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Carolina Invernizio
Il bacio d'una morta

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IV

 

La casetta del fiaccheraio era a capo di una straducola stretta e senza uscita, lontana dall’abitato.

Sul davanti v’era la rimessa e la stalla. Dalla porta della rimessa si entrava in casa. Due stanzette a pianterreno che davano sull'orto, tre altre stanzette al primo piano formavano tutta la casa. I contadini dicevano, ridendo, che la casa di Nanni scappava tutta dalla porta della rimessa.

Il fiaccheraio amava quella casetta che il suo defunto padre aveva acquistata insieme ad un piccolo podere, dove Nanni era nato, era cresciuto, e viveva tranquillo insieme alla madre, una vecchietta pulita, rubizza, tutta amore per la casa ed il figliuolo.

Quando Nanni aveva lavata e tirata la vettura in un angolo della rimessa, quando aveva ripulito e dato da mangiare al cavallo, da fiaccheraio diveniva contadino, e l'orto di casa, formato da una lunga striscia di terreno separata nel mezzo di un stretto viale, era stato da lui disposto e coltivato. Lungo l'orto, fra le quattro siepi, v’era un tale allettamento di riposo, un silenzio pieno d'un ronzìo d'insetti, che piaceva ed affascinava.

La vecchia Sandra, così si chiamava la madre di Nanni, aspettava ogni sera il ritorno del figlio con una tenerezza sempre nuova. Si compiaceva di ammannirgli la cena che più l'allettava, poi l'aspettava alla finestra, filando e ponendo mente a tutti i rumori di ruote che si udivano da lontano.

Quella sera in cui era successa la scena del cimitero, la vecchia Sandra si mostrava un po' inquieta, perchè non vedeva tornar Nanni all'ora solita.

— Qualcheduno l'ha trattenuto; gli sarà capitato di fare uno spaccio lontano; — pensava — ma è così strano che egli ritardi! So che più volte ha perduto dei buoni guadagni, pur di essere a casa al tramonto. Ma oggi il sole è già sceso da un pezzo.... la luna comincia a brillare e Nanni non si vede. —

Passò due ore agitatissima. Già mille presentimenti cominciavano a turbare l'animo della vecchia, che con le lacrime agli occhi se ne stava in fondo al vicoletto, guardando fissa la strada maestra, mentre colle dita convulse sgranava, inconscia, il rosario, quando le parve vedere un punto nero venir da lontano e sentì lo scoppio della frusta, che le annunziava l'arrivo del figliuolo.

— Che Dio sia benedetto e la Vergine santissima! — mormorò la vecchia. — Eccolo finalmente: lo voglio un po' sgridare, stasera. —

Intanto la vettura si avvicinava, andando al passo. Nanni scòrse da lungi la madre e le fece un segno amichevole.

— Ah! credevo che tu non tornassi più, — disse la vecchia.

Zitta.... mamma, zitta.... e corri subito a preparar una camera. Ti conduco due forestieri.... e una povera signora.... che è svenuta. —

Egli non osava dire la verità alla vecchia, per non spaventarla. La povera donna, sebbene sorpresa, corse a spalancare la porta della rimessa e salì lesta la scaletta che conduceva al piano superiore, per eseguire gli ordini del figlio.

Quando la carrozza si fermò, Nanni fu lesto a balzare di cassetta ed aprire lo sportello. Ne scese prima Ines, poi il fiaccheraio aiutò Alfonso a trarre di carrozza la povera morta.

Chê!… è sempre diaccia, — disse Nanni con un brivido.

E, crollando impercettibilmente la testa, parve che dicesse fra :

Temo che quel povero signore si sia ingannato. —

Con molto riguardo, Alfonso ed il fiaccheraio sollevarono quel corpo irrigidito, e adagio adagio lo trasportarono di sopra, seguiti da Ines, che si sorreggeva a stento.

La vecchia Sandra aveva già preparato il letto in una stanza meschinamente mobiliata, ma dove spirava una certa aria di pulizia e di freschezza, che allargava il cuore e faceva piacere a vederla.

