Preambolo utile, se non pur
necessario. Un tale che firma fedele lettore, e che si esprime con forme
di manifesta simpatia, mi chiede:
- Il Circolo Minerva si
compone della sala degli sperimenti o vi sono camere attigue? in questo caso,
furono minuziosamente visitate?
- Sei ben certo che nel vano
della finestra, chiuso dalle tende bianche e scure, non si trovasse nascosto
alcuno?
- Conosci tutti gli intervenuti
e sei ben sicuro che nessun compare si trovasse frammischiato a loro?
Tali dubbi possono fermentare in molti altri diffidenti,
per cui rispondo recisamente. La sala del Circolo
Minerva ha camere attigue, che vengono sempre visitate per abbondanza di
controllo, poiché, all'infuori del gruppo a nessuno è permesso penetrare nel Circolo, che viene da noi chiuso coi
chiavistelli.
Alla seconda domanda rispondo:
nessuno è, né può essere mai nascosto dietro la tenda. Nelle sedute dell'estate
scorsa, avvenne il fenomeno riferito dal Porro, che cioè, a fine di seduta,
tutti i presenti ebbero strette replicate da una mano che sporgeva dai
cortinaggi, tanto che il marchese D... nuovo a tali fenomeni, per moto umano
naturale di sorpresa, sollevò bruscamente le tende, e tutti videro che non
v'era nessuno. Identico fenomeno, che non accennai per brevità, accadde nella
prima nostra seduta, e il signor Prati, appunto perché nuovo come il marchese
D..., sollevò i cortinaggi, per accertarsi che non vi era essere umano
visibile.
Alla terza domanda: i componenti
il gruppo non solamente sono persone a me e agli altri notissime, ma per
serietà morale superiore a qualunque sospetto.
E ora, alla terza seduta,
ch'ebbe un crescendo d'intensità.
Si tenne la sera del 23 dicembre.
In luogo del Prati assente da Genova, interviene il professor Mirelli, e ci
disponiamo in questo ordine attorno alla tavola.

Tralascio il solito primo
periodo di colpi fortissimi nel centro della tavola e di levitazioni e contatti
di vario genere, dopo cui gli invisibili chiedono l'oscurità.
Una parentesi che, per
moltissimi fra i lettori, è chiarimento necessario. Se luci moderate non
distruggono, ma diminuiscono e turbano la compagine fluidica che permette agli
invisibili di procurarsi la transitoria materiale consistenza, le luci forti
addirittura la dissolvono. La dimostrazione più certa si ebbe nell'esperimento
di Crookes con la Katie King, così da lui riferito:
- Lo spirito di Katie si fermò
contro la parete del salone, con le braccia aperte, attendendo la sua
dissoluzione. Noi accendemmo tre forti becchi di gas. L'effetto su Katie
King fu straordinario. Non resistette che un attimo, poi la vedemmo
fondersi, sotto i nostri occhi, come un fantoccio di cera esposto a un gran
fuoco. Gli occhi parvero affondarsi nelle orbite, il naso sparire, la fronte
rientrare. Poi le membra si squagliarono e man mano il corpo dileguò. Più tardi
ci fece sapere che la nostra curiosità scientifica le aveva causato forti
sofferenze.
Con lampade fosforiche, come quella
inventata da Crookes, o con altri congegni analoghi, certamente sarebbe
possibile creare luci non contrarie alla vigoria dei fenomeni fluidici, e ci si
arriverà: ma finora, non avendo nulla di simile, conviene, quando si voglia
ottener le manifestazioni più forti, rinunciare alle luci ordinarie.
Si fa dunque l'oscurità, e tosto
il professor Mirelli si sente abbracciare, carezzar lungamente con espansiva
affettuosità, poi scoccare sulla fronte, sulle guance, una serie di baci così
sonanti, che tutti noi sentiamo concordemente.
- Benché vi sia incertezza
d'ogni verifica - egli dice, con voce non esente da natural commozione - sento
intorno a me un insieme che pare, dico pare, la mia buona mamma.
Segue una pausa e poi,
sinceramente, esclama:
- Ecco: con atto lieve e
delicato, mi asciuga le ciglia.
Segue, tra il professore e
l'invisibile un breve dialogo intimo, durante cui sentiamo o ci sembra sentire
le articolazioni assai fievoli dell'invisibile, le cui parole invece paiono
soltanto percepite dal Mirelli, come se bisbigliate lentamente all'orecchio.
Poi, l'invisibile chiede la luce
rossa. Allora, mentre vediamo nettamente la medium immobile e in uno stato
d'ipnosi, mentre scorgiamo ben chiaramente le persone nostre e minimi
lineamenti, tutti unanimi, senza contrasto nei dettagli, osserviamo svolgersi
questo fenomeno. Il cortinaggio scuro, ch'è di stoffa molto lieve, molto
flessibile, si agita e gonfia, come se, di esso coperta, s'inoltrasse
lentamente una persona viva e appena velata. Si vede cioè, distinto come massa,
il volume della testa, e i panneggi corrispondenti, quasi aderenti, alle
braccia e alle mani sporgenti. Tal forma si accosta al Mirelli, lo accarezza,
gli stringe vivamente la mano: poi, con un movimento del braccio destro, che
tutti avvertiamo, sporge la mano, senza velo, fuori del cortinaggio, con cenno
di saluto. Tal scena, in luce, dura a lungo, strana e commovente.
