SANTA
FORTUNULA.
Bonum certamen certavi.
(Tim. II.
4.7).
Ed a te pur, Fortunula immortale,
La fronte mia s'atterra.
Deh! chi sarà che ne
discopra quale
Vivesti in sulla terra?
Nulla di te sappiam, fuorchè il bel nome
E la tomba che il porta,
E a chiari indizi di
martirio, come
Per nostra fè sei morta.
L'ossa inadulte e il teschio venerando
Sembran dir che donzella
Eri trilustre, allor che
iniquo brando
Svenò tua salma bella.
Forse del padre e della madre amata
Che per Gesù moriro,
Piangendo sul sepolcro,
indi infiammata
Sentivi te al martiro;
Nè senza loro, e senza il paradiso
Più viver, no, potesti,
E magnanima gl'idoli hai
deriso,
Ed ai leon corresti.
Forse malgrado genitori insani
Che con minacce e grida,
E con tenere lagrime e
con vani
Spregi voleanti infida,
Dal lor sen con angoscia ti strappavi
Per abbracciar la Croce,
E spirando al battesmo li
invitavi
Con amorosa voce.
E forse allora e padre e genitrice
Commossi al detto caro,
Sclamavan: «Siam
cristiani!» e la cervice
Porgeano all'empio
acciaro.
E forse della vergine alla morte,
Tal, che sue nozze
ambìa,
Eternamente farsi a lei
consorte
Volle, e con lei morìa.
Noi pure eternamente in ciel vederti,
O vergin, sospiriamo,
E il pregarti n'è gioia,
ed esser certi
Che in te un'amica
abbiamo.
Due menti pie tua spoglia hanno raccolta
E tratta a queste
sponde,
Ambe quell'alme a te devote
ascolta,
E sien per te gioconde.
E chiunque a Fortunula s'inchina
Gentile ottenga un core
Che lieto porti alla
beltà divina
Immensurato amore!
E le afflitte, scampate appo quest'ara
Dalle mondane frodi,
Obbliin lor pene,
celebrando a gara
Di te, di Dio le lodi.
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