Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Defendente Sacchi Novelle e racconti IntraText CT - Lettura del testo |
Una gentile pittrice che viaggiava a diporto la valle d’Aosta, vide sopra un’altura fra fronzute piante il bel castello di Phenix, e tosto ebbe desiderio di raccorne una memoria sul proprio albo; ricovrò sotto un gruppo di alberi che spargevano ombra ospitale, fece con tre rami, due forcuti e confitti a terra, ed uno sopravi a traverso, un po’ di leggìo e si pose a disegnare. Corsero tosto attirati dalla curiosità alcuni contadini, s’avvicinavano alla Signora e timidi allungavano il duttile collo per vedere quel disegno, e susurravano [437] fra loro, e col capo accennavano che era il castello.
La Dama attese sul principio raccolta e con intensione al lavorìo, e solo quando temperava la matita guardava con un far compiacente que’ buoni Alpigiani come per rinfrancarli nella loro timida curiosità: quando però ebbe colto l’insieme del castello, prese alquanto a riposarsi e con certi modi tutti soavi a lei sì naturali, li richiese di varie cose, e finalmente del Signore di quel castello, se ivi abitasse, se non si sapeva qualche storia antica. Que’ semplici le risposero arrossendo e con parole tronche, incerte; finalmente un vecchio aggiunse: — Ah! signora: ora sono buoni i padroni, ma non fu sempre così: in quel castello una volta... povera Bianca! io mi ricordo... oh come sono cattivi gli uomini!
Alcuni vicini toccavano col gomito il vecchio perchè tacesse, e un giovanetto ch’era il meglio vestito della brigata e aveva modi più civili, se gli accostò e sotto voce gli disse: — Papà, che andate ricordando queste vecchie fanfalucche?
La Signora s’accorse avervi qualche tradizione strana intorno a quella rocca e guardandolo: — Anzi, o mio caro, lasciatelo dire: queste vecchie istorie mi piacciono nel modo stesso che mi piaccion quelle torri, e le copio.
— Illustrissima, rispose il figlio, le sono favole da narrare alle donne che filano nell’inverno, ma non ad una Dama come è vostra Signoria.
[439] — V’ingannate, vi è sempre in queste tradizioni qualche parte di vero: narrate buon uomo, mettetemi pure fra le filatrici. —
Il vecchio si ricompose, perchè quelle parole del figlio l’avevano posto in timore d’aver commesso qualche sproposito; guardò la Dama:
— Eh Signora, mio figlio dopo che va alla scuola, ne sa più di noi vecchi, parla dei Conti o dei Duchi di Savoja, dei Greci e dei Romani e che so io; non crede più alle storie che i nostri padri narravano della valle e le chiama panzane.
— Ebbene, avrà ragione, ma io amo di ascoltarle: narrate intanto ch’io finisco questo disegno, e poi vi lascerò una mia memoria. —
Il buon vecchio sorrise di compiacenza, le donne e i fanciulli che erano intorno se gli strinsero dappresso, e lo fissarono in volto, e intanto il figlio girò pianamente e si pose a lato della Signora, e guardava ora come disegnasse, più spesso al volto e agli occhi di lei perchè la era avvenente, e gli studj avevano insinuato nel giovanetto molto gusto pel bello ideale. Intanto il canuto si era appoggiato al suo bastone, e un po’ imbarazzato, incominciò:
— Dunque, come le diceva... già sono tempi passati, dicono poco dopo che san Bernardo ha fondato l’ospizio sulla montagna: dicono tanti secoli... — e qui pensava, e lo scolare tosto alzava il capo e contava sulle dita: la Signora dava un ritocco a una foglia e diceva: — Quasi otto cento [440] anni, — e il figlio applaudiva, e il padre fatto maggior animo:
— Appunto allora era signore del castello di Phenix un Barone, di cui per fortuna non si sa più il nome, violento, prepotente, pieno di sospetti, e quel che è peggio nemico della nostra religione. In alcune valli delle Alpi vi erano ancora parecchi che seguitavano la religione degli antichi che chiamavano gentile. Sebbene san Bernardo ne avesse distrutti gli altari sul monte che prese il nome da lui, il Barone parteggiava con questi gentili, e non aveva mai acconsentito che nel suo castello si fosse eretto l’altare, nè niente che sentisse di cristiano: si dice che teneva in un cortile un ceppo di sasso eguale a quello che è sulla montagna dell’Altaretto presso Roccamelone, e la testa di un suo Dio colla barba, che alcuni chiamavano Giove, e i più credono che fosse il diavolo: pel Barone non vi erano nè messa, nè orazioni: su quel ceppo di marmo scorticava degli uccelli, degli agnelli, e poi li dava al suo cuoco per farne da pranzo, chiamava questo il sacrificio, che finiva col mangiare. Però tutti questi misteri ei li faceva in segreto e col castello chiuso, e quando capitavano giù dal monte alcuni di quegli altri gentili, ch’eran tutt’altro, perchè portavan armi, menavan le mani e rubavano i viaggiatori, ei li accoglieva nella rocca, e facevano insieme un nefando tripudio. Qui intorno si sapeva che in castello si celebravano ancora questi misteri del diavolo, ma [441] nessuno osava parlarne, perchè avevano paura del Barone e de’ suoi amici della montagna.
