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Defendente Sacchi
Novelle e racconti

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LA ZINGARELLA DEL CORREGGIO

Novella

 

Era in Correggio una fanciulla quindicenne orfana de’ cari genitori: afflitta da gravi mali e più dalla melanconia, sul primo albeggiare della vita, si immaginava essere prossima al tramonto. In questa persuasione la povera Girolima Merlini, aveva chiamati intorno a alcuni parenti, legava loro il retaggio paterno, e quasi fosse prossima l’ultima sua partita, non aveva altro pensiero che della vita futura. Il male non era estremo, ma con quella afflizione ella lo avvicinava: era ancora fresca, era avvenente, ma come rosa percossa dal sole pareva [338] prossima a perdere le foglie: trascinava lento l’egro fianco per le dolorose sue giornate, che divideva fra le preghiere nel tempio, e la mestizia nella solitaria stanza.

Un mentre rendevasi come soleva alla chiesa, le occorse innanzi nella via un giovane, cui appena fioriva il quinto lustro: d’aspetto leggiadro e di bella persona, gli splendeva sul volto un’anima accesa, inspirata: lo vide e sentì darsi una nuova dolcezza al cuore, chinò gli occhi e avvolta nel velo proseguì in sua via. Osservò il giovane il soave volgersi di quegli occhi, osservò quel viso che sebbene mezzo coperto dal velo e sparso di pallore, avea pur tanta avvenenza. Tacito le tenne presso, la considerò nella preghiera del tempio e come ella uscì, l’attese nel luogo ove prima la conobbe: si incontrarono i due giovani e si scambiarono uno sguardo fuggitivo: seguì lo stesso per varj giorni e quegli scambievoli sguardi rivelarono le scambievoli inclinazioni.

Pareva che i mali si alleviassero a Girolima; si diradava la sua melanconia; se le diffondeva sul volto una letizia, ed apparìa più bella: il giovane che appena la vide e ne fu preso, accertatosi di essere risposto, fece in modo che potè entrarle in casa, le proferse i propri affetti, la propria mano: ella li accolse e furono fidanzati.

Questo giovane era un pittore: già aveva condotte in quella verde età opere che il levarono a grande riputazione: aveva dipinti varj quadri a [339] Mantova, a Correggio, a Carpi; aveva frescati a Parma parte del cupolino di san Giovanni, e una stanza nel convento di san Paolo; aveva dipinta la sfida di Apollo e Marsia, e la punizione dell’audace che osò contendere col Dio del canto, tavola onde è lieta Milano e fregia il palazzo del duca Litta, ove sono accolte opere insigni d’antichi e di moderni artefici. Era questo pittore Antonio Allegri, che dalla patria fu surnominato Correggio; il divino che al bello delle altre scuole italiche, associò quella grazia che non è in potere umano, definire, insegnare, ma che è un senso intimo di pochi privilegiati, un’emanazione del cielo, e i Greci stessi non seppero simboleggiare nella bellezza, ma ne crearono una deità a parte, e vollero che mai non se ne scompagnasse.

Le virtù dell’artista s’insinuavano ogni più nell’animo di Girolima; e spogliava ogni triste pensiero nell’immagine d’una futura felicità, e rifioriva a nuova bellezza. L’Allegri ardeva d’amore; gli pareano lenti i giorni che si volevano per allestire le nozze, e intanto desiderava aversi almeno il ritratto della bella: fu vana ogni sollecitudine, la modesta nol consentì che glielo facesse; sicchè il povero artista cercava l’immagine di lei in tutti i dipinti a cui poneva mano, e non trovandola, volava a lei dimentico del lavoro. Venne finalmente il sollecitato, era nel 1520, gli amanti furono all’altare, e scese sopra di loro la benedizione nuziale.

