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Silvio Pellico
Poesie inedite

IntraText CT - Lettura del testo

  • VOLUME PRIMO.
    • LA PATRIA.   In Deo faciemus virtutem (Ps. 107. 14).
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LA PATRIA.

 

In Deo faciemus virtutem

(Ps. 107. 14).

 

 

Oh dolce patria! oh come

Balza de' forti il core al tuo bel nome!

Stimolo a generosi atti è desìo

Ch'ella in senno e virtù splenda felice:

La voce che nel dice,

Voce è di carità, voce è d'Iddio!

 

Ma tu che in fondo al core

Tutti gli arcani miei leggi, o Signore,

Tu sai che l'amor patrio, onde mi vanto,

Non è superba frenesìa di guerra,

Perchè di sangue e pianto,

A nome d'equità, grondi la terra.

 

Neppure a' lontani

Quando me travolvean disegni insani,

Quando far forza ai casi ambito avrei,

Sì che a' brandi stranieri onta tornasse,

Con chi gli altari odiasse

Affratellato io mai non mi sarei.

 

Veggio con ira e sprezzo

Color che tutto giorno osan, dal lezzo

Del vizio che li ammorba, alzar la destra,

E, brandendo il pugnal del masnadiero,

Chiamar cittadin vero

Chi a lor perfida scuola s'ammaestra.

 

Del santo patrio affetto

Gl'ipocriti son dessi! In uman petto,

Ove sì di pietà luce s'abbui,

Non arde fiamma di virtù sublime:

Son desse l'alme prime

Che, s'uom pagarle vuol, vendono altrui.

 

Amara esperïenza

Mostrommi ch'ove somma è vïolenza

Di feroce linguaggio, ivi s'asconde

Mal fermo spirto, prono a codardìa:

Sol l'alme vereconde

Spiegan ne' buoni intenti alta energìa.

 

Fida a virtù la mente

Colui perchè terrìa che Iddio non sente?

Anco in età pagane i veri forti,

Che opraron per la patria atti mirandi,

Chiedeano al ciel le sorti,

E per religïon divenian grandi.

 

Ad onorar l'avita

Terra chi meglio di Gesù ne invita?

Di Gesù che ne impon fraterno amore!

Che ne impon di giustizia ardente zelo!

Che accenna premio il cielo

A chi pel comun ben respira e muore!

 

Gagliarda ira tremenda

Serbiam pel che a provocarne scenda

La burbanzosa avidità straniera:

Del Prence e della Patria allora a scampo,

Precipitiamo in campo

Col grido invitto: - «Si trionfi o pera

 

Accostin core a core

Intanto pace, e begli studi, e amore!

Chè troppo già da fazïoni stolte,

Di perpetua ingiustizia eccitatrici,

Fur l'Itale pendici

In lutto e sangue ed ignominia avvolte.

 

L'estera invidia, quando

Nostre glorie natìe vien visitando,

Gli odii scorge, ed applaude alla maligna

Fraterna gara, promettendo aiuti;

E poi quando abbattuti

Siam da discordia, ci disprezza e ghigna.

 

Non c'illudiam fra sogni,

Onde lo spirto desto indi vergogni:

Ma ai circondanti popoli mostriamo,

Che in tutte fasi di grandezze umane

Grandezza in noi rimane,

Dacchè al vero ed al bel sempre aspiriamo.

 

Al vero e al bello sempre

Aspiri chi sortiva itale tempre!

Splendidissima a noi traccia segnaro

Que' glorïosi, onde la sacra polve

Tutte le glebe involve

Di questo suolo, al cielo e a noi sì caro!

 

Penisola gentile,

Che sovra il mondo pria la signorile

Spada gran tempo trionfando alzasti,

E sebben misto a lutti inevitati,

Sui barbari domati

Ampio tesor di civiltà versasti!

 

Penisola stupenda,

Non nelle gioie sol, ma in sorte orrenda,

Poichè per le tue colpe un prorotti

Venti concordi popoli a vendetta,

Da te fra lacci stretta

Furo a degne arti, e al vero Dio condotti!

 

Penisola divina,

Che dell'antico imper dalla rovina

Così sorgesti, come pronto sorge

Sopraffatto da pargoli un adulto,

Che, ad onta dell'insulto,

Maestra mano ai dissennati porge!

 

Penisola, ove siede

Inconcussa da turbini la fede,

Sì che per quanto annoveriamo estesi

Della redenta umana stirpe i regni,

Ognor ne' retti ingegni

Da te i lumi del ver tornaro accesi!

 

Sembra per te il Signore

Più che per altre terre arder d'amore!

Sembra nelle tue dolci aure più vago

Emanar de' suoi cieli il bel sorriso;

Sembra del Paradiso

Volerti Iddio sovra quest'orbe imago!

 

Sugli emuli tranquilla

Rivolgi pur la tua regal pupilla.

Or quel popolo or questo andare altero

Può primeggiando in forza d'auro o ferri:

Pur non ve n'ha che atterri

Il tuo sublime sulle menti impero.

 

Se altrove è maledetta

L'alma che striscia come serpe abbietta,

L'alma che sorda a' grandi esempli aviti,

Incurante di senno e di decoro,

Serva si fa a coloro

Che a sedurre e predar vengon suoi liti;

 

Quanto più reo non fora

Chi, aperti gli occhi sotto Itala aurora,

A patria di magnanimi cotanta

Non sacrasse altamente opra e desìo!

Il popol siam di Dio;

Stampiam nostr'orme nella via più santa!

 

 

 




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