Appena la contessa fu deposta sul letto e la vecchia poté mirarla in viso, mandò un lieve grido.

— Ma questa signora è morta!... — balbettò.

— No, — disse Alfonso rialzandosi livido in volto — non me lo dite.... non parlate così: si sveglierà, vedrete…. —

Ines e Nanni si scambiarono uno sguardo doloroso.

— Mia sorella è stata colpita da una profonda catalessi.... lo giurerei; — continuò Alfonso — ma questo stato di morte apparente passerà presto.... accertatevene.... Ella non può parlare, non può muoversi, ma ci vede, ci ascolta....

La vecchia Sandra rabbrividì.

Intanto anche la povera Ines impallidiva a vista d'occhio, e fu costretta di abbandonarsi sopra una sedia. La fatica del viaggio, le emozioni della giornata, l'avevano affranta.

Alfonso dimenticò per un momento sua sorella.

—    Ines, mia Ines! — esclamò inginocchiandosi dinanzi a lei e cingendole con un braccio la vita — tu non ti senti male, è vero? Guardami, amor mio, guardami con quei tuoi occhi belli.... dimmi che mi perdoni.... per quanto ti ho fatto soffrire!… —

Ines schiuse le labbra ad un angelico sorriso.

— Io non ho nulla da perdonarti, amico mio.... ma che vuoi? Sono donna, e sono debole.... mi sento tanto stanca… vorrei dormire. —

I suoi occhi si chiudevano infatti; e la sua testa si abbandonava sulle spalle d'Alfonso, che la coprì di baci.

Povera signora, ha tanto sonno!… — disse la vecchia Sandra con accento di tenera compassione — venga con me, la porterò di che v’è un altro letto.... e potrà riposare tranquilla.

— Sì, sì.... vai con questa buona donna, — sussurrò Alfonso, con tenerezza ed ansietà insieme.

— Ma io non vorrei lasciarti solo....

— Oh! non dubitare, se accadesse qualche cosa di nuovo, ti sveglierei.

— Me lo prometti?

— Te lo giuro.

— Allora vado, — disse la giovane donna alzandosi faticosamente dalla sediaperchè non ne posso più. Mi permetti che io pure dia un bacio a tua sorella?

— E me lo chiedi? —

Ines in preda ad un'invincibile emozione, si avvicinò al letto dove giaceva la bella contessa, e, chinandosi su di lei, le sfiorò la gelida fronte con un bacio. Poi, asciugandosi una lacrima, seguì in silenzio la Sandra.

Alfonso e Nanni rimasero soli.

Il fiaccheraio non sapeva neppur lui staccarsi dalla stanza, dov'era stata deposta la morta. Egli diceva fra che il dolore doveva aver fatto impazzire il pover uomo, per renderlo così ostinato a credere che la povera contessa vivesse ancora.

Amico, — gli disse Alfonso, volgendosi a lui con tono familiare — puoi andartene: io desidero di rimaner qui solo, con la mia diletta sorella.... Oh! stai certo, che qualunque cosa avvenga, non dimenticherò mai quanto hai fatto per me.

— Oh! Signore, non parlate così.... perchè mi fate male; vi giuro che non ho mai reso un servigio più di cuore.... e non domando altra soddisfazione che quella di veder effettuarsi il miracolo.... che voi sperate.

— Sì effettuerà.... io ho fiducia in Dio! — esclamò Alfonso sollevando la pallida fronte con un atto di sublime convinzione.

Il fiaccheraio chinò la testa rispettoso.

— Io vado, signore.... giacché lo desiderate; — balbettò — ma ricordatevi che sarò sempre pronto ad ogni vostra chiamata. —

Nanni uscì dalla stanza, dopo aver gettato un altro sguardo furtivo sul cadavere della contessa.

Quando l'uscio fu chiuso dietro di lui, Alfonso prese il lume, e, avvicinatosi al letto, si mise a contemplare intensamente il volto della morta.

Quel volto continuava a rimaner calmo, ma sembrava che un sorriso l'irradiasse tutto.

