IL
VOTO A MARIA.
Deinde dicit discipulo:
«Ecce mater tua».
(Ioh. 19.
27).
Serpeggiava il malefico elemento
Cui dal Gange svolgea l'ira
divina,
E, recato per l'aer
morte e spavento,
Pur la dolce assalìa
sponda Taurina:
Dalla nostra città
s'alzò un lamento
Alla Vergin, cui terra e
ciel s'inchina;
E come gli avi già
correano ad essa,
Corremmo a lei colla
fidanza istessa.
Sciolto è il voto, innalzata è la Colonna,
Che, or volge un anno,
il cittadin fervore
Imprometteva alla
superna Donna,
Deprecando l'orribile
malore:
Speranza in lei vieppiù
di noi s'indonna,
Dacchè prova ci diè
somma d'amore:
Venne l'indica lue,
tremenda apparve,
Ma al cenno di Maria
sedossi e sparve.
Ah! questo monumento una incessante
Sarà preghiera delle
nostre schiatte!
Ei rammenterà sempre al
vïandante
L'inclite grazie che a
Taurin son fatte.
Ve' l'immagin di Lei col
Figlio amante,
Ch'orgoglio umano ed uman'ira
abbatte!
Deh! nessun passi mai
per questa via
Che il cor non alzi ver
Gesù e Maria!
O Regina del Ciel, non è sgombrata
La fera lue da tutti i
nostri lidi!
Piange al flagel Dertona
sconsolata,
E d'altre sponde a te
s'elevan gridi:
Pietà di loro! e sia
Taurin salvata!
Chiedi al Signor che a
lui viviam più fidi;
Digli che il vuoi; le
menti in noi migliora,
E il figlio tuo
benediranne allora!
Deh, ci ottieni ogni don, ma più virtute
Di fraterna concordia e
d'intelletto!
Qui l'alme vili sien di
gloria mute,
Qui del bello e del ver
splenda l'affetto!
Qui insidie di stranier
non sien tessute,
Qui sia armonia di
Prence e di soggetto!
Qui in pace o in guerra,
in giubilo od in pianto
Stiane Maria
sospitatrice accanto!
Tu, dopo il Dio che s'umano in tuo seno,
Sei l'Ente più benefico
del mondo;
La nobil Eva in cui non
fu veleno;
La vincitrice dello
spirto immondo;
L'umano cor che al divin
Rege appieno
Gradì, perchè in amar fu
il più profondo:
Tu sei la donna in sua
perfetta altezza;
Degli Angioli e di Dio sei
l'allegrezza!
Invan sonò in più secoli, ed invano
Sonerà ancor di cieche
menti il riso,
Che il bel culto a Maria
chiamano insano:
Noi la Donna onoriam del
Paradiso;
Noi giubiliam che il
Reggitor sovrano
Volgane, in braccio a
lei, clemente viso;
Noi sentiamo l'incanto
celestiale
D'aver madre una madre
al Dio immortale!
Quindi risponderemo all'infelice
Che corruccioso ti
sogguarda e ghigna:
«Degli avi nostri fu
consolatrice,
E nostr'umile pianto udì
benigna!
Divine cose il nome suo
ne dice;
Per esso in noi più
cavitarie alligna!
Non sappiamo amar Dio
fuorchè con Quella,
Che per noi l'ha nodrito
a sua mammella!»
Che sono i monumenti? Iddio non chiede
Statue e colonne, ma
infiammati cuori.
È ver, ma i sacri segni
alzan la fede;
Gridan d'età in etade: «Il
Ciel s'onori!»
Nobilitan le vie
dov'hanno sede;
Collegano i nepoti a'
lor maggiori;
Son degl'ingegni
sconfortati al guardo,
Qual movente a
bell'opre, alto stendardo.
Or questo novo segno al vicin tempio
Appellerà ogni giorno i
passeggieri:
Quivi la maestà, quivi
l'esempio
Degl'incessanti aneliti
sinceri,
Ad ossequio talor
costringon l'empio,
L'invaghiscon talor de'
pii misteri;
E s'egli te, Madre
d'afflitti, implora,
Il miri, il tocchi, - ed
è tuo figlio ancora!
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