Più notevol fatto è questo.
Ciascuno degli invisibili, se i lettori ricorderanno, ha voluto, in qualche
modo, dare una prova, sia pur incerta, della propria identità. Ora, a un certo
punto, la mano di quest'ultima entità alza la sinistra del Mirelli, portandola
sulla fronte della medium in trance, verso il sopracciglio destro e il
Mirelli, senza che noi si comprenda nulla, tosto esclama:
- Ho capito... ho capito che
cosa mi vorresti indicare: ma non era lì.
Segue qualche sforzo
infruttuoso, sempre accennando allo stesso punto: quando, con gesto brusco di
persona quasi spazientita, il dito del Mirelli viene rapidamente portato invece
sulla fronte di lui, indicando un punto preciso, per cui egli esclama:
- Ah, ora ci siamo!
E ci spiega che la madre aveva,
in quel punto, vicino al sopracciglio, una piccola escrescenza cutanea.
Segue un periodo di luci
vaganti, in alto, visibilissime. Alcune attraversano l'intero salone: altre
vanno dal basso in alto: altre in senso contrario. Poi lo spirito di John, con
una specie di giovialità, quasi volesse un po' dissipare le sensazioni della
fase precedente, mediante un proprio intermezzo, ci dà una serie de' suoi
fenomeni consueti: mette il tavolino sopra la tavola, mi alza il bavero, mi
sfiora i capelli, fa feste a tutti gli altri, con gaiezza straordinaria.
Verso le ore ventitrè e mezza,
comincia un succedersi di nuovi e più singolari fenomeni. Senza nessun contatto
per parte nostra, John trasporta nel centro della sala la nostra tavola,
e la volta, in modo che restiamo diversamente orientati.
Sentiamo che, sopra l'ancor più
lontana scrivania, poggiata sul muro, John smuove bottiglia e bicchieri:
leva il tappo e versa dell'acqua. Poi, man man, porge da bere a tutti,
poggiando sempre il bicchiere esattamente sul labbro inferiore; a tutti tranne
che a me, mentre, avendo una gran sete, gli chiedo insistentemente, quasi con
noiosa petulanza, d'avere a conforto delle aride fauci una buona sorsata
d'acqua fresca.
D'accordo! è un giochetto
qualsiasi, ma giusto una sera, parlandone in conversazione, spegnemmo la luce
elettrica, pregando un giovane signore, svelto e intelligentissimo, di fare
altrettanto. Sopra sei persone sedute, imbroccò appena la più vicina a
sinistra, con la differenza che, invece di portarle il bicchiere alla bocca,
glielo appoggiò sul mento: quanto alle altre poi, o sopra o sotto, lo situò
almeno un palmo lontano dalla testa: e giunto all'ultima persona, offerse
invece da bere... a un vaso di fiori che, del resto, poteva anche averne
bisogno.
John, compiuto il giro,
torna a deporre bottiglia e bicchiere sopra la scrivania e batte fragorosamente
le mani in alto palma a palma, con un'esplosione d'entusiasmo che pare vicina
al soffitto.
Subito, il signor Morani, il
quale è nel punto opposto alla medium e distante da lei circa tre metri, si
alza in piedi, esclamando:
- Eccolo! non può essere che
lui.
Si fa un grande silenzio, e
tutti sentiamo, dal particolare caratteristico fruscìo, che gli viene
sbottonato il soprabito. Il Morani così man mano segnala:
- Benissimo! mi prendono il
portafogli... lo portano in alto... me lo sbattono sulla mano (e tutti sentiamo
i colpetti relativi)... ora, non lo sento più... ecco, me lo ridanno, con
carezze.
Poi, subito soggiunge:
- Ecco, per me, una delle
maggiori prove d'identità. Stasera, prima di venir qua, senza dir nulla a
nessuno, neanche alla mia signora, ho messo nel portafogli una ciocca de' suoi
capelli bianchi. Grazie... mi hai compreso!
Mentre così dice, egli si sente
prendere la destra da una mano che gli toglie un anello dal dito e lo mette
nell'anulare della signora Morani, la quale siede a fianco del dottor Venzi.
Poi la mano dell'invisibile unisce ancora le due destre dei coniugi, battendo
sopra essi colpi affettuosi, soddisfatti, che tutti sentiamo.
Da notarsi: tal fenomeno, della
cui assoluta obiettività non rimane dubbio in alcuno, si svolge a più di due
metri lunge dalla medium, ch'è in piena trance e che, molto esausta,
dopo la seduta impiega quasi tre quarti d'ora a ripigliar conoscenza e a essere
in grado d'alzarsi dalla sedia. Anche la catena dei presenti è completamente
interrotta.
Noto, per esattezza di cronaca che, sopra uno strato di
plastilina, acconciamente predisposto, si trova l'impronta di tre dita, ma di
sì poco rilievo, che non se ne fa caso, come di fenomeno poco concludente.
Ben altro si svolge, come dirò
domani, nella quarta e per me decisiva seduta.
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