[340] Quindi l’Allegri è chiamato a nuove opere a Parma, e seco adduce la sposa: ivi divide con lei e cogli studj le ore beate. Era nel suo cuore la letizia d’un bene che si possiede e la speranza d’uno futuro: dipingeva in vario modo la Vergine, e sovente desiderava ritrarvi la sposa, ma ella sempre si rifiutava, e gli pregava si guardasse avvilire colle sue povere forme l’idea della Madre d’Iddio. egli osava scontentarla, e invece esprimeva una sua segreta speranza, ora pingendo la Madonna della Cesta, ora quella che impone al Bambino la camiscia, mentre san Giuseppe gli presenta alcune ciliege; e diceva alla sposa sorridendo — Oh quando tu bamboleggierai sulle ginocchia un figlio nostro, allora io lo copierò, non è vero? me lo concederai? sarà bello come te, sai?... — La modesta sposa chinava il capo arrossendo, e con uno sguardo non so se di rimprovero o d’amore gli diceva: — Taci. —

Allora ei faceva nel segreto del cuore un voto, e dipingeva ad olio un’Annunciata; fu esaudito, e la sposa accolse nell’alvo materno un figlio.

Intanto si spargeva intorno una voce di guerra, minacciava Parma, e Antonio che temeva per la sposa fra que’ tumulti, la inviava nella quiete di Correggio; ei promise seguirla appena avesse condotti a termine alcuni cartoni che stava lavorando per nuovi freschi allogatigli per la cupola di san Giovanni: si divisero e l’ultimo saluto fu un desiderio.

[341] Volsero pochi giorni dachè Girolima erasi condotta in patria, era la fine d’aprile del 1521, e l’Allegri sul ponte della cupola disponeva i lavori e pensava alla sposa: ode un suono di guerra; cingono Parma armi ed armati, ei si scuote. — E se stringono la città, e non posso più uscirne? e se pur si avvicinano a Correggio? e Girolima!... — Gli cadono le matite e i disegni, precipita le scale, si agita invano per Parma per trovare una cavalcatura onde rendersi in patria: infine furente corre dal Celerario del convento di san Giovanni e il prega di dargli il proprio cavallo; quei nega perchè gli duole vedere sospeso il lavoro, e il pittore invece minaccia distruggere i cartoni e non fargli più nulla: l’altro allora gli chiede molto valsente, cioè otto ducati d’oro: Antonio trae la matita, gliene fa scritta sul prezzo del lavoro della cupola, sale il cavallo, e vola alla sposa; e confusero insieme dolcemente le più care affezioni.

Intanto ferveva a Parma la guerra, e Antonio nella terra natale divideva le ore colla compagna e con nuove opere; viveano comoda la vita e perchè entrambi figli di ben nati cittadini avevano beni paterni, e perchè Antonio traeva buon guadagno dalle proprie opere2. Egli pingeva l’Antiope, [342] e pur creandosi nel pensiero i casi futuri della propria famigliuola, giacchè Girolima sempre negava ei la ritraesse, la raffigurava siccome un simbolo: pingeva la Sacra Famiglia ove il Bambino insegna a leggere al fanciullo Battista, ed altre opere ove esprimeva i proprj affetti, poichè nella creazione del genio, è sempre trasfusa la vita interna dell’autore.

Finalmente ai tre di settembre nella casa del Correggio era una festa, era un tripudio; egli era padre di vezzoso fanciullo cui pose nome Pomponio, e salì poi ragguardevole nell’arte paterna. Gli sposi furono beati, e mentre la donna sporgeva al caro portato il latte d’amore, Antonio le usava le più solerti cure.

Fra quelle domestiche dolcezze, fra i vagiti e le avvenenze di quel bimbo, i disagi e l’amore della madre, e le care letizie che ne seguivano, il pittore delle grazie accoglieva i germi di quei pensieri che doveano fecondargli la mente a creare la Natività, il san Girolamo, e la Madonna della [343] scodella, opere ove è tutto trasfuso l’affetto di famiglia; a creare quegli Angioli che sembrano discesi dal cielo a rallegrare la volta del tempio di Dio, opere tutte ove è sì potente la verità d’una ingentilita natura. Il pittore divideva colla moglie e coi lavori le ore beate della vita, e forse fu allora che si compiacque convertire il proprio cognome in quello di Lieti. Usciva poche volte di casa a brevi passeggi, e ritornava volonteroso fra quella innocente soavità che solo è concessa ad amanti e sposi.