Quella che veramente ne pativa era Bianca, la giovane sua moglie. Pura come una colomba, cresciuta in Aosta in una famiglia di Signori, tutta buona, era venuta sposa nel castello di Phenix senza conoscere nè l’animo del Barone, nè le sue Credenze. La sgraziata ne’ primi giorni non fiatava, ma a poco a poco fattasi certa delle opinioni del marito se ne dolse; quando poi chiese di voler adempiere alle pratiche della propria religione, ne fu impedita, e ne pianse. Non vi fu modo; ella invano pregò il marito perchè volesse concedergli o di andare ad Aosta o di avere nella propria stanza un altare, un sacerdote; ei bestemmiava, e la buona Bianca per togliere questo scandalo, taceva. Erano proprio due creature di carattere opposto; il Barone faccia sempre burbera, aspro, poche parole, gridar facile; Bianca soave come un angelo, con un volto sempre composto a serenità, con un sorriso a fior di labbra, bella, con due occhi languidi, insomma quasi somigliava a lei; mi ricordo...
La Signora alzò il capo: — Buon uomo, otto secoli passati... — E il vecchio: — Ma l’ho veduta, sentirà, era ancor giovane: adesso è finito tutto. —
E il giovanetto scolare: — Vede, Signora, se i nostri padri... — La pittrice non amava quelle osservazioni, perchè si compiaceva dei puri sentimenti di quelle anime innocenti; disegnava i merli [442] d’una torre, e senza alzare il capo: — Dunque, buon uomo, che cosa avvenne di Bianca?
— Ah Signora, quella sgraziata era infelice! visse due anni sempre combattuta fra i desideri del proprio cuore e la fierezza del marito; aveva nell’animo la tristezza, eppure procacciava sempre di mostrarsi serena perchè gli altri non iscoprissero il segreto del Barone e il proprio; aveva solo conforto nel Cielo, e quando era libera andava su quella torre a sinistra, ove aveva la propria stanza, quella stessa che ella ora sta ricopiando, s’inginocchiava per terra, giungeva le mani e sollevava il capo al cielo: questo solo era la chiesa, era l’altare, era l’immagine ch’ella adorava.
Però dopo due anni parve che Bianca si fosse un po’ racconsolata, sembrava più lieta; talora nella notte quando il marito era assente, fu veduta travestita uscire da una porta segreta del castello, andar nel bosco vicino, e fra l’ombre si scoprì che ivi era un uomo; sovente nel bujo si vide un fantasma tutto avvolto d’un mantello nero aggirarsi sotto la torre, e Bianca calare un filo e ritrarnelo con appesa qualche cosa. Una volta che il Barone era andato a Torino, Bianca scomparve dal castello, e chi diceva che fosse salita il monte, chi si fosse resa a trovare suo padre; certo mancò per tre dì: dopo il ritorno parve più contenta, e si notò che aveva un cordone attorno al collo, al quale era appeso come un amuleto, che teneva nascosto fra le vesti al seno. Si vide poi sovente [443] una colomba, che o vagolava intorno alla torre ed entrava, o di là spiccava e scompariva: insomma tutti questi misterj destavano molti discorsi e non si sapeva indovinarne nulla: i contadini, e i vassalli ne facevano diversi pensieri e sospetti, e ne mormoravano fra di loro.
Però non andò molto che il Barone seppe tutti questi segreti, sospettò la fede della moglie e ne prese una gelosia, una rabbia da non dire. Pose Bianca alle strette, voleva sapere ove fosse stata in que’ tre giorni, perchè fosse uscita alla notte, e non essendo riescito a cavarne nulla, poco dopo le disse d’avere scoperto che teneva un amante e giurò di attenderlo quando venisse a lei, di ucciderlo, e di portarle il cuore ancora caldo. Bianca tremò, impallidì, disse di essere innocente, e più non disse. Però era inquieta, sovente si vedeva in agguato alle finestre della torre a spiare se mai avveniva nel bosco qualche scontro, e se udia un grido; il marito se ne accorse e più divenne geloso e la impaurava con nuove minaccie, le faceva nuove domande; era niente. Un giorno accortosi di quel cordone che aveva al collo, volle sapere che fosse, che nascondesse in seno, e non avendo risposta, fece atto per istrapparglielo; Bianca prestamente gli fuggì dalle mani, trasse una piccola scatoletta, l’accostò alla bocca, e quando il marito la raggiunse era vuota; ei s’accorse che aveva ingojato quanto conteneva. Non fu più freno alla sua ira, la trascinò nella torre, le pose sul tavolo [444] uno stile ed un veleno, e le disse che se al nuovo giorno non le rivelava il segreto, non le dava nelle mani l’amante, l’avrebbe uccisa: sciegliesse fra le due morti; la chiuse e partì.
