Comincia all'ora consueta. I sei
presenti sono distribuiti intorno alla tavola in maniera diversa dalla seduta
precedente, per questa ragione: siccome l'intensità dei fenomeni aumenta nelle
zone più prossime alla medium, si vuole che ciascuno dei presenti, alternando i
posti, possa avere la sua parte di sensazioni più dirette.
Il controllo del medium è
affidato al signor Prati a desta e al signor Morani a sinistra. Io mi trovo nel
punto più lontano dalla Palladino, tra il dottor Venzi e la signora Morani.
In questa seduta, ricca di
fenomeni che si seguono con rapidità, la medium non cade mai in trance e
neppure in uno stato più o meno profondo d'ipnosi: rimane passiva, ma
cosciente, come uno qualunque di noi.
Nella prima mezz'ora, si svolge,
con maggiore o minor varietà, la serie consueta dei fenomeni di John,
parte in luce e parte nell'oscurità.
Il signor Prati esclama:
- Fanno sforzi erculei, per
levarmi la seggiola di sotto: e sento che l'afferrano a un tempo dalle due
parti: ma avranno un bel da fare!
A chiarimento di queste ultime
parole, conviene osservare che il signor Prati, uomo quarantenne, è dotato
d'una corporatura muscolosa, di vero atleta, cui corrisponde una non comune
energia di forze fisiche. Egli assiste per la prima volta a tal sorta
d'esperimenti e, ignorando la singolare potenza degli agenti invisibili,
s'illude facilmente di poter opporre, con la robustezza propria, una resistenza
invincibile. Ne consegue quindi una specie di lotta sorda ma accanita di
contrasti. Finalmente, il signor Prati, ritto in piedi, esclama sorpreso:
- Perbacco! me l'hanno levata.
Fenomeno semplicissimo, pur
sufficiente per osservare a coloro che parlano di trucchi: il Prati, in quel momento,
teneva una mano della medium; ammesso il trucco, la Palladino non avrebbe
potuto servirsi che di una mano sola, e per giunta della sinistra, mentre il
Prati sedeva a destra. Ora provate un po' se vi riesce, in condizioni simili,
di togliere la sedia di sotto a una persona che pesi ottanta chili e che
deliberatamente resista! provate...
La sedia del Prati intanto viene
posta prima adagiata, poi ritta in mezzo alla tavola nostra. Dalla scrivania
lontana vengono presi un campanello, un candeliere e una gran boccia piena
d'acqua e tali oggetti sono deposti sul sedile della sedia: sotto la quale, con
una specie di capriccioso disegno geometrico, vengono sparpagliati lapis,
penne, bastoni di ceralacca, fascicoletti e altro, tutta roba che stava sopra
la scrivania.
Accesa la luce elettrica, la
nostra tavola pare una bancarella di cartoleria ambulante: e allora, in piena
luce, tutti assistiamo a un fenomeno dei più curiosi. Il signor Prati è rimasto
in piedi e si direbbe che John voglia dargli una prova definitiva della
propria forza, per dileguare fin gli ultimi dubbi in proposito.
La grossa scrivania, che deve
pesare più d'una cinquantina di chili, da mani invisibili ma poderose, viene
scostata dal muro, e spinta con velocità fragorosa verso il fianco sinistro del
signor Prati, contro cui s'appoggia con pressione continua, non più violenta,
per non causargli dolore, ma nel tempo stesso atta a dargli la misura della
forza che sospinge. Il Prati con tutta l'energia del fianco erculeo, dà a sua
volta uno spintone alla scrivania, che rimbalza indietro per più di due palmi,
ma subito viene risospinta fortemente contro il fianco di lui: e questo
vigoroso movimento di azione e di reazione viene replicato cinque volte o sei,
senza alcun intervento possibile della medio, ch'è lì, seduta, e tenuta per le
mani, alla vista di tutti, e sorridente, al par di tutti noi, davanti a quel
curioso e replicato contrasto.
John richiede l'oscurità,
fatta la quale il Prati bonariamente esclama:
- Ma io dovrò stare in piedi?
Dal movimento d'aria che ne
consegue, comprendiamo che una sedia, la quale stava dietro i cortinaggi nel
vano della finestra, passa sopra le nostre teste, e sentiamo il rumore dei
piedi, quando toccano terra e subito il Prati dice:
- Due mani robuste mi prendono
per le spalle e con modi alquanto bruschi mi buttano a sedere. Comunque,
grazie!
Taccio d'una serie di contatti e
d'altro, perché ormai troppe volte descritti, e accenno solamente a una
quantità di punti luminosi, che appaiono in varie parti della sala, compiendo
lente traiettorie, che ognuno di noi descrive con indicazioni identiche, da cui
risulta che tutti proviamo identiche percezioni. Le luci sono simili a
stellucce vaganti: una sola segna una specie di scia luminosa in basso, come le
stelle cadenti; infine, ne appaiono due accoppiate, quasi due alianti farfalle,
con un chiarore simile, sebbene un po' più attenuato, a quello della luce
elettrica.
Verso le ore ventidue, si
svolgono le manifestazioni più importanti, poiché quasi contemporaneamente si
manifestano ben cinque diverse individualità.
Prati sente le consuete larghe
mani di John che, quasi a compenso delle due lotte sostenute, gli fanno
dimostrazioni molto amichevoli.
Il dottor Venzi dichiara di
sentire distintamente una persona che s'inclina, s'appoggia su di lui e lo
prende per le braccia. Poi soggiunge:
- Mi parla.
