Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Defendente Sacchi Novelle e racconti IntraText CT - Lettura del testo |
LA CUFFIAJA
Vieni meco a pigliare una cravatta di moda — diceva un giovane elegante di Milano a un suo amico provinciale — vieni in questa bottega, e vedrai che bel mondo; tu non ti sei ancora scosso la ruggine della provincia — e pose la destra sopra una molla d’ottone, girò sui cardini la porta rilucente a cristalli, e dentro; l’altro il seguiva come una capra, nè si scosse che al vedersi in un luogo che gli parve d’incanto. Le pareti erano tutte rivestite di carte storiate e di specchi; intorno giravano a fregio drapperie semi-svolte fra [396] cilindri dorati; da un lato eleganti ottomane e seggiole, dall’altro un lungo banco che tutto lustrava come un metallo forbito, e dietro scaffali ove erano in bella mostra stoffe ed arredi donneschi d’ogni foggia e qualità. Sul fondo poi di quella stanza era un rotondo tavoliere, intorno al quale correva un rialzo di panno verde, e vi sedevano in giro su sofice tamburetto dieci creature femminine, varie di aspetto, di acconciatura e di vesti, ma giovani tutte, e tutte in apparenza avvenenti e vaghe. Su quel tavolo che un classico paragonerebbe ad un’ara, vedevasi un arsenale di leggiadre bagatelle: garze, veli, fiori, frangie, e valevano a quelle fanciulle a gravi lavori che consultavano col figurino delle mode: chi appuntava uno spillo a un cappellino; chi raggiustava una cuffia, chi cuciva merletti a una pellegrina con tanto studio e misura che più non potrebbe un artista a condurre una statua o un dipinto; e n’aveano ben donde, perchè da uno di quegli spilli bene o male appuntati, potea dipendere la felicità d’una signora per un giorno, e l’essere proclamata prima alla festa od al teatro.
Ma per quanto occupasse quelle ninfe sì gravi pensieri, appena videro entrare in quel santuario due uomini, fu un movimento solo delle loro testoline a guardarli, sicchè le parvero frasche mosse dallo spirare di un vento procace; indi sorse fra loro un sogguardarsi maligno, un bisbigliare, e certi risetti geniali, e un rispondere col girare in varj [397] modi il capo al giovane galante che spiccio spiccio scivolò fino presso al tavolo, e le salutò con molta cortesia. Il provinciale ben s’accorse che l’amico non era ignoto a quelle verginelle, ma si rimase sull’indietro e alquanto scompigliato al vedersi fulminare da tanti occhi da basilisco, nella certezza che il suo fare alla buona fosse causa dei sogghigni e delle occhiate compassionevoli che le maliziose si scambiavano.
Appena il compagno ritornò a lui, impaziente gli chiese ove lo avesse condotto, e se non era meglio andarsene. — Pazzo, gli rispose, si vede che non hai buon gusto: e tu ami le arti? che Marchesi; che Diotti? osserva e vedrai se sanno creare tanta grazia d’Iddio — Oh! dimmi sono Vestali costoro? — e l’altro ridendo — Certo, fuoco non ne manca, anche d’appiccare un incendio.
Cessava quel loro sommesso dialogo, l’accostarsi della padrona del loco, la quale con bel garbo li dimandò che desiderassero, e uditolo dal galante chieditore, tosto mise fuori sul banco fazzoletti, trine, guanti, e sorse un bisbiglio di parole fra loro, un mutare di cose, che parevano a un duello. Intanto il provinciale s’era fatto un po’ d’animo, e punto da curiosità, era inoltrato verso quelle deità e alquanto titubando chiese.
— E per me le signorine, hanno nulla? — E tosto una molto vispa — Tutto quel che le piace in servizio della testa fino ai piedi; berrette, [398] camicie e calze di seta. — E un’altra aggiunse: — Avverta però che qui non si dispensa il giudizio. — Il provinciale aveva le mani alla cintola, e non seppe rispondere a proposito, e trovandosi un po’ impicciato, nè convenendo ritirarsi, riprese: — A che valgono tutte queste stoffe onde è ingombro il tavolo, e paiono sì lievi che le porterebbe il vento? — e tosto a lui la prima — Servono tutte ad ornare le signore per apparire al corso ed al gran teatro: sì, tutte cose leggiere e che si levano presto. — Saranno dunque per la testa — No anche pel resto della persona — e tutte ghignavano e il poveraccio era impicciato come un merlo in una rete. Ma gli capitava a gran fortuna a soccorrerlo l’amico, che rappiccò una conversazione un po’ più lieta, e chiamando a nome ora l’una, ora l’altra, gittava loro certe domande e certi motti, che ben scoprivano ei fosse assai innoltrato ne’ loro misteri, e non erano pochi.