Alfonso posò il lume, e colle mani giunte, gli occhi fissi su quel volto adorato, proruppe:

— Ah! Sì, Clara.... tu sei viva.... tu mi ascolti, non è vero? tu mi senti.... la tua anima mi appare sul tuo dolce viso.... mi sembra che tu mi guardi, che tu mi dica: fratello, fra poco io mi sveglierò,... fra poco le mie labbra potranno pronunciare il tuo nome, i miei occhi ti vedranno…. Non è vero che Dio farà questo miracolo? —

E continuava a baciarla.

Ad un tratto gli sorse come un'improvvisa idea. Egli trasse da un astuccio un piccolo coltello affilatissimo e sollevata una manica dell'abito bianco della contessa, ne mise a nudo il bellissimo braccio, e col sudore alla fronte, coll'ansia in cuore, le inflisse nella pelle bianchissima una lieve ferita. Quasi subito in quel braccio che pareva di marmo apparve una piccola macchia rossiccia, una macchia di sangue, e un lieve fremito sembrò scuotere il corpo della morta.

Alfonso provò una tale sensazione, di cui nessuna parola sarebbe stata valevole a renderne l'assordante violenza. Dunque egli non si era ingannato! La morta era ancora viva: la carne continuava a rimanere fredda, ma un sordo fluido pareva scaturirne ad ondate, agitarla. Sì, l'anima doveva palpitare sotto quelle membra agghiacciate: lo spirito non era diviso dalla materia. Alfonso per la prima volta ebbe coscienza dei due principî che compongono l'ente di una creatura umana.

Egli capì che quel corpo era sotto l'influsso di una catalessi potente, ma l'anima non si era involata: e quando il torpore che agghiacciava le membra si fosse dissipato, il corpo avrebbe ripreso la sua elasticità e la sua forza. Clara sarebbe vissuta ancora.

Ma quella catalessi era naturale, oppure era stata prodotta da qualche narcotico, da qualche potente veleno? Questo dubbio squarciava l'anima del giovane.

— Avrei bisogno di un medico.... ma a quest'ora e in questi luoghi dove trovarlo? Eppoi voglio che tutti ignorino quanto succede qui; ella si desterà.... ne sono sicuro.... se provassi a farle inghiottire poche gocce d'etere; perchè non ci ho pensato prima? —

Egli aprì la valigetta che Ines aveva depositata sul tavolino e ne trasse una piccola boccia azzurra, col tappo smerigliato, e la sturò con precauzione, mentre si chinava sul capezzale dove riposava la testa di Clara.

Le labbra della contessa erano semiaperte, e i denti erano leggermente dischiusi. Da quella lievissima apertura, Alfonso versò, adagio adagio, alcune gocce di etere.

Il corpo della contessa ebbe un altro leggiero sussulto.

Alfonso si alzò per asciugarsi il sudore che gli colava dalla fronte, e depose la boccetta sul tavolino. Poi il suo inquieto sguardo si posò di nuovo sul volto della morta, e le sue mani strinsero una mano di Clara.

Sorella.... sorella mia.... svegliati,... se tu sapessi come io soffro! —

Le labbra della contessa parvero agitarsi, ed un lieve calore sembrò si diffondesse nella mano che Alfonso teneva fra le sue.

Il giovane aveva gli occhi pieni di lacrime. Egli coprì di baci quella fronte che sembrava rischiararsi, illuminarsi, dando a vedere una vaga estasi.

Passarono altri cinque minuti, poi il corpo della contessa subì una nuova scossa, e la bocca, schiudendosi, parve pronunziare un nome.

Alfonso.... —

Il giovane mandò un grido.

Vive.... vive.... ella mi ha chiamato.... Clara, mia Clara.... ah! io temo d'impazzire.... sei tu, non è vero.... sei tu.... che hai parlato?... Rispondi.... io sono qui vicino a te. —

Le palpebre della contessa si sollevarono a poco a poco; ma i suoi occhi, spalancandosi, parevano senza sguardo.

Lilia…. — mormorò con una voce tuttavia debolissima, ma un po' più chiara.

Alfonso non sapeva più frenarsi.