Noi sentiamo delle articolazioni
rauche come sospiri, ma il dottor Venzi pare percepire nettamente le frasi,
poiché ne segue un dialogo che, per la sua natura intima, non debbo riferire. A
un certo momento, egli esclama:
- Perché mi stringi così forte
il braccio? quasi mi fai male!
E allora, sentiamo il fruscio
d'una mano lungo la manica del dottore, quasi gli facessero delle frizioni
carezzevoli.
Nel tempo stesso, il signor
Morani, in una specie di soprassalto, esclama:
- Mi abbracciano!... mi parlano!
ah, sei tu?
E anche qui, segue un dialogo,
come quello del dottore, di natura intimissima, durante il quale sentiamo il
signor Morani dire:
- Ah, ecco! per darmi una prova
della sua identità, mi fa toccar con mano il taglio della barba ch'era identico
al mio.
Nel punto stesso la signora
Morani, che sta seduta dalla parte opposta, esclama:
- Provano a levarmi l'anello del
dito... ma non si può! ... non esce! continuano ancora, con forza, ma senza
farmi nessun male... soltanto, non è possibile... ah, ecco: ce l'hanno fatta! è
strano!
E tosto il signor Morani:
- Ecco, adesso lo mettono al mio
dito: entra appena...
Tosto, una mano prende quella
della signora, la porta a congiungersi con la mano del signor Morani, e tutti
allora sentiamo tre o quattro colpetti dati sopra le due mani congiunte, come
un atto di conforto e di soddisfazione paterna.
Mentre tali fenomeni si
svolgono, il professor Porro sente i precisi contatti dell'entità che già si manifestò
nelle sedute dell'estate scorsa, e che, in tale occasione, fece, dirò così,
perquisire la propria forma materializzata di ragazza undicenne, non pure a
lui, ma ben anche al professor Morselli, mentre stavano seduti a fianco, ma
appartati dal gruppo che contornava la medium.
Sentiamo tutti quanti i bacini
sommessi ch'ella prodiga al Porro e il tentativo alquanto velato eppur distinto
di articolare la parola papà. In quel mentre (e ricordo che sto
all'estremità opposta della tavola, cioè lontano un tre metri dalla medium) la
mia sinistra è afferrata da una mano che somiglia a quella apparsa a tutti
nella prima seduta. Io tosto la stringo con la destra e corrisponde alla
stretta affettuosa: la bacio e poi sento che s'inalza: la seguo, continuando a stringerla,
mi alzo dalla sedia, mi rizzo in punta di piedi, per tenerla più che posso: poi
sento che mi sfugge, quasi dileguando in alto.
Un breve esame critico di quest'ultima fase della seduta,
in confronto alle due pregiudiziali sistematiche degli ignoranti dotti e degli
ignoranti asini: la frode, l'allucinazione.
La frode. L'Eusapia, dunque,
senza che noi, poveri idioti, ce ne siamo accorti, è riuscita a liberare una
mano dal controllo. Con quest'unica mano, sia benedetta, ella dunque riesce a
formare, nel tempo stesso, quanto segue:
- Le due grosse e robuste mani
di John (Prati).
- Il corpo, le due braccia e la
voce ancora d'una donna matura (Venzi).
- Le due mani e la testa per lo
meno di un vecchio (Morani).
- Le piccole braccia, le manine,
la testa, la voce d'una ragazzina (Porro).
- La mano d'un vigoroso
adolescente (Vassallo).
Via! gli è proprio il caso di
dire:
- Se il fenomeno è sincero, è
bello: ma se è un trucco, è ancora più bello!
L'allucinazione.
Vediamo. Il fenomeno
allucinatorio è causato, tutti sanno, da suggestione propria o da suggestione
altrui. Eliminiamo subito la suggestione altrui, perché, nelle sedute, si sta
raccolti e nessuno suggerisce niente. E quando uno soltanto vede o crede
vedere: gli altri dichiarano francamente che non vedono nulla.
Conviene quindi restringerci al
fenomeno dell'allucinazione per auto-suggestione. L'aspettativa intensa d'una
cosa, il desiderio acuto che domina come idea fissa, possono condurre allo
stato allucinatorio. Ma le sedute medianiche sono per se stesse precisamente il
contrario.
Non solo i fenomeni sono
inaspettati, ma quasi sempre il contrario di ciò che uno aspetta o desidera,
come dimostrerò, con evidenza meridiana, a proposito di una prossima seduta.
Nessuno sa mai quel che sta per
accadere. Io posso aspettare, desiderare, invocare che lo spirito a mi
dia un abbraccio, e invece è lo spirito b che mi mette in mano la
peretta della luce elettrica.
E neanche l'aspettativa più
intensa è sufficiente, in persone sane come siamo noi, a produrre un'illusione
allucinatoria. In questa seduta, in tre ore, avrò avuto una infinità di
aspettative e di desiderii ardentissimi, eppure nessuna allucinazione relativa
si è prodotta. Dopo tre ore, un attimo solo, ho stretto e baciato una mano che,
proprio in quel momento, ero lontano dall'aspettarmi: o come si vorrebbe
pretendere che, calmo, ragionevole, lucido e logico durante tre lunghe ore, io
sia diventato stolidamente un allucinato nel breve spazio di tre o quattro
secondi?
L'ipotesi non merita neppur
l'onore d'essere discussa.
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