La buona Girolima rispondeva a quelle affezioni col porre le maggiori cure al figlio: sovente nella stagione estiva sedevasi al rezzo d’alcune piante d’un suo giardino, e se ’l recava in grembo, e spogliatolo delle fascie importune, e ravvoltolo solo d’un breve lino, perchè libere le membra meglio si sviluppassero, siccome una pianta che cresce, gli cantava le nenie della balia e lo addormiva: stava indi a contemplarlo con quell’affetto che sente solo la buona madre che allatta la propria prole.

Un Antonio era uscito di buon mattino, e intanto la solerte moglie levatasi e dato ricapito alle domestiche faccende, si era appunto assisa fra alcune zolle del giardino, vestita rimessamente con un abito di tela greggia, e con avvolto ancora il capo in un fazzoletto da notte; addormentato il pargolo sulle ginocchia, pendeva sopra di lui tutta assorta in quel caro affetto di madre, [344] che toglie alla donna ogni altro pensiero che non sia d’amore.

Ritorna in questo mezzo il pittore; la vede, lieve innoltra sicch’ella non se n’accorge, la guarda: quella natura e quell’affetto lo commuovono, gli corre un pensiero alla mente; egli ha creato: nell’entusiasmo si applaude, batte palma a palma. — Va bene. — La donna si scuote, lo vede e gli sorride, ed egli accostatosele, le manifesta che ideò pingere un Riposo della Vergine, se le consente di copiare quella sua attitudine e il bimbo. Ella non sa negarlo che desiderava vedere ritratto il fanciullo; però gli rinnova il solito divieto sul proprio conto: Antonio nulla risponde, corre per una tela, gitta il primo abbozzo, e coglie quel momentovero.

Lavora le intere giornate intorno a quell’opera, talora a mente, più spesso copiando il gruppo che la sposa si compiaceva d’offrirgli standogli a modello. Ogni volta che ella si levava da quell’ufficio, accostavasi al marito, e appoggiata lievemente al dorsale della sedia di lui, mentre egli si rivolgeva a vezzeggiare il fanciullo, osservava il lavoro, e ne compiaceva: vedeva ritratto il suo pargolo con tanta verità che pareva respirasse, e ne dava lode al pittore; ei la raccoglieva nell’animo e gliene sapeva grazia stringendole la mano.

Però Girolima teneva sempre d’occhio alla Vergine. Il Correggio l’aveva vestita con quell’abito semplice di tela della moglie; co’ suoi capelli biondi, [345] ma però quel fazzoletto notturno del capo lo aveva convertito in certe bende ravviluppate colle treccie, che offrivano un’acconciatura studiata: il volto era appena abbozzato e non aveva alcuna forma: quindi la donna vedendo che in parte s’era scostato dal vero, viveva sicura che avrebbe fatto un viso ideale. Il quadro era omai sul finire e quel volto era pur sempre incerto, abbozzato: ella il sollecitava perchè il pingesse, e Antonio le rispondeva abbisognargli un momento d’estro, essendo costretto cavarlo solo dalla propria fantasia.

Finalmente dopo continuato lavoro, dice che vuole lasciare in riposo quella tela, per riprenderla con miglior lena: ne allestisce nello studio una nuova, vi pone mano, ma alla mattina appena albeggia è intorno all’antica, e vi lavora nelle poche ore che la moglie riposa: quando giungeva il momento ch’ella andava nello studio, la riponeva. In que’ il pittore era tutto lieto, guardava di continuo la moglie e sorrideva; ed ella invano il sollecitava per sapere la causa di quella sua gioja: le rispondeva con una carezza.

Al quarto giorno appena ei vide levata la Girolima, le fa prendere in braccio il figlio e la conduce nello studio — Eccoti la compiacenza di questi giorni. — Ella alza gli occhi e vede sul cavalletto il Riposo finito.

