Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Defendente Sacchi
Novelle e racconti

IntraText CT - Lettura del testo

Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

LA CUFFIAJA

SCENE CONTEMPORANEE

 

I.
Le vestali del secolo xix.

 

 

Vieni meco a pigliare una cravatta di moda — diceva un giovane elegante di Milano a un suo amico provinciale — vieni in questa bottega, e vedrai che bel mondo; tu non ti sei ancora scosso la ruggine della provincia — e pose la destra sopra una molla d’ottone, girò sui cardini la porta rilucente a cristalli, e dentro; l’altro il seguiva come una capra, si scosse che al vedersi in un luogo che gli parve d’incanto. Le pareti erano tutte rivestite di carte storiate e di specchi; intorno giravano a fregio drapperie semi-svolte fra [396] cilindri dorati; da un lato eleganti ottomane e seggiole, dall’altro un lungo banco che tutto lustrava come un metallo forbito, e dietro scaffali ove erano in bella mostra stoffe ed arredi donneschi d’ogni foggia e qualità. Sul fondo poi di quella stanza era un rotondo tavoliere, intorno al quale correva un rialzo di panno verde, e vi sedevano in giro su sofice tamburetto dieci creature femminine, varie di aspetto, di acconciatura e di vesti, ma giovani tutte, e tutte in apparenza avvenenti e vaghe. Su quel tavolo che un classico paragonerebbe ad un’ara, vedevasi un arsenale di leggiadre bagatelle: garze, veli, fiori, frangie, e valevano a quelle fanciulle a gravi lavori che consultavano col figurino delle mode: chi appuntava uno spillo a un cappellino; chi raggiustava una cuffia, chi cuciva merletti a una pellegrina con tanto studio e misura che più non potrebbe un artista a condurre una statua o un dipinto; e n’aveano ben donde, perchè da uno di quegli spilli bene o male appuntati, potea dipendere la felicità d’una signora per un giorno, e l’essere proclamata prima alla festa od al teatro.

Ma per quanto occupasse quelle ninfegravi pensieri, appena videro entrare in quel santuario due uomini, fu un movimento solo delle loro testoline a guardarli, sicchè le parvero frasche mosse dallo spirare di un vento procace; indi sorse fra loro un sogguardarsi maligno, un bisbigliare, e certi risetti geniali, e un rispondere col girare in varj [397] modi il capo al giovane galante che spiccio spiccio scivolò fino presso al tavolo, e le salutò con molta cortesia. Il provinciale ben s’accorse che l’amico non era ignoto a quelle verginelle, ma si rimase sull’indietro e alquanto scompigliato al vedersi fulminare da tanti occhi da basilisco, nella certezza che il suo fare alla buona fosse causa dei sogghigni e delle occhiate compassionevoli che le maliziose si scambiavano.

Appena il compagno ritornò a lui, impaziente gli chiese ove lo avesse condotto, e se non era meglio andarsene. — Pazzo, gli rispose, si vede che non hai buon gusto: e tu ami le arti? che Marchesi; che Diotti? osserva e vedrai se sanno creare tanta grazia d’Iddio — Oh! dimmi sono Vestali costoro? — e l’altro ridendo — Certo, fuoco non ne manca, anche d’appiccare un incendio.

Cessava quel loro sommesso dialogo, l’accostarsi della padrona del loco, la quale con bel garbo li dimandò che desiderassero, e uditolo dal galante chieditore, tosto mise fuori sul banco fazzoletti, trine, guanti, e sorse un bisbiglio di parole fra loro, un mutare di cose, che parevano a un duello. Intanto il provinciale s’era fatto un po’ d’animo, e punto da curiosità, era inoltrato verso quelle deità e alquanto titubando chiese.

— E per me le signorine, hanno nulla? — E tosto una molto vispa — Tutto quel che le piace in servizio della testa fino ai piedi; berrette, [398] camicie e calze di seta. — E un’altra aggiunse: — Avverta però che qui non si dispensa il giudizio. — Il provinciale aveva le mani alla cintola, e non seppe rispondere a proposito, e trovandosi un po’ impicciato, convenendo ritirarsi, riprese: — A che valgono tutte queste stoffe onde è ingombro il tavolo, e paionolievi che le porterebbe il vento? — e tosto a lui la prima — Servono tutte ad ornare le signore per apparire al corso ed al gran teatro: sì, tutte cose leggiere e che si levano presto. — Saranno dunque per la testa — No anche pel resto della persona — e tutte ghignavano e il poveraccio era impicciato come un merlo in una rete. Ma gli capitava a gran fortuna a soccorrerlo l’amico, che rappiccò una conversazione un po’ più lieta, e chiamando a nome ora l’una, ora l’altra, gittava loro certe domande e certi motti, che ben scoprivano ei fosse assai innoltrato ne’ loro misteri, e non erano pochi.

