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Felice Venosta
I toscani a Curtatone e a Montanara

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  • XII
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XII

 

Per dodici anni l'Italia fu immersa nel lutto; vi fu un istante, nel 1849, in cui essa sperò risorgere a nuova vita; ma i generosi conati venivano dappertutto vinti dai soldati dell'oppressione. E la feroce reazione scatenavasi; mentre imprigionava o cacciava in esilio quanti rei fossero d'amare la patria, muoveva pur guerra alle ossa dei morti. Fra i tanti fatti, non crediamo doverne tacere uno inaudito, avvenuto nella gentile Firenze dopo che il Granduca fu rinsediato al potere.

Ai 29 maggio 1851, quando i cittadini di ogni ceto e d'ogni età gremivano il tempio di Santa Croce per pregare alla memoria dei fratelli, morti in quel glorioso dì sui campi di Lombardia, una masnada di sgherri, uscita d'improvviso dai sotterranei, ove s'era per tempissimo accovacciata, invase la casa del Signore, fece fuoco sugli inermi preganti, contaminò il luogo sacro, e produsse un tumulto pieno di spavento e di pericolo. Poscia furono tolte le tavole di bronzo, le quali per opera dei generosi cittadini passarono, in copia, nel palazzo municipale a Torino. Anco a Pistoia la lapide dei Martiri venne tolta dal suo luogo. Da questa proscrizione di morti scamparono per obblio degli infami persecutori solo quelli del camposanto di Pisa e quelli di Poggibonsi.

E le cose così perdurarono sino a che le mutazioni, prodotte dal 27 aprile del 1859, non redense le terre toscane. A Pistoia, alle ore quattro pomeridiane di quello stesso giorno, non appena si seppe del rivolgimento accaduto a Firenze, il popolo accorse in folla sulla Piazza del Duomo e chiese che la pietra dei Martiri fosse ricollocata al suo luogo d'onore. A Firenze, il giorno 28 dal governo provvisorio venne pubblicato il seguente decreto:

 

Il Governo Provvisorio Toscano.

 

Al Tempio nel quale si adunano tante glorie italiane una sola gloria e la maggiore mancava, la gloria del sangue versato per la Patria.

Nel 1848 quando fu per la prima volta concesso agl'Italiani di morire per l'Italia, i nomi dei morti nella Guerra combattuta per l'Indipendenza d'Italia, incisi sopra tavole di bronzo, furono esposti in Santa Croce.

E poi, quando il dominio straniero non contento di averci ogni cosa rapita, volle anche rapirci le memorie e gli affetti, quelle tavole furono tolte alla pubblica venerazione, e nascoste in una fortezza, per esservi custodite da soldati austriaci, che allora la occupavano.

Il Governo Provvisorio Toscano, volendo e dovendo dare una pronta riparazione al sentimento nazionale oltraggiato, tra i primi suoi atti emana le seguenti disposizioni:

Art. 1. Le Tavole di Bronzo, nelle quali si leggono i nomi dei morti per la Patria nella Guerra della Indipendenza combattuta nel 1848, saranno immediatamente riposte al luogo che prima occupavano nella chiesa di Santa Croce.

Art. 2. Una solenne Commemorazione funebre sarà celebrata ogni anno, a spese pubbliche, nella chiesa di Santa Croce il giorno 29 maggio, anniversario della battaglia di Curtatone e Montanara.

 

Dato in Firenze il 28 aprile 1859.

 

Cav. Ubaldino Peruzzi

Avv. Vincenzo Malenchini

Magg. Alessandro Danzini

 

Per cui nella chiesa di Santa Croce, il Panteon di Firenze — ove i suoi più grandi uomini riposano fra la pubblica venerazione, — il 29 maggio 1859 celebrossi solenne festa; e il popolo, accorso in gran folla, rese solenni onori di preci e di pianto ai morti per la patria. «Il tempio era adorno, scrive il Vannucci, come si addiceva alla santa commemorazione. Nel mezzo era il catafalco a tre ripiani coperto di nero, tranne la parte superiore in cui eran dipinti dal Sanesi i fatti di Curtatone e di Montanara. Al disopra, l'urna con immensa ghirlanda tricolore. Nel primo imbasamento quattro grandi candelabri, e in terra quattro gruppi di fucili corrispondenti agli angoli: poi tamburi, palle e pistole da tutti i lati, e due cannoni dalla parte riguardante l'ingresso. Nel secondo ripiano altri quattro candelabri, e nelle quattro colonne coperte di nero, cartelli con iscrizioni, intrecciate di bandiere e coronati di alloro. Bandiere anche ai trofei dei fucili e ai candelabri. Fra il catafalco e l'altar maggiore era la statua d'Italia del Cambi, a mani alzate, con due corone nell'atto di offrirle a Dio. Alto tra la statua e il tumulo una bandiera pendente, a stendardo, nera, con iscrizioni bianche. Le due tavole di bronzo coi nomi dei morti erano piene di corone d'alloro, di bandiere e trofei. Bandiere ad ogni arco e a ogni capitello della navata principale. Le iscrizioni composte da Luigi Muzzi ricordavano eloquentemente la storia dei prodi caduti a difesa d'Italia e la venerazione che loro si deve. La festa riuscì splendidissima come conveniva alla santità dell'idea e degli affetti a cui era dedicata. Belle le armonie musicali dirette dai nostri più valorosi maestri: eloquenti, pie e generose le parole dette del canonico Novelli. Tutti gli astanti ne rimasero profondamente commossi, e da questa mesta cerimonia trassero eccitamento e forza alle nuove battaglie che allora preparavansi contro quel medesimo nemico di cui furon vittima i morti del 29 maggio.»

 

FINE




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