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Silvio Pellico Poesie scelte IntraText CT - Lettura del testo |
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POESIE LIRICHE.
LA MIA GIOVENTÙ.
Cor mundum crea in me, Deus. (Ps. 50. )
Lamento sui fuggiti anni primieri, Che fecondi di speme Iddio mi dava, E di ricchi d'amore alti pensieri!
Tra giubili ed affanni io m'agitava, Ed incessanti studi, e bramosia Di sollevarmi dalla turba ignava;
E spesso dentro al cor parola udìa Che diceami dell'uom sublimi cose, Tali che d'esser uomo insuperbìa.
Pupille aver credea sì generose Il mio intelletto, che dovesser tutte Schiudersi a lui le verità nascose;
E di ragion nelle più forti lutte Io mi scagliava indomito; sognante Che sempre indagin lumi eccelsi frutte.
Quella vita arditissima ed amante Di scienza e di gloria e di giustizia Alzarmi imprometteva a gioie sante.
Nè sol fremeva dell'altrui nequizia, Ma quando reo me stesso io discopriva, L'ore mi s'avvolgean d'onta e mestizia.
Poi dal perturbamento io risaliva A proposti elevati ed a preghiere, Me concitando a carità più viva.
Perocchè m'avvedea ch'uom possedere Stima non può di se medesmo e pace, S'ei non calca del Bel le vie sincere.
Ma allor che fulger più parea la face Di mia virtù, vi si mescea repente D'innato orgoglio il luccicar fallace.
E allor Dio si scostava da mia mente, E a gravi rischi mi traea baldanza, Ed infelice er'io novellamente.
Se così vissi in lunga titubanza, Ond'or vergogno, ah! tu pur sai,mio Dio, Che tremenda cingeami ostil possanza!
Sfavillante d'ingegno il secol mio, Ma da irreligiose ire insanito, Parlava audace, ed ascoltaval'io.
E perocchè tra' suoi sofismi ordito Pur tralucea qualche pregevol lampo, Spesso da quelli io mi sentìa irretito.
Egli imprecando ogni maligno inciampo Sciogliea della ragion laudi stupende, Ma insiem menava di bestemmie vampo.
Ed io, come colui che intento pende Da labbra eloquentissime e divine, E ogni lor detto all'alma gli s'apprende;
Meditando del secol le dottrine, Inclinava i miei sensi alcuna volta Di servil riverenza entro il confine.
Tardi vid'io ch'a indegne colpe avvolta Era sua sapïenza, e vidi tardi Ch'ei debaccava per superbia stolta.
Trasvolaron frattanto i dì gagliardi Della mia giovinezza, e sovra mille Splendide larve io posto avea gli sguardi;
E nulla oprai che d'alta luce brille! E si sprecar fra inani desideri Dell'alma mia bollente le faville!
Lamento sui fuggiti anni primieri Che d'eccelse speranze ebbi fecondi, E di ricchi d'amore alti pensieri!
Ma sien grazie al Signor che, ne' profondi Delirii miei, pur non sorrisi io mai Agl'inimici suoi più furibondi:
Sempre attraverso tutte nebbie, i rai Del Vangel mi venian racconsolando; Sempre la Croce occultamente amai.
Ed il maggior mio gaudio era allorquando In una chiesa io stava, i dì beati Di mia credente infanzia rammentando:
Que' dì pieni di fede, in che insegnati Dal caro mi venian labbro materno I portenti onde al ciel siamo appellati!
Di nuovo fean di me poscia governo La incostanza, gli esempi, ed il timore Dell'altrui vile e tracotante scherno;
E l'ira tua mertai per tanto errore: Ma gl'indelebili anni che passaro Ritesser non m'è dato, o mio Signore!
Presentarti non posso altro riparo Che duolo e preci e fè nel divo sangue, Di cui non fosti sulla terra avaro
Per chiunque a' tuoi piè pentito langue.
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