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Defendente Sacchi
Novelle e racconti

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§ III.

LO SPAMPANA.

 

Tra questi capitani vi fu pure lo Spampana, ed ecco l’origine di un altro soprannome con cui si usa in Italia ridere alcuno che spaccia grandemente di . Venturino da Pesaro fece una farsa satirica ove introdusse questo bravaccio: per conoscerlo meglio, eccovi parte d’una scena di quella commedia resasi assai rara.

 

Credete a me che aveste gran sapere

Voi Dei, che vi poneste tanto ad alto.

Perchè non ho la forza col volere?

Ch’io salirei suso al primo salto:

E vi farei con questa spada in mano,

Tutti qui traboccare, al terren smalto.

E ancor farei giù rovinare al piano

Il cielo d’ogni intorno, luna e sole

Fosse un che mi mostrasse il cammin strano!

Son più di fatti assai che di parole.

Tremate tutti, e scenda questo in terra,

Chi la mia grazia e la mia pace vuole.

E tu, bravoso Marte, Dio di guerra,

Scendi un poco qua giuso; e proverai

Che furia e forza questo petto serra.

[700] E tu, Tonante fulmina, se sai:

Che quando ho la mia spada e il mio brocchero,

Non te stimo, e se vieni el vederai.

Faccio dovunque io vado un cimitero,

Maraviglia non è, s’io son crucciato,

Perchè ragione ho grande a dire il vero,

Da otto giorni in qua sempre ho giocato

Con gran perdita; ed ora me dispongo

Vincer, sforzar chi me verrà da lato.

Se questa sera ancor qualcuno aggiungo

Che straviato sia, cappa, dinari

Gli ruberò; che io segno, ove mi appongo.

Io ho per traccia non so chi usurari;

Che s’io li trovo a mezza ora di notte

Li purgherò senz’acqua e lattovari.

Quelle persone ben saranno dotte,

Che sapranno fuggirmi a furia tanto:

Però ch’io meno disperate botte.

Guarda, se questa spada brilla e canta!

sia chi frappatore me chiamasse

Frappa sol quel, che men del ver se vanta.

Chi è quel che me vedendo non tremasse?

Oh squarcia polpa mia quanto faresti,

Se il mondo tutto a ferro e a fuoco andasse!

 

Seguono altri versi ne’ quali costui narra maraviglie: indi aggiunge rizzandosi tutto pomposo sulla persona, con Assuero presente:

 

El Spampana mi chiamo, e un uomo sono,

Che faccio altrui paura sol col sguardo:

Ma a chi ben voglio, non mai l’abbandono.

[701] Uomo al mondo più bravo e più gagliardo

Di me non si ritrova; e te vodire

Tutte le prove mie senza riguardo.

Mille in un giorno ne ho facto morire.

 

Ass.

Sì delle Mosche.

Sp.

Che?

Ass.

Va pur seguendo

Che infino adesso tu me fai stupire.

Sp.

Io sono un poco sordo e non te intendo.

Ass.

Seguita dico.

Sp.

Oh Oh! t’ho adesso inteso.

Ass.

Poichè l’è sordo gran piacer ne attendo.

Sp.

Da birri un’altra fiata essendo preso,

A terra me gettai: e li fu forza

Portarmi alla prigion tutto di peso.

Ass.

Odi prodezza! Io veggio che’ l rinforza

Le sue bravate.

Sp.

Che ti par di questa?

Ass.

Mi par gran cosa. Olà! che andate all’orza?

Sp.

El me venuto un non so che in la testa.

Ass.

Forse fumo sarà de l’acquavite.

Sp.

Che?

Ass.

Qualche passion che te molesta.

Sp.

Quante ne han fatte queste mani ardite?

Ass.

Sì, de’ furti.

Sp.

Che dici?

Ass.

Dico bene.

Credo facto abbi cose alte, infinite.

Sp.

Quanti ne ho salassati per le vene!

Ass.

Sì, de le botti.

[702] Sp.

Dir non lo potria.

Ass.

Tel credo che a’ tuoi pari spesso advene —

Lettori, ora lo avete conosciuto.

 

 

 

 

 

 

 




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