A’ piedi di una palma, in luogo eremo, siede la Vergine su un rialzo di terra; colla gamba destra accavalcata alla sinistra, tiene in grembo abbandonato [346] il Bambino dormiente, che soavemente accoglie e sorregge colla mano sinistra, mentre colla destra quasi cadente presso a un piede di lui, pare incerta se lo tocchi per non destarlo; ella si piega graziosamente sul putto quasi dimentica di , quasi nel riposo di quella quiete materna, tanto soave in una madre. Il Bimbo è solo avvolto da un pannolino che gli ricopre in parte la spalla destra e le coscie, ed offre di scorcio la testa e una parte del petto. La Madonna ha una veste semplice, come di una tela fina greggia che la ricopre fino all’attaccatura del collo. Le avvolge le ginocchia e le gambe un manto di colore d’acqua marina, dal quale escono i piedi coi sandali; l’acconciatura del capo è bizzarramente formata da una benda, che con varj giri e nodi si avvolge ed attortiglia colle treccie bionde. Sopra il capo della Vergine si libra un Angelo colle ali, il quale pare scherzare fra alcune palme pendenti. Fra le frondi vi sono tre uccelli de’ quali un picchio, volatile comune a Correggio, sulla sinistra del riguardante, un grazioso coniglio: finalmente nella parte più bassa terra terra, un rivo. Tutto è d’una grazia incantevole; vi è l’inspirazione d’amore.

La modesta donna vide nella Vergine il proprio ritratto, si turbò e volse un’occhiata al marito con quel fare che in una persona soave è un lamento, ma non osa spuntare sulla bocca. Ei però la intese, pigliò la tavolozza, e con un grosso pennello, fece un rimestìo di colori. — Non sia mai [347] ch’io ti scontenti; l’animo mio gioì la sua voluttà, espressi quanto sentiva; tu il condanni e tutto si sperda collo sdegno de’ tuoi occhi. — Si accosta al quadro e stende il pennello per cancellare.... ma una voce dolcissima e una mano lo rattiene — Ah ferma: operabella! — È la sposa: ei si rivolge, la guarda: la donna sorride; gli aveva perdonato.

Intanto erano quietati a Parma i tumulti di guerra, e l’Allegri venia dimandato a condurre a fine l’opere incominciate; i monaci poi di san Giovanni per legarlo di gratitudine, ne’ Comizj tenuti in quel tempo a Praglia, gli avevano dato diploma di fratellanza, onore solo concesso agli uomini di gentile nazione. Però la salute del suo fanciullo non consentì alla moglie di seguirlo, talchè si divisero con rincrescimento.

Antonio volle portare seco il quadro ove aveva dipinti que’ due esseridiletti, e giunto a Parma lo collocò nella propria stanza, e avea solo conforto di guardarlo. Intanto pingeva sulla cupola Gesù fra una luce di Paradiso, gli Apostoli ed alcuni Santi; lavorava lunghe ore, e poi volava a casa per vedere l’effigie del figlio e della moglie e tornava all’opera. Beato della ricordanza che gli recava quel dipinto, ei non vi credeva merito d’arte e poco curava di mostrarlo altrui: però alcuni che il videro il giudicarono mirabile lavoro, e dall’abito schietto della Vergine, dall’acconciatura che teneva dell’egiziaco, o delle Zingare, non [348] già il Riposo, ma il surnominarono la Zingarella, e tale fu sempre poi chiamato.

Volgevano alcuni mesi, e già il piccolo Pomponio prosperava, talchè si potè avventurarlo al viaggio: Antonio corse a Correggio, e condusse la moglie a Parma, e siccome pure pingeva ancora in san Giovanni, per avere comodità di ritornare sovente a casa, ne appigionò una presso quel convento in borgo Pescara. Già si era sparsa notizia della Zingarella e molti desiderarono vederla, e tutti la commendavano: l’Allegri era lieto di quel sorriso che vi tributavano, e diceva alla sposa — Vedi; tante lodi? tutte mi vengono dalla tua avvenenza. — Ella si facea tutta vermiglia, e con un vezzo pigliandogli alquanto la barba — Oh sei cattivo! —

