Il terzo fenomeno, come
chiaramente dimostrerò, non può avere spiegazioni di sorta, se non si accetta
l'ipotesi spiritica. Parlo dell'intervento reale, tangibile e visibile, di
entità che dicono essere spiriti di persone defunte, e che si presentano con
forme e forze fisiche del tutto simili a quelle di esseri viventi e parlano
anche, col timbro di voce loro, e lasciano tracce materiali della comparsa
temporanea.
Non occorre ripetere le ragioni ben logiche e nitide
davanti a cui non regge il preconcetto della frode, né quello
dell'allucinazione. I fenomeni che abbiamo presenziato si sono svolti in
condizioni tali da escludere affatto l'uno e l'altro sospetto. Ma vi è ancora
un altro argomento fortissimo.
Quello che dal nostro gruppo fu inteso,
visto e toccato con mano, corrisponde esattamente a quel che hanno inteso,
visto e toccato centinaia d'altri gruppi, composti di persone sane, fredde,
dotate di penetrazioni scientifiche, in cento sale diverse, in cento diverse
regioni, e sotto mille diverse predisposizioni d'animo. Come è lecito supporre
che allucinazioni compagne si ripetano, per lungo ordine d'anni, in forme
identiche, a Napoli e a Genova, a Roma e a Milano, a Londra e a Berlino, a
Parigi e a Pietroburgo, a Madrid e a Boston?
Sono quindi in una logica
perfetta, quando penso e dico:
- Se il Wallace, se l'Aksakoff, se il professor
Brofferio, se il dottor Visani Scozzi, in vario tempo, in condizioni diverse, in
località disparate, come apprendo dalle minuziose relazioni loro, hanno visto e
verificato fenomeni identici ai miei, sono esatte le percezioni loro e le mie.
E a questo punto, non posso far
di meglio che ripetere il lucido ragionamento del professore Angelo Brofferio:
- Escludo l'impostura, anche per
l'apparizione dei fantasmi. Non l'escludo solo perché ho visto io; giacché, se
credessi aver assistito io solo a una materializzazione, andrei subito a
consegnarmi al manicomio. E non l'escludo solo perché han visto gli altri;
giacché, finché non ho visto, sono sempre stato inclinato a credere che fossero
stati corbellati. Ma se hanno visto anche gli altri, vuol dire che io non sono
matto: e se ho visto anch'io, vuol dire che gli altri non sono stati corbellati.
Il lettore, se non ha assistito a materializzazioni, ha perfettamente il
diritto di fare con me come io facevo con gli altri, e di sospettare che sia
stato corbellato anch'io per il primo, o piuttosto per l'ultimo. Ma, se ha
giudizio, sperimenterà anche lui. Né fantocci dell'Holden, né compari
dell'Hermann possono imitare esseri che sono vivi come noi, ma non fatti come
noi, di una sostanza che può avere la robustezza della nostra mano, eppure
evanescente, sino a non produrre che una sensazione cutanea come quella d'una
tela di ragno o d'una densa nebbia; sensazione però che vi fa dir subito: Qui
c'è qualcuno!
Noi tutti dunque del gruppo,
nella penombra, e in piena luce, prendendo le precauzioni necessarie per
escludere l'allucinazione suggestiva, abbiamo visto e toccato qualcuno,
che non era la medium, visibile e tenuta ferma con le nostre mani: e questo qualcuno
si mostrava, si muoveva e agiva, stando in piedi, distante quasi due metri
dalla medium seduta.
Più ancora: questo qualcuno
ha compiuto degli atti fisici, come sarebbe cavare delle carte da un
portafogli, togliere una spilla da una cravatta, le cui conseguenze sono
rimaste ben visibili, lungo tempo, dopo la sua scomparsa: poiché le carte erano
nelle nostre mani, e la spilla, non più infilata nella cravatta, ma sopra la
tavola...
Su tal proposito, una parentesi.