— Tu m'intendi.... non è vero? Clara, ti risvegli.... Lilia.... questo è forse il nome di tua figlia,.... di mia nipote? Sì, tu ti sei scossa.... il calore ritorna al tuo corpo.... i polsi battono.... Oh! grazie, mio Dio, grazie di tanta felicità che mi accordate! —

La morta sembrava infatti rinvenire, e svegliarsi. Si sarebbe detto un incantesimo rotto all'improvviso.

Sotto i baci e le parole del fratello, nel marmo ritornava il calore e la vita.

Le labbra di Clara balbettavano:

— Questo è un sogno, e che sogno! Io vedo il suo volto sardonico.... egli mi stringe.... mi agghiaccia coi suoi sguardi.... sento l'alito ardente del demonio.... i baci santi di Lilia.

— Ella non s’è ancora svegliata bene, — mormorò Alfonso, le cui guance si erano fatte pallidissime — ella delira ancora. —

Clara continuava:

Fratello.... perchè non sei qui a salvarmi?... vedi.... vedi, quella donna.... che mi deride.... m'insulta.... scaccia me.... dal mio palazzo.... me.... contessa Rambaldi.... e lui.... non sa difendermi.... sogghigna.... ah! —

L'attenzione di Alfonso si faceva sempre maggiore.

Dio… qual dramma intravedo!… — esclamò. — Oh! è orribile…. quello che ella dice…. ma se la sua ragione non ritornasse.... se io non potessi saper tutto? —

La contessa fece un altro movimento come se volesse sollevarsi, e si portò una mano al seno.

Cos'è questo freddo che sento qui, — balbettò — mi par di morire.... di soffocare.... dove sono?... dove mi hanno rinchiusa.... come è tutto nero.... tutto buio.... intorno a me.… chi pone le mani sul mio petto.... e mi schiaccia?... Aria…. aria.... pietà.... io soffoco.... io muoio.... —

Erasi alzata quasi a metà: ricadde sfinita.

Alfonso si passò le dita sulla fronte ardente.

Dio mio, — mormoròDio mio, cosa fare?... Clara, mia dolce Clara! —

Quella voce fece trasalire un'altra volta il corpo della contessa: pareva che ella facesse sforzi sovrumani per scuotere il torpore che la teneva avvinta e che tutta l'invadeva.

— Chi mi chiama? — sussurrò — qual voce è questa?... io l'ho già sentita:… è forse la voce di Alfonso? Ma no.… egli è lontano.… lontano.... e non sa che io muoio.… non ho nessuno che mi difenda; quell'uomo m'insulta…. mi calpesta.... è un'infamia; andrò dal notaro, voglio porre in salvo le sostanze di mia figlia…. no.... non firmerò quell'atto.... aiuto.... Salvami, Alfonso…. egli mi uccide.... non lo vedi?... mi uccide! —

Alfonso strinse fra le braccia quel corpo adorato, coprendone il volto di baci e di lacrime: i singulti lo soffocavano.

Eppure in fondo all'anima, egli sentiva come una gioia strana, infinita. Sua sorella viveva ancora, egli era arrivato in tempo a salvarla: egli l'avrebbe vendicata!

Clara non parlava più, pareva sfinita. Ma il calore era ritornato nel suo corpo e dei brevi sospiri le uscivano dalle sue labbra socchiuse: le palpebre però si erano riabbassate.

Bisognerebbe farle prendere qualche cordiale, da tre giorni non mangia.... non beve…. — esclamò Alfonso.

L'adagiò di nuovo con cautela sul guanciale e corse fuori dalla stanza.

Nanni sonnecchiava sopra una seggiola nella stanza vicina.

Alfonso lo scosse e Nanni balzò subito in piedi.

— Ebbene… signore?

— Ella è viva.... ella è viva! — esclamò Alfonso, mentre il viso gli s'irradiava di gioia. — Ma silenzio.... che non si desti mia moglie;... tu mi aiuterai;... la poveretta ha bisogno di prender qualche cosa.

C’è del vin santo, signore.