Anzi quella frequenza di persone incresceva alla donna, e perchè non amava essere veduta, le conveniva stare sempre chiusa nella propria stanza. Quindi per toglierle quella molestia, il pittore pensa di recare il quadro sul ponte in san Giovanni, e perchè fosse alla veduta degli amici, e perchè si avvisava d’avere ivi la compagnia della sua famigliuola. Infatti attese più lungamente al lavoro, e condusse innanzi la cupola, e fece di chiaro-scuro in alcuni ovali, la morte d’Abele, il Mosè nel roveto, l’Abramo, Sansone che ha sulle spalle le porte di Gazza, e la balena di Giona. Lavorava con quel fuoco che è inspirazione del genio, e poi per pigliare riposo, [349] mentre il Rondanino gli faceva i fregi, s’affissava nella Zingarella e le parlava come se fosse presente la moglie. Ad ogni tratto gli capitavano poi sul ponte a vedere quel dipinto gli amici, i conoscenti, e tutti i viaggiatori che passavano da Parma.

In questo mezzo vi giunse un signore che veniva da Roma e viaggiava incognito: appena seppe di Correggio e della Zingarella, andò in san Giovanni; vide una grazia nella movenza della Vergine, una avvenenza seducente in quel viso, che gli cercò l’animo, e voltosi al pittore:

— Maestro, come mai giungeste a cavare dall’immaginazione un volto di tanta simpatia? —

Sorrise l’artista e lo guardò compiacente — Eppure quel volto io lo posseggo, ma non nell’immaginazione. —

L’altro nol comprese, e Antonio piacevolmente gli narrò, che era il ritratto della propria sposa, e il modo onde era riescito a copiarla. Quell’ignoto stava muto ad udirlo, e il pittore pur narrava: ei credeva quel silenzio naturale vaghezza; era invece un combattere di passioni e di pensieri che succedevano in cuore del forestiere; costui non poteva levare gli occhi dal dipinto, era preso alle avvenenze di quella donna.

Partì silenzioso, dopo poco ritornò sul ponte, guardava il quadro e sospirava; e lo ripetè più volte nello stesso giorno: l’Allegri credendolo entusiasmo pel lavoro ne compiaceva, che è sì cara la lode anche ne’ più modesti.

[350] La notte si volse tempestosa per quel signore; sognava la Zingarella. Desiderava vederne l’originale, ma l’artista non lavorava in casa; ei seppe che quando andava con alcuno allo studio, la moglie se ne stava celata nelle proprie stanze col fanciullo: provò ogni maniera; prima chiese l’Allegri di vendergli il quadro, ei rifiutò, aggiungendo che gli era caro quanto la sua famiglia: poi il pregò di fargli il ritratto, rispose che non aveva tempo. Il viaggiatore era dolente, irrequieto, si agitò un intero in vane prove; finalmente la intemperante brama gli suggerì nuovo consiglio. Alla prossima mattina è in san Giovanni, e sul ponte: scambia alcuni discorsi indifferenti col pittore, indi guardando al quadro si caccia a ridere: l’artista si volge e gli riesce strano quel motto, gli sale il fumo alla testa, e quasi gli venne voglia di farlo volare dalla cupola; ma nel girare la vista bieca vide la Zingarella, e succedè la calma nel suo cuore; però non tacque.

— Signore che avvenne? — Nulla — Oh! per nulla non si ride: trova forse delle magagne in quel quadro? — Avete indovinato. —

— Ebbene sentiamole: forse di disegno? sappia signor mio, che in poche opere ho posto tanta cura, e ne porrò mai in questa parte, perchè, a dirle il vero, quando ho in mano la tavolozza, senza tante sottigliezze, mi pare di potere cavare buon effetto coi colori: son pittore anch’io.

— Eh! su questo lato non v’ è a ridire: se [351] disegnaste sempre a questo modo, forse porreste una pulce all’orecchio a quei signori di Roma; vidi, or fanno venti giorni, le loggie ed alcune sale del Vaticano, vidi la Psiche sulle vôlte di casa Ghigi... e notate che Raffaello innamorato d’una fornaja di ripa grande, poco vi attende, e lascia tirare innanzi da Giulio e dagli altri scolari: sono opere finite solo in parte, eppure maestro Antonio, se vedeste che disegno! certo anche coloro si sgomenterebbero se osservassero questa Zingarella ed altri vostri freschi ove è tanta grazia, perchè essi talvolta non sanno trovare che il bello; ma se venissero a guardare pel minuto tutte le storie di questa cupola... capite bene? Vi è del grandioso, ma quei muscolirisentiti; certe...

