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Silvio Pellico
Poesie inedite

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  • VOLUME PRIMO.
    • CESSATO IL COLERA.   Cumque quaesieris ibi Dominum Deum tuum, invenies cum, si tamen toto corde quaesieris, et tota tribulatione animae tuae. (Deut. 4. 29).
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CESSATO IL COLERA.

 

Cumque quaesieris ibi Dominum Deum

tuum, invenies cum, si tamen toto

corde quaesieris, et tota tribulatione

animae tuae.

(Deut. 4. 29).

 

 

Crëato spirto che al mio fral sei vita,

Potenze tutte onde m'esulta il core,

Alziamo, alziam di gaudio intenerita

Voce al Signore!

 

Dal ciel suoi doni sulla terra effuse,

Noi li obblïammo, e ripetè i suoi doni:

Ci flagellò, ma ne' flagelli incluse

Grazie e perdoni.

Egli è colui che i doloranti sana;

Che dalla morte, ch'all'uom rugge intorno,

Sotto il suo scudo amico lo allontana

Di giorno in giorno.

 

Poi quando a molte umane brame arrise,

Toglie quell'ente che vivendo amollo;

Ma questo debol ente ei non uccise,

Sugli astri alzollo.

 

Egli è colui che ai sopportanti oltraggio

In guiderdone offre onoranza eterna;

Colui che i fati del mortal lignaggio

E il ciel governa.

 

Misericordia ed equità lo guida,

Se crea, se cangia, se mantien, se spezza:

Amico all'uomo, ei vuol che l'uom divida

Sua tenerezza.

 

Un giorno scese dall'eccelsa sfera

Per esser uomo e allevïarci il duolo;

Calice orrendo, affinchè l'uom non pera,

Tracannò solo.

 

Ci favellò non più come in Orebbe

Con formidabil, mistica favella,

Ma qual mortal che della donna crebbe

Alla mammella.

 

E quella Madre ch'egli amò cotanto

Diede alle donne qual modello e amica,

Qual Madre a ognun ch'a lei con dolor santo

Sue pene dica.

 

Le nostre pene, ah sì! dalle Taurine

Sponde alla Madre del Signor dicemmo,

E le pupille sue sovra noi chine

Brillar vedemmo.

 

L'indica lue nostr'aure appena attinse,

Ci risovvenne la pietà degli avi,

E quella Madre col sospir respinse

Gl'influssi pravi.

 

Andò assalendo il morbo alcune vite,

Ma più rifulse indi il recato scampo:

A gare insiem di carità squisite

S'aperse un campo.

 

Anco una Forte del più debol sesso

Accorse agli egri, sorbì l'aer funesto,

E consolò con dolci cure e amplesso

L'orfano mesto.

 

E visti fur della città i Maggiori

Trar di Maria Consolatrice al piede,

E in voto stringer tutti i nostri cuori

A salda fede.

 

E visti furo i cittadin più culti

Coll'umil volgo unirsi, in Dio sperando,

Nè de' beffardi paventar gl'insulti

Maria invocando.

 

Piace al Signor che la sua Vergin Madre

Ne incori e affidi col suo bel sorriso,

Sì ch'aspiriam con opre alte e leggiadre

Al Paradiso.

 

Vera religïon, ch'è tutta bella,

Gaudio ne pinge in Dio, non vil cipiglio,

Se lo onoriam ne' Santi, e vieppiù in Quella,

Cui nacque Figlio.

 

Guasta dall'uom, religïon ne pinge

Non so qual Dio alterissimo, cui duole,

Se a quella Madre che al suo sen lo stringe

Drizziam parole.

 

Fede in te sempre avremo, o Genitrice

Dell'umanato, ver Lume divino!

Tu sei potente in ciel, tu salvatrice

Sei di Taurino!

 

 

 




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