LA
REDENZIONE.
Bibite ex eo omnes.
(Matth.
26,27.)
Uom, chi sei? Non t'inganni l'argilla
Ov'hai stigma
d'obbrobrio e di morte.
In quel fral maledetto
sfavilla
Una luce che a Dio
somigliò.
Spaventosa e sublime
parola!
Dio nell'uom crea di
luce uno spirto,
Che dovunque Dio s'alzi
trasvola,
Che l'abbraccia, che in
lui tutto può.
Antichissima colpa ed oscura
Dal felice cospetto del
Padre
Quell'altissima un dì
creatura
Discacciò, preda a vermi
e dolor.
Disputar colle belve la
terra
L'uom fu visto, alle
belve agguagliato;
Gli elementi gli mossero
guerra,
Nulla il vinse: egli
grande era ancor.
Ma più grande il fe' guardo d'amore
Ch'ei pentito osò
volgere al cielo:
Da quel guardo fu preso
il Signore,
Scese un giorno, e
coll'uomo s'unì.
Non fu tolta alla colpa
ogni pena
Per giudizio ineffabil
del Santo,
Ma la coppa del duol
fu ripiena
Di quel Dio che
coll'uomo patì.
Da quel giorno s'inchina al mortale
Ogni mente che inchinisi
a Dio,
Perch'entrambe con palpito
eguale
Condivisero gaudio e
martìr.
Da quel giorno gli
spirti del cielo,
Cui straniera fu sempre
sventura,
Santa invidia portaro
all'anelo
Che per Dio può con
gioia morir.
Dal suo abisso l'eterno perduto
Leva il capo, e con
perfido ghigno
Grida: - Vieni, o tu
forte caduto!
A me vieni, io de' forti
son re!
E il fellon nega un Dio
salvatore;
Ma il mortale a
quell'empio risponde:
- Sento ignota virtù nel
dolore,
Ciò mi svela che il
Provvido v'è!
Sì, v'è Dio, l'adorabile, il forte!
Fatto l'uom a sua
immagine avea:
Ei dell'uom meritevol di
morte
Fessi immagine, e a sè
il rïunì.
Oh magnanimo, a tanta
bassezza
Sceso sei per restarne
vicino!
Più non nuoce, no,
morte, se spezza
L'incantesmo che a te ne
rapì.
Oh mio Dio! più di morte, crudele
È il dolor che dividemi
il core,
Ma il dolor convertì
l'infedele,
Anco i giusti migliora
il dolor.
Vero è il fatto,
innegabil, tremendo:
Non v'è in terra virtù
senza pianto.
Ecco il seno: ah! ch'io
t'ami piangendo!
Ecco il lacera, il
lacera ancor!
Benchè al misero umano intelletto
Sollevar non sia dato
quel velo,
Onde piace a colui ch'è
perfetto
Di sue vie le cagioni
coprir,
Pur traspar sapïenza
divina,
Tra la nube dell'alto
mistero,
In quel lutto che
l'anime affina,
In quel Dio che per noi
vuol morir;
In quel nobile amor d'un fratello
Che patisce per empi
fratelli;
In quel gran, di
giustizia, modello
Che ad un tempo è
increato e mortal!
In quel senno che sembra
follia,
Ed è stimolo a somme
virtudi,
Che qual ombra fugò
idolatria,
Che fra tutti i nemici
preval!
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