Intanto Correggio dava quattro tocchi al manto d’un Apostolo, e bramava che venisse alla conclusione, perchè quel difetto annunziatogli gli era una spina. — Eh! a Roma vi è capitale per imparare: io finora non vidi che le cose del Mantegna, e sono costretto cavare tutto dalla mia povera testa; perciò commetto errori e ne saranno sfuggiti anche in questa tela... —

Gettò il pennello nel vicino vaso, saltò in piedi e colle mani l’una sopra l’altra posate sul ventre, fissava la Zingarella. — Eppure mi sbattezzerei; o ella s’inganna, o io ho perduto gli occhi; io non so trovare... via mi cavi una volta di curiosità: fuori questo rantolo di gola. —

Il forestiere ride piacevolmente. — Eh via, non [352] vi inquietate, non è poi gran male; è verità storica che manca. —

L’altro un po’ stizzoso. — Che storia! che favola! — Non m’avete detto che quella Vergine è il ritratto di vostra moglie? — Sì certo. — Ebbene v’ha chi sostiene esservi poca somiglianza, e che così per favorirla, gli abbiate sparsi intorno un po’ di quei fiori, che avete tanto spontanei sulla tavolozza. —

Il pittore si accende. — Sono maligni: così avesse risposto il pennello al vero! povera Gerolima! — e guardava il quadro — oh sì! quel tuo vezzo, quella tua soavità, io non saprò mai esprimerle coi colori. —

L’estraneo lo rimirava con quel sogghigno che accenna non aver fede nelle parole. — Maestro, avrete ragione, ma io vedete — e accennava a un san Tommaso — sono come lui, non credo che ai miei occhi. — L’artista lo sguarda, scuote il capo, prende il berretto —. Andiamo. — Calano il ponte, sono alla casa e nello studio dell’Allegri. Questi manda tosto un fattorino alla moglie dicendole che bisognandogli d’uscire subito, mentre dava ricapito ad una cosuccia, desiderava vedere il fanciullo, che alla notte aveva udito vagire sovente, e glielo portasse, e aggiungeva al messo si guardasse bene di dire che vi era un’altra persona.

La buona Girolima tosto piglia il figlio in braccio, e così negletta come era, vola allo studio ed entrando diceva ridente. — Pomponio sta bene, [353] non dubitare che lo faremo pittore... — In quel momento vede il forestiero, si ricompone, fiammeggia di bella modestia, gli rende il saluto, e fa cenno di prendere licenza.

A quella apparizione l’ignoto restò maravigliato, e quella creatura gli parve più bella che non aveva pensato. L’Allegri il vide e sorrise, e volendo pur trattenere la moglie, se le accostò, e si pose a vezzeggiare il bimbo.

— Perdona se ti chiamai, ma ora usciamo subito e non voleva.... — Il signore interruppe avvicinandosele — Madama, la ventura è mia, che mi è dato conoscervi — ed ella il ringraziò abbassando la testa. Ma colui la fissava importuno con due occhi accesi, poichè quella simpatìa che gli aveva desta il ritratto, vedendola s’era tramutata improvvisamente in veemente passione. Quegli sguardi procaci increbbero alla donna, e si mosse per ritrarsi: allora l’innamorato più non sapendosi tenere — Ah signora! ben vedo che l’arte è minore della natura; vostro marito ha ragione, siete sì bella... — Girolima gli fece un inchino, e partì.

Allora Antonio s’accorse d’essere stato imprudente e importuno alla sposa, ed entrò sopra pensiero: il forestiere restò confuso: uscirono silenziosi, e dopo poco si divisero con un semplice saluto.

