispondere
di ingiurie e di diffamazione.
Esperti legulei accorsero a
porgere consiglio. Ma, esaminato il caso e fatte le debite ponderazioni, ognuno
scrollava melanconicamente la testa, guardando volta a volta Macario e la
cassa-forte, nella quale egli avea riposta e teneva ben custodita la pecunia.
Ed ecco giungere il momento fatale; ecco il reo presentarsi, dimagrito e
perplesso, innanzi al magistrato.
— O uomo, che cosa avete da dire
in vostra discolpa?
Macario guarda le accusatrici,
esita, poi con impeto risponde:
— Nessuna ingiuria ho scritta. E
la mia colpa, giuro, fu semplice colpa di omissione.
— Come spiegate, dunque, o uomo,
l'epiteto rivolto alla madre?
— Volevo definirla, giuro: donna
mezzana di età.
— E come giustificate l'epiteto
rivolto alla figlia?
— Volevo chiamarla, giuro:
fanciulla degna, per i modi e la leggiadria, di vivere in Corte.
E, tornato a casa, davanti alla cassa-forte
ormai salva, scrisse sull'effemeride:
«Ho pronunciato due menzogne; e
non sono stato punito».
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