In questo mentre si ferma nella via una carrozza, ne cala una signora di mezza età, ed entra nella bottega: tosto muove a incontrarla la padrona e l’adduce ad una seggiola che tutta occupa della sua persona: saluta colla mano confidente quelle lavoratrici e tosto alcune sorgono, le portano varj arredi intorno a’ quali stavano lavorando, e chi le leva il velo, chi le toglie la cuffia di capo, e gliene assesta una nuova; chi le scioglie dal collo l’increspata gorgeretta, e gliene cinge una immane alla spagnuola, chi appunta [399] uno spillo, chi porta uno specchietto e applaude. — La va bene, proprio a pennello — e la signora se ne compiace, poichè sono pur cari i sussidii della modista a mezza età; e intanto alcuna sull’indietro loda, o sogghigna alle spalle di lei; insomma un quadro per Migliara.

Il provinciale cominciava a ricrearsi di quella scena, e ridottosi in un angolo faceva vista di leggere il Corriere delle Dame, e spiava tutto colla coda dell’occhio: il gajo milanese invece che aveva conoscenza con quella signora, s’era ficcato fra quel gruppo di donne, sentenziava sui lavori, e allungava anche le dita non so se ad aggiustare o a sconciare qualche cosa. Venuto a termine quel grande tramestìo, la signora disse alla mercantessa: — Mi piace tutto, ma le raccomando che quella blonda e quelle stoffe siano di Francia, perchè altrimenti le ritorno addietro. — E l’altra con un inchino — Non dubiti, madama, qui tutto ci viene da Parigi.

Il provinciale a quelle parole si dimenò alquanto sulla sedia, indi voltosi alla cuffiaja, malignamente le disse: — Per verità mi duole ch’ella abbia solo blonde di Francia, perchè desiderava comperarne per farne un presente a mia madre; ma siccome la buona donna sta in provincia, ha poca salute e molte afflizioni, non ama troppo lusso; quindi ne vorrei di quella fabbricata in Milano. —

— Ah! Ah! Ah! — interruppe la signora, agitando il ventaglio fra le dita; — blonda fabbricata in [400] Milano! vorrà dire pizzo di quello con cui la gastalda avvolge le gambe a’ polli di pendizio, giacchè in Milano finora di queste squisitezze di lavori non se ne sanno. — Il provinciale gonfiava, pure prese pazienza e stringendosi nelle spalle — Eh! sarò in errore; hanno pochi anni che ricovrai alla capitale e vivacchio allo scuro, e ne avrò forse troppo buona opinione: pure se madama avesse della blonda fabbricata in Milano dai fratelli Rosselet, ne comprerei dieci braccia.

La modista si trovò stretta fra la voglia del guadagno e l’incredulità della signora, ma vinse la prima e rispose balbettando: — Oh sì! ne ho di quella blonda... sì, la tengo appunto per le signore che vengono dalle provincie a provvedersi a Milano, la tengo per assortimento, ma non oserei adoperarla per una cuffia che dovesse apparire a Porta Orientale, o per un abito che dovesse sfoggiare alla Scala. — Trasse una scatola e la superchiò, e la signora impaziente e con un sogghigno di disprezzo tosto vi pose sopra le mani, ne prese, la guardò, e restò maravigliata come chi trovasse sotto un tappeto nero un canestro di fiori (stile romantico): la svolse, la pose a raffronto di quella che aveva al collo — Oh! come mai queste blonde di Milano? — Allora il provinciale reso un po’ più baldo, con un fare sicuro. —

— Sì, madama, in Milano si hanno braccia, mani e testa come a Parigi, almeno gli uomini, e credo anche alcune donne, e se non si fanno certe [401] manifatture, non è già perchè non sieno abili, ma perchè se ne è perduta la pratica nel secolo passato, ed ora la si va riprendendo. All’esposizione d’industria di Milano vi erano belle blonde nazionali, furono rimeritate della medaglia. — Mentre la signora svolgeva quelle blonde e le commendava, e diceva alla modista di guarnirgliene una cuffia, sorse improvvisamente un lungo schiamazzìo di tutte quelle verginelle, che erano a baruffa col galante — Giudizio! disse il provinciale; bada che il fuoco di Vesta non ti abbruci la coda dell’abito. —

In quel momento scricchiò la molla della porta, entrarono nuove persone e mutò scena: per ora dunque caliamo il sipario; fischiate pure l’autore che vi ode a capo chino.

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License