L’artista ritornò a san Giovanni: quella visita doveva essere incresciuta alla moglie; però egli [354] aveva a sua difesa l’affetto che le portava, che fa velo alla ragione, e confidava calmarla. Ma intanto la passione di quello sciagurato sconosciuto non quietava: corse varie contrade come fuori di : ora disperava, ora si faceva illusione, e credeva che in quel chinare degli occhi e in quel rossore della donna, fosse una corrispondenza: stabilì di parlarle, aprirle la propria passione. Passò da san Giovanni e accertatosi che l’Allegri era sul ponte, volò alla casa di lui, e si fe’ annunziare a Girolima come chi avesse qualche cosa di gran fretta a dirle per parte del marito.

Ella venne tosto col suo bimbo in braccio, e appena il vide e il conobbe, ne fu turbata, si raccolse severa in se stessa, e gli chiese che desiderasse. Colui non sapeva nella veemenza degli affetti trovare parole: le disse confusamente che veniva perchè volesse indurre il marito a vendergli la Zingarella. Ella rispose che non s’impacciava in negozj; e colui tosto a protestarle che senza quel quadro non aveva riposo, che l’avrebbe coperto dieci volte d’oro... — Io ho bisogno di vedere voi in quell’effigie... siete il solo pensiero della mia vita... perchè non siete ancor nubile ed io vi offrirei la mia mano?... perchè non persuadete a vostro marito di uscire di Parma? ed io vi offro nuova patria, lavori e ricchezze... voi sarete prima fra quante fregiano una splendida corte, voi sederete sul seggio che merita tanta avvenenza. — E apriva l’abito, e lasciava che gli splendessero sul petto alcune insegne ducali.

[355] Girolima lo aveva udito severa e senza commuoversi, lo guardò col fare d’una virtù sicura che impone ossequio. — Signore, l’oro, gli onori, quelle insegne allettano la sposa d’un modesto artista. Appunto perchè siete grande sulla terra dovete pel primo rispettare... Signore, lo splendore vostro non è per questa casa, le vostre parole non sono per chi l’abita: non vogliate turbare la pace di due sposi, e almeno siate grande nel vincere voi stesso. — Strinse il figlio al seno, e si ritrasse.

Quella severa virtù fece vergognare il duca dei suoi folli pensieri: uscì a capo chino da quelle mura, ove da una moglie pudica l’era stata insegnata moderazione: traversò le vie di Parma cogli occhi bassi, e gli parea che tutti guardandolo gli leggessero in volto il proprio errore e lo rimproverassero; si tenne quieto finchè ebbe tutto disposto per uscire di quella città. Prima però di partire andò dal Carbazzi medico del Convento di san Giovanni suo conoscente, e sapeva amico del Correggio; lo strinse in segreta stanza, parlò a lungo con lui, indi si rimise al suo viaggio. Ritornò alla propria corte… non parlò mai di quella ventura: solo quando udiva discorrere del Correggio, arrossiva e soffocava un sospiro.

Dopo un anno splendeva una festa nella corte del Duca, ove aveva unito il fiore de’ cavalieri e delle dame. Finito il banchetto, una melodia [356] soave chiamò i convitati in una splendida sala, nel mezzo della quale era collocato un arredo ricoperto: quando tutti vi furono stretti intorno, il Duca stesso rimosse la cortina: era una copia della Zingarella fatta per mano dello stesso Correggio: ei non aveva saputo negarla al medico Corbazzi, quando gli levò al sacro fonte una fanciulla natagli nuovamente. Tutti lodavano quel dipinto e le grazie di quella Vergine; e udito che il pittore aveva ritratta la moglie, la proclamarono avvenente; il Duca rispondea, che era del pari bella e virtuosa.

[357]




2 Fu primo Vasari a gittare l’opinione che il Correggio fosse povero: la seguirono varj, e non ha molto il primo tragico vivente danese Adamo Oelenschlaegen [342] fece un dramma intitolato il Correggio, ove lo presentò come un miserabile del volgo, che dipinge sulle piazze e porta in viaggio i proprj quadri in ispalla come un facchino: però nel dramma vi sono delle scene bene inspirate sebbene sia tutta falsata la storia. L’Allegri fu gentiluomo, ebbe molti beni di fortuna, gli furono ben pagati i lavori, come provò il Lanzi e il Pongilione. Gli avvenimenti ora descritti spettano alla vita del Pittore dal 1520 al 1524.






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