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Silvio Pellico Poesie inedite IntraText CT - Lettura del testo |
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MESTIZIA.
In eo enim in quo passus est ipse et tentatus, potens est et eis qui tentantur auxiliari. (Ep. ad Hebr. 2. 18).
Ah, nell'uom non v'è possa costante! E quell'io che poc'anzi era forte; Di repente in mestizia di morte Sento l'alma di novo languir! Grave incarco per me stesso Portar so di giorni amari, Ma pacato de' miei cari Ricordar non so il martìr.
Questa almen, questa grazia dimando Nell'affanno che oppresso mi tiene, Che del mio Federico alle pene Talor possa conforto versar: Ch'io tal volta ridir possa A quel mesto amico mio, Che per lui non cesso a Dio Preci e gemiti alternar.
Ma nessuno a mia brama risponde! Passan gli anni, e chi sa se frattanto Quell'amato i suoi giorni di pianto Sulla terra strascini tuttor? Alto duol pensarlo estinto, Alto duol pensarlo in vita! Gronda sangue la ferita Più profonda del mio cor.
A te volgo i miei lai, Divin Figlio, Che, sospeso in patibolo atroce, Una lagrima giù dalla croce Sulla Madre lasciavi cader. Pe' dolori tuoi mortali, Di tua Madre pe' dolori, Ah ti degna i nostri cuori Nell'angoscia sostener!
Dalla croce una lagrima pure Sull'eletto Giovanni spargevi: Ogni dolce pietà conoscevi, Benedetta è da te l'amistà. Benedici ogni memoria Che m'avvince a Federico: Voti innalzo per l'amico, Per me voti innalzerà!
E se avvien che il dovuto proposto Di non mai querelarci obblïamo, Ti sovvenga che debili siamo, E che i forti anche ponno languir. Ti sovvenga che tu pure D'uman frale andasti cinto, Che tristezza allor t'ha vinto, Ch'eri stanco di patir.
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