Certi spiriti forti vanno mettendo in circolazione questa ben debole diceria:
- Non vedete come già sono
predisposti all'allucinazione? Portano apposta con sé oggetti appartenenti ai
pretesi spiriti, per suggestionarsi di più.
Non è vero. Chi ha letto le relazioni delle sedute, avrà
potuto notare che tali ricordi furono sempre portati nella seduta successiva
all'apparizione, quindi non già a scopo suggestivo, ma a quello contrario di
controllo e d'indagine d'identità. Fu solamente nella quarta seduta ch'io mutai
la spilla nella cravatta. Ugual procedimento tennero i miei compagni.
E ora, tranquillamente,
esaminiamo l'essenza del fenomeno di fronte alle ipotesi scientifiche.
Fino a che mi sono trovato
davanti a medium i quali, coi colpi alfabetici di un tavolino, oppure con
l'azione automatica d'una matita sopra un foglio di carta, o con la voce loro,
sia pure alterata, mi trasmettevano, per tali vie, comunicazioni spiritiche, io
rimasi dubbioso, perplesso, negativo, appunto perché avevo studiato ampiamente
i fenomeni della suggestione ipnotica.
Anche se i presunti spiriti mi
dicevano cose assai singolari, ignote ai presenti, anche se parlavano una
lingua sconosciuta al medium, anche se offrivano prove straordinarie
d'identità, non diminuiva la mia diffidenza, solamente scossa da fenomeni
inferiori d'ordine puramente meccanico, come sarebbe vedere una massiccia
tavola da pranzo, per otto persone, appena tocca dalle dita, sollevarsi,
girare, ondeggiare lieve, come una piuma, come un tappo di sughero,
galleggiante su l'acqua. Oggi, invece, tal sorta di spettacoli, che fanno
esclamare ah! oh! eh! a ignoranti dotti e ignoranti asini, non provoca
in me neppure un senso di curiosità.
Ben altra è la profondità degli
studi medianici.
L'ingresso meraviglioso di tali
studi è costituito dal fenomeno che s'è sviluppato con la presenza della
Palladino e che va precisato così.
- Noi siamo sette individui
chiusi in un ambiente dove di certo, né prima, né dopo, nessuno può essere
penetrato. Viene un momento in cui, senza dubbio, è presente un ottavo
individuo. Segue un altro momento, in cui sono presenti e operanti un nono,
un decimo, un undecimo individuo.
La scienza degli scettici a ogni
costo, non potendo più sostenere la facile ipotesi della allucinazione, appunto
perché tali nuovi individui hanno cura di lasciare prove materiali della
propria comparsa, ricorre alla suggestione dei presenti.
Accettiamo pure tal suggestione
e procediamo con essa.
Il mio cervello dunque
suggerisce al cervello di Eusapia lo spirito di Naldino? Benissimo.
Il cervello d'Eusapia accoglie
tale suggestione e mediante un processo ideoplastico, del quale nessuno sa
darmi conto né ragione, esce da quel cervello, come Minerva armata da quello di
Giove, non già una parola, una frase, ma un individuo solido, completamente
formato, autonomo, che vive improvvisamente da sé, lontano un metro e mezzo
dalla medium, che mi alza dalla sedia, mi carezza, mi abbraccia, mi dà le sue
mani a stringere, mi offre il contatto del suo busto, del suo viso, e
finalmente, col suo dialetto, col proprio accento speciale, mi parla, e mi
parla così forte da essere inteso, oltreché da me, anche dai vicini miei. Poi,
rientra nel cervello d'Eusapia e felicissima notte.
Ammessa tale teoria che,
diciamolo francamente, è assai più trascendentale e miracolosa della semplice
ipotesi spiritica, vuol dire che sarebbe possibilissimo, e naturalissimo, il
seguente esperimento.
