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Defendente Sacchi
Novelle e racconti

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III.
La prima gelosia

 

Mentre seguiva quel cicaleccio presso al banco della modista, le maliziose vestali raggruppate intorno all’ara, intendevano con quella pronta sagacità di cui sono abili le donne, al loro lavorìo ed a quanto seguiva nella bottega. Leste leste colle mani e cogli occhi, davano quattro punti un po’ lunghetti nel velo e alzavano il capo; fisavano l’occhiolino nella cruna per infilarvi l’agugliata di seta, e lo saettavano al giovane, alla bella e ghignavano colla indifferenza di chi ride vedendo il giuocherellare di qualche uccello da trastullo. Però non si passava con tanta indifferenza una fra loro più giovinetta: parea che avesse un fare più schietto delle altre, un sentire più caldo, un fuoco ardente nel petto. La poveretta era novella ai misteri di quel tavolo di leggiere bagattelle, e per [407] sua ventura non aveva ancora appreso a togliersi l’amore per giuoco: ella cuciva tremando, aveva incessantemente gli occhi a quel giovane avvenente, ed ogni volta che il vedeva galanteggiare colla bella venuta, traeva profondi sospiri, scalpitava col piede e si dimenava sul tamburetto. La rideano le compagne ed anzi maliziose si compiacevano di farle notare i loro sguardi, le parole, i motti, e aggiungevano; — Lascia correre l’acqua al suo mulino, e fa buon viso al primo che passa. —

Ma ella era innamorata e non si accomodava a quei consigli, più reggendo a starsi lontana, pensò trovare una ragione per avvicinarsi al crocchio, confidando di attutare la baldanza dell’infedele; si alzò col suo lavorìo fra le mani. Era una grazietta non molto alta, snella, occhi e capelli neri, guancie fiorite, naso piuttosto corto, una bocca di seduzione: vestiva con semplicità ma con tale elezione e misura che tutte si vedevano le belle forme della gentile persona. Muoveva a passi presti e brevi, e venne dubbiosa fra que’ signori, e se le diffuse sul volto un pudibondo rossore, poichè aveva ancora nell’animo il sentimento della virtù: fece loro un bel inchino, e fulminò di un’occhiata il vagheggino, che temendo una tempesta si ricompose e stette quatto quatto a vedere quanto seguiva.

— Perdonino, signori, all’ardire mio, ma se mi è lecito vorrei domandare loro una notizia che mi preme: io sono di una povera famiglia, e siamo [408] molti in casa, e ne conviene vestire colle cose che sono di poco valore: ma queste nuove fabbriche le fanno crescere di prezzo; sicchè tolgono al povero anche quest’ultimo sussidio. —

Il galante che si era alquanto turbato vedendola giungere, sul timore che non gli tarpasse i nuovi pensieri, si ricompose, e per ammansarla, ed anche soccorrerla, giacchè vide gli sguardi di molti torcersi in lei quasi a rimprovero, le dimandò: — Oh! di che mai si lamenta, madamigella gentile? qual manifattura può riescire dannosa alla classe indigente? — L’altra fu lieta di quelle parole, e pose alquanto in calma l’ansia che l’agitava, poichè amore si accontenta di poco, e modestamente riprese: — Perdoni, signore, ma forse non mi inganno, poichè il lamento è di molti. Mentre i doviziosi usano per le calze le sete più belle, noi poveri operaj ci accontentiamo di quanto resta di rifiuto nella trattura dei bozzoli, e filandolo ne caviamo il così detto roccadino, col quale ne facciamo alcune che costano pochissimo, danno grata copertura in inverno, e sono di buona durata; ora questi o cascami o strusa, si sono levati a tanto prezzo che più non si può colla piccolezza de’ nostri mezzi, e ne è quindi tolto l’avere un decente modo di ricoprirsi: ne dicono causa alcune fabbriche nuovamente erette in Milano: benedette fabbriche! sono esse utili, se tolgono ai poveri la comodità di avere calze a buon mercato? —

[409] Il vago non fiatava, temendo col rispondere di dare in fallo, poichè fra le due pretendenti stava peggio di un cliente fra due avvocati. Il vecchio era stimolato in cosa che gli premeva, mentre gli accomodavano quelle calze a buon mercato, e confermava quanto aveva detto la giovanetta; il provinciale sorrideva come chi trovava fallaci quei loro lamenti, sicchè tutti si rivolsero a lui e lo stimolarono a dire la propria opinione.

