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Defendente Sacchi Novelle e racconti IntraText CT - Lettura del testo |
II.
La festa
Il castello di Pavia, del quale esiste ancora molta parte, era un palagio magnifico e grande levato da Galeazzo Visconti, e da’ nipoti fatto dovizioso e forte, perchè valesse di regia e di rocca: era a quattro lati, in angolo a ciascuno de’ quali sporgeva una grande torre quadrata; recinto da fosse, incoronato da merli, tutto d’ordine gotico. Nell’interno si apriva un grande cortile quadrato, campo a torneamenti ed a giostre; intorno al quale correva doppio portico, soffolto, il terreno da sottili marmoree colonne, il superiore cogli archi e i davanzali tutti a trafori, ad arabeschi di terra cotta di mirabile bellezza e lavoro. Erano spartiti da tutti i lati diversi appartamenti con stanze sontuosamente arredate o dipinte, talchè valeva [639] ad accorre la corte di qualunque gran Re. Nell’ultimo piano intorno ai merli, e sulla sommità delle torri erano disposti arnesi di difesa. Le torri però aveano nello spessore delle mura una segreta scaletta, che metteva in comunicazione i varj piani cogli appartamenti ducali, che vi erano vicini.
Appena Carlo aveva annunziato di voler alloggiare in castello, Lodovico aveva spedito in gran corsa un suo staffiere, talchè quando giunse il corteggio, era calato il ponte, e aperte le aule più magnifiche. Venne accolto il Re in una grande sala terrena dalla parte che guardava il parco, lunga sessanta braccia, larga un terzo, tutta dipinta a caccie e a torneamenti.
Poichè ivi accolse i primi omaggi de’ cortigiani, si ritrasse, entrò nelle vicine stanze per prendere alquanto riposo, innoltrò fino all’ultima che era nel seno della torre a sinistra, e vinceva le altre di eleganza. Splendida ne era la volta di specchi, entro cui stavano dipinti uomini, fiori, animali; il pavimento era a mosaico ove si alternavano figure storiche e versi; giravano intorno alla parete archipanchi colle spalle alte un uomo, tutti a bellissimi intarsi.
Mentre Carlo quivi si ristorava alquanto dal viaggio, venivano con mirabile prestezza nel castello, Beatrice moglie a Lodovico, i signori di corte, istromenti e quanto erasi apparecchiato nell’altro palazzo; ed udivasi d’ogni parte crescere il [640] fragore, il movimento, i suoni e le grida festive. Dopo un’ora Ludovico e Beatrice entravano dal Re e lo invitavano a prendere una refezione.
Si apriva nel mezzo della gran sala una finestra larga dieci ed alta dodici braccia, protetta da una ferriata che sporgeva sei braccia sulla fossa; sopra questo ballatojo solevano in estate pranzare i Visconti e gli Sforza per avere frescura e la veduta del prossimo giardino e del parco, e quivi fu pure apparecchiata la mensa al Re francese. Appena si assise traevano nella sala cavalieri e dame avvenenti a dargli omaggio, e si spargevano elette armonie; e intanto di fronte al balcone nel giardino rispondevano suoni di clamorosi istrumenti, grida, ed evviva di popolo.
Terminato il vivandare, alcune fanciulle vestite alla foggia di Diana, invitavano il Re a caccia nel parco. Calava tosto il corteggio nel giardino, che era innanzi al castello tutto disposto con bell’ordine e variati fiori: ivi, in mezzo trovarono un’ampia peschiera con acqua limpidissima, entro la quale alcune vezzose contadine raccoglievano i pesci e li gittavano innanzi a Carlo. Allontanato di poco da quel pelaghetto, esso pose piede in un magnifico padiglione tutto di larici, quadrato, largo dieciotto braccia, entro il quale si apriva un grandissimo bagno di marmo, con acqua limpida, al quale si calava per quattro scaglioni; ed ivi pure erano fanciulle che scherzavano colle acque e donne che offrivano presenti di fiori.
[641] Passato il giardino trovarono pronti alcuni cavalli, cani e sparvieri, e le trombe accennarono che incominciava la caccia. Il Re seguito a fianco da Lodovico, corse il parco, si ricreò nel vederne la grandezza, i vari movimenti di terra, e i tortuosi fiumicelli che vi scorrevano entro, talchè davano bellissima veduta. Rimpetto a san Paolo visitò il serraglio degli orsi, e quindi in diversi luoghi la valletta bagnata dalla Vernavola, ove abitavano i conigli, il pelaghetto dove stanziavano gli struzzi: visitò la piccola rocca di Mirabello, e ritornato sull’imbrunire si rese a san Pietro in Ciel d’Oro, e vi ammirò nella sagrestia il grande cenotafio di marmo elevato a sant’Agostino di cui non era il più grande nè in Italia, nè in Francia; poscia passato il salone entro il quale al coperto si potea giocare al pallone, ed ammirata la grandezza de’ Visconti e degli Sforza, ritornò in castello.