Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Silvio Pellico
Poesie scelte

IntraText CT - Lettura del testo

  • POESIE LIRICHE.
    • LE SALE DI RICOVERO.   Qui susceperit unum parvulum talem in nomine meo, me suscipit. (matth. 18, 5.)
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

LE SALE DI RICOVERO.

 

Qui susceperit unum parvulum talem

in nomine meo, me suscipit.

(matth. 18, 5.)

 

 

«Son pargoletto e povero e ammalato;

Abbi pietà di me, Gesù bambino,

Tu che sei Dio, ma in povertà sei nato!

 

Me qui lascia la mamma ogni mattino

Nel solingo tugurio, ed esce mesta

Il nostro a procacciar vitto meschino.

 

Ancella move a quella casa e questa,

Ed acqua attinge e lava e assai si stanca,

E vive appena, ed indigente resta.

 

Qui soletto io mi volgo a destra, a manca,

Senza dolcezza di parole amate,

E fame ho spesse volte, e il pan mi manca.

 

Le melanconich'ore prolungate

M'empion l'alma di pianto e di paure,

E mi sfogo in ismanie sconsolate.

 

Amor la madre assai mi porta, e pure

Quando al tugurio torna e pianger m'ode,

Spesso le voci sue prorompon dure;

 

Talor mi batte, e duolo indi mi rode,

Sì che allor quasi affetto io più non sento,

E in maligni pensieri il cor mi gode.

 

Povera madre! il viver nello stento

Estingue nel suo spirto ogni sorriso,

Ed anch'io più cruccioso ognor divento.

 

Gesù, prendimi teco in Paradiso,

O tempra la tristezza che m'irrita,

E rasserena di mia madre il viso:

 

Fa ch'ella trovi ad allevarmi aïta,

Fa che deserto io non mi strugga tanto

Fa che un po' d'allegrezza orni mia vita.

 

Se ad altri bimbi io respirassi accanto,

E non sempre gemessi, e qualche mano

Söavemente m'asciugasse il pianto,

 

Crescerei più benevolo e più sano

E più caro a la madre io mi vedrìa:

Lassa! altrimenti ella fu madre invano!

 

Ella al mio fianco in pace invecchierìa,

E per essa con gioia adoprerei

A laudevol sudor mia vigorìa.

 

Le poche forze ai patimenti rei

Soggiaceranno in breve, e, fuorchè pena,

Nulla i miei giorni avran fruttato a lei.

 

Ovver, se presto a morte non mi mena

Tanta miseria, crescerò doglioso,

Me coll'afflitta madre amando appena.

 

Ed ella pur mi dice che odïoso

Il povero alla terra e al ciel rimane,

Quando alle brame sue non riposo,

 

Quando coll'ira in cor mangia il suo pane.

 

Ed ecco del bimbo

La mamma ritorna:

È stanca, ma un raggio

Di gioia l'adorna;

S'asside a lui presso,

Lo stringe al suo sen,

«Oh quanto sinora

Mi dolse, o figliuolo,

Lasciarti ogni giorno

tristo, sì solo!

T'allegra: celeste

Soccorso a noi vien.

 

«Nell'ore ch'ai figli

Non ponno dar cura

Le madri, cui preme

Fatica e sventura,

Da provvide menti

Ricovro s'aprì.

Alquanto risana,

E tu verrai:

Son piene due sale

Di pargoli omai:

Giocando, imparando,

Vi passano il .

 

«Al santo pensiero

Che aprì quel ricetto,

Ministre si fanno

Con tenero affetto

Più vergini umìli,

Sacrate al Signor:

Null'altro che amarti,

Il sai, potev'io,

Ma quelle söavi

Ancelle di Dio

Più dolce, più giusto

Faranno il tuo cor.

 

«Io, conscia che al figlio

Non manca un'aïta,

Trarrò senza pianto

Mia povera vita,

L'usato lavoro

Stimando leggèr.

Al tetto materno

Verrai verso sera,

E sempre alzeremo

Concorde preghiera

Per l'alme pietose

Che asilo ti dier

 

Quel fanciulletto già infermiccio e tristo,

Indi a non molto, in sì benigna scuola,

Rosee le guance e lieti i rai fu visto.

 

Oh d'amorose labbra la parola

Quanto a' cuori avviliti, e più a' bambini,

Addolcisce le doglie e li consola!

 

D'entrambo i sessi i pargoli tapini

Ivi sottratti vanno a rio squallore,

Ed a costumi stolidi e ferini.

 

Che invan vorria la madre o il genitore

Occhio assiduo tener sui cari pegni,

Qua e faticando per lungh'ore.

 

Abbandonati a , crescere indegni

Veggionsi quindi d'assai plebe i figli,

Egre le membra ed egri più gl'ingegni.

 

Per cadute e per cento altri perigli

Vedi qual di storpiati e di languenti

Esce turba da' poveri covigli!

 

Quanti avrian le persone alte e ridenti

Ch'essi strascinan luride e contorte,

Perchè guaste d'infanzia agli elementi!

 

Oh benedetti voi che sulla sorte

Della schiatta plebea v'intenerite,

E pensate a scemarle e vizi e morte!

 

In voi sì belle le grandezze avite

Non son, quant'è il magnanimo disìo,

Onde a tanti innocenti asilo aprite.

 

Memori siete di quell'Uomo-Iddio

Che, cinto da drappel di bambinelli,

Li confortava col suo sguardo pio,

 

Ed imponea d'assomigliare a quelli.

 

E voi benedette,

Donzelle pietose,

Che al Dio de' bambini

Facendovi spose,

Di madri assumete

Le pene e l'amor.

Per voi dalla terra

Piacer non alligna:

Fors'anco taluno

Vi guarda e sogghigna,

Vi chiama delire

Da stolto fervor.

 

Ma voi non curanti

Di plauso o di scherno,

I poveri amando

Amate l'Eterno,

Ai bimbi servendo

Servite a Gesù.

Il mondo che ignora

Del core i misteri,

Non sa che più dolce

Di tutti i piaceri

È l'umil conflitto

D'arcana virtù.

 

La vergine sacra

Al Dio degl'infanti

Sublima sue pene

Con palpiti santi;

È abbietta ai mortali,

Ma l'anima ha in ciel.

Con Dio nella mente

Le cure più gravi,

Le cure più vili

Diventan söavi:

Bassezza non tange

Un'alma fedel.

 

La vergine sacra

Al Dio de' bambini

Vagheggia in Maria

Affetti divini,

Le impronte cercando

Di lei seguitar.

Non volgono ai bimbi

Tirannico ciglio

Color, che mirando

Maria col suo Figlio,

Li veggon dal cielo

Sui bimbi vegliar.

 

Ah! sì, benedette

Voi tutte, o bell'alme,

Che ai miseri infanti

Porgete le palme,

Di padri e di madri

Vestendo l'amor!

Pensier non vi preme

Di plauso o di scherno:

I poveri amando

Amate l'Eterno:

Ai bimbi servendo

Servite al Signor.

 

fine.




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License