La povera Bianca era agli estremi fra tanti affanni: che avvenisse in quella stanza del suo dolore non è noto: si vide nella notte il lume sempre acceso, si vide che ella sovente si agitò, si fece alla finestra e guardò il cielo: si vide entrare la colomba ed ella accorla e baciarla; poi una quiete, poi ancor un commuoversi, e finalmente fu spento il lume mentre spuntava l’alba. Pocodopo entrò il fiero Barone, e vide Bianca sul letto che pareva addormentata. Una colomba le era vicina; spiccò il volo ed uscì: ei fe’cenno perchè si prendesse, si accostò a Bianca, la scosse: dormiva l’ultimo sonno. Era composta a dolce quiete, fatte delle mani croce sul petto, non mancava al suo labbro che il sospiro; aveva gli occhi aperti e volti al Cielo; sul tavolo stavano intatti il veleno e lo stile.
Il Barone ne fu sbalordito, dispettoso meno della morte che dell’essergli fuggito il segreto. In quel momento s’ode un grido: — È presa, è presa. — Egli sorride, e poco dopo un precipitare sulle scale, un uomo che porta la colomba ferita da una freccia: — Eccola, e sotto l’ale ha una carta. —
Brillò sul volto del Barone una feroce gioja, stese la mano, lesse il foglio, lo lasciò cadere e impetrò. Era una lettera diretta all’Apostolo del [445] monte, a Riccardo successore di san Bernardo, e diceva: «Il Cielo pare voglia concedermi la palma del martirio: al nuovo giorno mio marito ha segnata la mia morte se non gli rivelo ogni cosa; non uscirà mai dal mio labbro un accento dei conforti che voi mi deste con tanti disagi, pericoli, perseguire la fede di mio padre nel castello ov’è sbandita. Si volea porre la mano profana sull’ostia santa che concedeste a ultima mia consolazione, e il cielo mi diede forza e tempo di farne cibo all’anima. Nulla or mi resta, forse questa è l’ultima colomba che può penetrare la mia finestra: non so che sarà di me: pregatemi dal Signore il perdono: voi poi non vi avventurate per carità contro un uomo formidabile; la sua inimicizia potrebbe distruggere l’Ospizio creato da san Bernardo a tanto benefizio del genere umano: io morrò col segreto in cuore. Sento affievolirmi, commetto alla colomba queste ultime parole e a Dio l’anima mia. Pregate per la povera Bianca».
Letta la lettera, tutti conobbero il segreto della misera, la sua innocenza, e le sue virtù. Se ne sparse la voce, e alcuni confermarono d’avere veduto sovente calare dal monte il venerabile eremita, aggirarsi nel bujo sotto il castello, gittarle solo qualche parola e partire; altri dissero che talora si notò una luce sulla torre ove dimorava Bianca, e quella notte essere stata vivissima ed essersi veduto un angelo che ne portava l’anima in cielo: ella si addormì, e certo si ridestò fra le armonie celesti.
[446] Il Barone, riscosso a quelle virtù, a que’ prodigi, ordinò che si distruggessero nel castello le are profane: fe’ collocare in un sepolcro le spoglie della moglie sgraziata, e innalzarvi un altare e una chiesetta; indi scomparve, nè più si seppe di lui. Alcuni dissero d’averlo ravvisato tra i frati più operosi che sussidiavano i pericolanti viaggiatori sul san Bernardo.
Bianca però non abbandonò mai quella sede del suo martirio: nella notte che compiva l’anno in cui ella giacque esanime sul letto, si vide quella luce e si udirono care armonie nella torre, e seguì lo stesso prodigio ogni anno, e talora chi osò penetrare nella torre fra il bujo, vide quella stanza tutta raggiante di luce, e quivi giacersi Bianca. Durò molti secoli l’apparizione, fino a ricordanza de’ nostri padri; ed io ancor fanciullo, da questo stesso luogo, la vidi innalzarsi dalla rocca come un angelo al cielo sopra un raggio di luna, tutta vestita di bianco e bella... ma ora più non appare, e non ne resta che la cara memoria. —
La Signora era commossa, chiuse il libro ove avea disegnato, e ripetè col vecchio: — Povera Bianca!
[447]