In questo mentre si ferma nella via una carrozza, ne cala una signora di mezza età, ed entra nella bottega: tosto muove a incontrarla la padrona e l’adduce ad una seggiola che tutta occupa della sua persona: saluta colla mano confidente quelle lavoratrici e tosto alcune sorgono, le portano varj arredi intorno a’ quali stavano lavorando, e chi le leva il velo, chi le toglie la cuffia di capo, e gliene assesta una nuova; chi le scioglie dal collo l’increspata gorgeretta, e gliene cinge una immane alla spagnuola, chi appunta [399] uno spillo, chi porta uno specchietto e applaude. — La va bene, proprio a pennello — e la signora se ne compiace, poichè sono pur cari i sussidii della modista a mezza età; e intanto alcuna sull’indietro loda, o sogghigna alle spalle di lei; insomma un quadro per Migliara.
Il provinciale cominciava a ricrearsi di quella scena, e ridottosi in un angolo faceva vista di leggere il Corriere delle Dame, e spiava tutto colla coda dell’occhio: il gajo milanese invece che aveva conoscenza con quella signora, s’era ficcato fra quel gruppo di donne, sentenziava sui lavori, e allungava anche le dita non so se ad aggiustare o a sconciare qualche cosa. Venuto a termine quel grande tramestìo, la signora disse alla mercantessa: — Mi piace tutto, ma le raccomando che quella blonda e quelle stoffe siano di Francia, perchè altrimenti le ritorno addietro. — E l’altra con un inchino — Non dubiti, madama, qui tutto ci viene da Parigi.
Il provinciale a quelle parole si dimenò alquanto sulla sedia, indi voltosi alla cuffiaja, malignamente le disse: — Per verità mi duole ch’ella abbia solo blonde di Francia, perchè desiderava comperarne per farne un presente a mia madre; ma siccome la buona donna sta in provincia, ha poca salute e molte afflizioni, non ama troppo lusso; quindi ne vorrei di quella fabbricata in Milano. —
— Ah! Ah! Ah! — interruppe la signora, agitando il ventaglio fra le dita; — blonda fabbricata in [400] Milano! vorrà dire pizzo di quello con cui la gastalda avvolge le gambe a’ polli di pendizio, giacchè in Milano finora di queste squisitezze di lavori non se ne sanno. — Il provinciale gonfiava, pure prese pazienza e stringendosi nelle spalle — Eh! sarò in errore; hanno pochi anni che ricovrai alla capitale e vivacchio allo scuro, e ne avrò forse troppo buona opinione: pure se madama avesse della blonda fabbricata in Milano dai fratelli Rosselet, ne comprerei dieci braccia.
La modista si trovò stretta fra la voglia del guadagno e l’incredulità della signora, ma vinse la prima e rispose balbettando: — Oh sì! ne ho di quella blonda... sì, la tengo appunto per le signore che vengono dalle provincie a provvedersi a Milano, la tengo per assortimento, ma non oserei adoperarla per una cuffia che dovesse apparire a Porta Orientale, o per un abito che dovesse sfoggiare alla Scala. — Trasse una scatola e la superchiò, e la signora impaziente e con un sogghigno di disprezzo tosto vi pose sopra le mani, ne prese, la guardò, e restò maravigliata come chi trovasse sotto un tappeto nero un canestro di fiori (stile romantico): la svolse, la pose a raffronto di quella che aveva al collo — Oh! come mai queste blonde di Milano? — Allora il provinciale reso un po’ più baldo, con un fare sicuro. —
— Sì, madama, in Milano si hanno braccia, mani e testa come a Parigi, almeno gli uomini, e credo anche alcune donne, e se non si fanno certe [401] manifatture, non è già perchè non sieno abili, ma perchè se ne è perduta la pratica nel secolo passato, ed ora la si va riprendendo. All’esposizione d’industria di Milano vi erano belle blonde nazionali, furono rimeritate della medaglia. — Mentre la signora svolgeva quelle blonde e le commendava, e diceva alla modista di guarnirgliene una cuffia, sorse improvvisamente un lungo schiamazzìo di tutte quelle verginelle, che erano a baruffa col galante — Giudizio! disse il provinciale; bada che il fuoco di Vesta non ti abbruci la coda dell’abito. —
In quel momento scricchiò la molla della porta, entrarono nuove persone e mutò scena: per ora dunque caliamo il sipario; fischiate pure l’autore che vi ode a capo chino.