Io mi siedo presso l'Eusapia e
penso fortemente a un elefante. Il cervello compiacente della medium alloggia
subito quest'idea dell'elefante e la sviluppa in realtà obiettiva, col suo
processo ideoplastico. In mezzo alla sala, o presso la tenda, o in essa
ravvolto, come vi piace meglio, noi vediamo sorgere il pachiderma, nelle sue
proporzioni sesquipedali: il testone mostruoso, con le zanne avorine, si
proietta in mezzo a noi: la sua fumida proboscide ci carezza, ci fa degli
scherzi, ci piglia i soldi dai taschini della sottoveste e gioca magari a tastarmi
sopra la tavola.
Ma non basta. Un compagno pensa
fortemente a una giraffa, e il cervello creatore onnipotente dell'Eusapia
partorisce tosto una giraffa che si rompe la testa nel soffitto: non senza
pregiudizio d'un coccodrillo che, pensato da un terzo, e riflesso tosto e
procreato dalla medio, viene a serpeggiare poco piacevolmente intorno alle
nostre gambe.
Ma che cosa è dunque mai il
cervello della medium?
Sarebbe mai una vera arca di
Noè?
E non vedete che, per paura del soprannaturale,
o vogliam dire del sovrumano, voi regalate a una povera creatura attributi
assai più sorprendenti e poteri addirittura divini?
Francamente, preferisco coloro i
quali, come me un tempo, crollano la testa cocciuta, ripetendo:
- Non credo un'acca: e non
crederei neanche se vedessi.
Almeno, essi sono in buona fede,
come in buona fede era, nel 1792, l'insigne presidente dell'Accademia delle
scienze di Parigi, il quale, mentre già il piroscafo Jouffroy
navigava trionfalmente lungo le acque della Saône, scriveva:
- In verità, quest'idea di
maritare l'acqua col fuoco, è una delle più burlesche idee di questo secolo.
La serena coscienza mi dice che
non passeranno molti anni, e gli accademici i quali oggi credono, bontà loro,
nei piroscafi, crederanno pure nella realtà dei fenomeni medianici. E ne ho già
una prova in quanto scrive uno dei più acuti cervelli del giornalismo, Eugenio
Checchi, il quale, preludiando, sul Giornale d'Italia, a narrazione di
fenomeni ben sinceri, così si esprime:
- Ne parlavo qualche anno fa con
Cesare Lombroso. M'era accaduto di assistere a esperimenti per me
inesplicabili, e con una esposizione, credo abbastanza lucida, riassumevo le
cose vedute. A traverso gli occhiali d'oro, l'illustre scienziato fissava nei
miei i suoi occhi piccoli e penetranti: e a un tratto m'interruppe così:
- E un vero peccato! non l'avrei creduto mai!
- Che cosa, professore?
- Che lei stia per diventare
matto! - E mi lasciò bruscamente.
- Non provai - prosegue il
Checchi - alcun turbamento: e in un accesso di orgoglio immodesto, mi consolai
nel pensiero, che a prestar fede alle celebri dottrine del Lombroso, io mi
sarei trovato, come matto, in compagnia di tanti uomini illustri magnificati
nei secoli. Passarono gli anni: e, grazie a Dio, non ci fu bisogno che mi si
schiudessero le porte della Lungara, o di qualche altro manicomio. Accadde
invece quest'altra cosa: che Cesare Lombroso, e l'insigne astronomo
Schiapparelli dell'Osservatorio di Brera e il Brofferio, e altri valorosi
scienziati italiani e stranieri chiamarono nei loro laboratorii la donna che
tanto faceva parlare di sé: quell'Eusapia Palladino che ha corso oramai per
quasi tutte le capitali di Europa. Dopo una serie di esperimenti, dai quali
ogni ombra di soverchieria e di frode era esclusa per le scrupolose precauzioni
dei convenuti, dopo prove e controprove, dopo reiterate ripetizioni dei
medesimi esperimenti, il Lombroso, lo Schiaparelli e i loro colleghi convennero
trattarsi di fenomeni, inesplicabili sì, ma veramente meravigliosi: e conclusero
che chi si ostinasse a metterne in dubbio la sincerità o la possibilità,
meriterebbe d'esser qualificato per matto. E io provai, nel mio intimo, la
soddisfazione d'una bella rivincita. Il matto non ero io.
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