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Defendente Sacchi Novelle e racconti IntraText CT - Lettura del testo |
I DUE BARBIERI
Vi hanno talvolta degli strani ravvicinamenti condotti dal caso, che pajono studiati. Molti giornali di Milano tengono la loro sede a comodo di que’ che vanno per associarsi, in una bottega, che però chiamano col grave nome d’ufficio, e lo scrivono sopra l’ingresso a parole cubitali: così usa la Gazzetta, la Fama, il Censore, il Corriere delle Dame, così il Barbiere di Siviglia.
Quest’ultimo, badate stranezza del caso! andò nel 1833 proprio a prendere bottega, o sia ufficio, nella contrada di san Paolo, dove, passarono [468] due anni, abitava un barbiere di professione. Già torna lo stesso, l’uno adoperava il rasojo e le forbici d’acciajo, e l’altro usa forbici e rasojo colla penna bene appuntata; tagliava l’uno e taglia l’altro; acconciava l’uno la testa e l’acconcia l’altro; l’uno dava novità agli avventori, e questo a chi ne vuole; son tutti e due mercanti, quello di bellezza, e questo di fama.
Ora avvenne che un milanese, il quale da tre anni era assente, e soleva farsi tondere la barba in quella bottega ripatriò. Fece le meraviglie vedendo la Corsia dei Servi allargata, la Galleria De-Cristoforis sòrta di nuovo e in essa i barbieri e i lustra stivali con botteghe arredate coll’eleganza di un caffè, e con giornali per ricreare le persone. Pure non gli allettò, e pensò di andare all’antico suo barbiere nella contrada di s. Paolo. Come giunse presso a quella porticella, e non trovò sopra all’ingresso i soliti piattelli d’insegna, dubitò che fosse sloggiato; però avvicinatosi e vedutovi invece una tavola lucida in campo rosso, alzò gli occhi e lesse: — Barbiere di Siviglia — disse fra sè:
— Ah, ah; il mariuolo! anch’ei s’è posto di moda! lascia i piatti per esporre un cartello: bisognerà pagarlo un po’ di più: pazienza per una volta. —
Entra, e appena pone piede nella bottega, non vede più gli specchi, ma a un lato un cancello, poi degli scaffali con libri, e a fronte un usciuolo con [469] uno spiraglio, che metteva a una stanza ov’era molta gente.
— Ho capito, un’altra rivalità coi barbieri della galleria; quei tengono i giornali, e questo dei libri... Oh si vede che in Milano progredisce l’incivilimento! —
Guarda attorno, e non abbattendosi in alcuno, pensò che la prima bottega fosse destinata a biblioteca, e nell’altra si servissero gli avventori. Nè vedendo giungere alcuno, fuggitagli la pazienza, sospinse l’uscio e penetrò nell’altra stanza. Vi era un tavolo con intorno assise quattro o sei persone; chi grandi, chi piccole, chi coi baffi, chi senza; molti vestiti con eleganza, un altro con manicotti neri, uno con una sopravvesta di tela, e senza badare molto, voltosi a questo ultimo:
— Insomma, disse, mi fanno la barba loro signori, sì o no? —
Alzarono tutti il capo meravigliati, perchè erano avvezzi a udire dei lamenti, ma un parlare di questo modo parve loro nuovo. Un signore che scriveva e aveva il viso pallido e i baffi neri, levò la testa, e un po’ risentito rispose:
— Che barba? —
Allora il Milanese, anch’ei punto che si trovasse tanta indolenza in una bottega da Barbiere:
— Sì, voglio farmi tagliare la barba, e presto, che non ho tempo da perdere: pagherò i miei danari. —
Tutti si guardavano in viso; a quel primo saltò [470] la mosca al naso, e levatosi gli andò vicino con un viso rabbioso:
— Signore, che maniera è questa di venire a insultare le persone? o barba o non barba, qui non si fanno soverchierie: si dice la verità, e se ella si lamenta di qualche articolo, sarà perchè avrà cantato male; noi stiamo alle relazioni, e non siamo pagati da nessuno.
— Che cantare d’egitto? rispose l’altro, io dico di tondermi la barba; non c’è Andrea? mi pare che ella sia un avventore, e qui non c’entri nulla.
— C’entro moltissimo, perchè sono io il padrone. —
L’altro diede addietro due passi.
— Oh perdoni! ella è un barbiere! Signore credevo che vi fosse ancora il buon Andrea. —
All’altro cresceva la stizza, e forse la faccenda si faceva un po’ seria, se in quel mezzo non entrava il galloppino che porta i giornali agli associati, con un foglio bagnato in mano: giungeva dalla stamperia e gridava:
— Presto, presto, facciano le correzioni, perchè è tardi, e la stampa è già in torchio. —
E tosto capitava un altro coi baffi, tutto ansante, che parea portasse la scoperta d’una nuova terra Oceanica, annunziando che la Pasta era stata accordata pel Carnovale alla Scala. — Siamo in tempo ad aggiungerla al giornale, e saremo i primi a dare la gran novità.
Capitava allora un terzo mezzo giornalista e [471] udendo la gran novella, ghignando, aggiungeva: — Malibran e Pasta in un anno! misericordia per le borse dei milanesi! —
In quel mentre entravano un ballerino che annunziava la propria partenza per un teatro di provincia; un tenore che si raccomandava perchè doveva in breve esordire a Bologna, e un Procolo che si lamentava perchè non fosse abbastanza lodata la sua donna; brevemente la stanza era affollata di persone. Si parlava di Barbiere, ma non di barba; quel povero signore non sapeva svolgere l’intricata matassa.
Finalmente s’accostò piano piano ad uno che stava cucendo libri, e dimandatogli bellamente che ne fosse d’Andrea, venne a poco a poco in chiaro, che il barbiere aveva sloggiato, che quivi era l’ufficio d’un giornale intitolato: il Barbiere di Siviglia. Allora disnebbiò l’intelletto, e come ebbe dato luogo quella calca, accostatosi al signore del luogo si chiarì dello scambio, e si divisero ridendo in buon accordo.
A san Michele il Barbiere di Siviglia prese un altro Ufficio, per non abbattersi più in persone che volessero farsi tagliare la barba col rasojo.
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