Girò esso la vista e vedendo che tutti il guardavano, parve un po’ imbarazzato; pose la destra al capo, scompigliò i capelli come chi cerca una reminiscenza, e fece una lunga diceria per mostrare l’utile che viene a tutte le classi sociali dall’adoperare la materia prima nazionale, citando un subbisso di fatti che lasciamo per non annojare. Quelle notizie riescivano gradevoli a tutti, meno alla giovane signora che era alquanto impaziente, perchè il galante si stava quieto e ad occhi bassi, mentre ei temeva della fanciulla che gittava continue occhiate sulla rivale e sull’infido. Il vagheggino allora o volesse prendere argomento a parlarle, o ad allontanarla, tenendo il pollice della destra fra lo sparo della camicia, con una certa compiacenza che sentiva di chi vuol usare cortesia coi minori, le chiese: — Ebbene, signorina, che gliene pare di queste notizie datele dal mio amico? — La donna galante ebbe un po’ dispetto di quel suo parlare che giudicò troppo cortese verso la giovine cuffiaja, e agitava il ventaglio fra [410] le mani; la fanciulla colle dita quasi convulse sgrovigliava il velo con cui stava formando un ampio galano; la savia signora di mezza età che era stata a lungo assisa sulla seggiola, si alzò e si fece vicina agli altri, e tutte le accorte lavoratrici stavano colle mani sospese sul lavoro e cogli occhi tesi, per vedere ove riescisse questa scena.

La giovane levò modesta gli occhi, e senza badare alle parole del vago, declinando da lui lo sguardo alquanto torbido, fece altre obbiezioni: la padrona le gittava certe occhiate impazienti, perchè si ritirasse, ma la passionata era rattenuta da una forza invincibile, e sempre con molto ingegno opponeva pur alcune ragioni sul grave prezzo a cui erano salite alcune materie prime per le nuove stoffe: dopo che il provinciale le ebbe risposto di nuovo, il vago con un far beffardo aggiunse: — Si aprono nuove fabbriche, si mantengono nuovi lavoratori che anch’essi hanno mezzi a fare le loro piccole spese, e tutti si giovano a vicenda: l’uomo vive dell’uomo e una mano lava l’altra. — E guardava la signorina che lo occhiava; la mercantessa per la prima disse che aveva ragione, e fisò con severità la giovinetta come per ordinarle di ritirarsi. Ella infatti fece un modesto inchino, girò gli occhi, e saettando d’un lampo il dileggiatore: — La ringrazio di quanto si compiacque insegnarmi: terrò a mente che una mano lava l’altra — e si ritrasse verso le compagne, le quali tutte ridevano e la motteggiavano.

[411] Ella si assise, ma aveva l’animo conturbato, era una navicella in burrasca, e ben si conobbe che ad ogni piccolo vento dava in qualche scoglio. Que’ che se ne accorsero stavano dubbiosi, trepidanti ad osservare, ma l’imprudente galante, quasi si fosse scosso di dosso un peso, riprese colla civettina i suoi cicalecci, e non vide la prossima tempesta.

La buona signora che silenziosa aveva osservato ogni cosa, e specialmente quanto si agitasse nell’animo della povera fanciulla e del giovine civettone, per deviare i pensieri dei circostanti da quanto era seguito, si fece piacevolmente al banco, e chiese dalla merciaja, se aveva di quelle nuove stoffe ond’erasi a lungo parlato, sicchè trattine molte si rinnovò un cicaleccio di tutti, nel quale specialmente la donna galante e il vagheggino, si gittarono molte occhiate indiscrete e molte parole più indiscrete ancora. Intanto la fanciulla modista mutava colore ad ogni tratto, e intorno le altre ghignavano solleticate fors’anche da compiacenza nel vederla messa a quel martirio; perchè a questo mondo vi sono pur troppo delle creature cui morde invidia del bene altrui, e nelle quali la compassione de’ mali non è sempre scompagnata da qualche compiacenza.

[412]

 

 




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