Bene.... e ci saranno anche delle uova?

Sicuro....

— Allora, frulla presto un uovo, e portamelo col vin santo.

— Subito, signore. —

Alfonso tornò nella stanza della sorella, e dopo cinque minuti ricomparve il fiaccheraio col cordiale preparato.

Egli si avvicinò con viva commozione al letto, dove giaceva la contessa, e poco mancò non mandasse un grido di stupore.

Clara pareva che dormisse ancora, ma una nube di una rosea trasparenza si era mischiata alla cadaverica bianchezza della fronte e delle guance: dalle labbra semichiuse usciva un breve respiro; lievi contrazioni le scuotevano il corpo gentile e le sollevavano ad intervalli il candido seno. Mentre Alfonso levava di mano al fiaccheraio il bicchiere, questi si tergeva una lacrima.

— E pensare, — balbettò — che senza di lei, questa povera signora.... oh! è orribile!

Taci, taci, che ella potrebbe udirci, e deve ignorare tutto, capisci; del resto potrebbe morire dallo spavento.... aiutami a sollevarla, così! —

Alfonso appressò gentilmente alle labbra di Clara il bicchiere, mormorando:

Bevi.... bevi.... sorella mia. —     

Parve che la contessa l'intendesse, perchè obbedì macchinalmente.

Quasi tosto ella si scosse ed aprì gli occhi; e nello sguardo che rivolse attorno parve rifulgere un raggio d'intelligenza.

Le tenebre del suo cervello si rischiaravano.

— Dove sono? — balbettò.

— Fra le mie braccia, Clara, — disse con voce commossa Alfonso.

Quella voce parve penetrare nel cuore della contessa. Ella fece uno sforzo per sollevarsi; guardò intensamente l'uomo che le parlava, e poi cacciò un grido acutissimo; era un grido di gioia delirante, ed un singulto le sfuggì dal petto.

— Tu.... tu, Alfonso.... fratel mio! — balbettò con un'espressione, impossibile a descriversi.

Ma quella gioia era troppo grande, dopo quanto la poveretta aveva sofferto. Il leggiero colore ricomparso sulle sue guance si dileguò di nuovo, gli occhi le si chiusero, il capo si piegò sul braccio del fratello che fu pronto a sorreggerla. Ma dopo pochi minuti secondi, un vaghissimo sorriso sfiorò le labbra di Clara.

— Sono in paradiso, — balbettò a mani giunte. — Dio che ho pregato tanto, mi ha esaudita.... tu sei vicino a me.... sei venuto in mio aiuto. —

Ella aprì di nuovo gli occhi, sollevandosi sui guanciali sostenuta dal fratello, e, con un gesto pieno di tenerezza quasi infantile, prese fra le sue mani delicate, la testa pallida di lui, e lo mirò a lungo.

Il volto di Alfonso si era alquanto colorito, e ciò dissimulava perfettamente, alla luce della candela, le sofferenze patite.

— Sei tu.... proprio, tu.... non è un sogno il mio.... è vero? Parlami, che io oda la tua voce.

— Sì, sono io.... tuo fratello.... che ti adora.... e non ti lascerà mai, mai più! — rispose Alfonso, rispondendo coi baci alle deliziose carezze della misera donna.

Il fiaccheraio colle lacrime agli occhi era uscito pian piano dalla stanza.

Fratello e sorella erano soli. La luce delle candele rischiarava a mala pena la stanzetta; Clara, tutta assorta nella contemplazione di Alfonso, non aveva badato a , al luogo dove si trovava; ma, svincolatasi un momento dal collo del fratello, notò con sorpresa l'abito bianco che indossava e la misera stanzetta dove si trovavano.

— Ma io sogno: — ripeté — dove sono dunque?... perchè ho addosso quest'abito bianco? —

Un brivido percorse le vene di Alfonso a quella domanda. Eppure bisognava che rispondesse.

— Sei in casa di buona gente.... dove io ti ho portata, Clara; ma non ci pensare.... sei stanca, hai bisogno di dormir dell’altro. —

La contessa si portò le mani alla fronte.

Dormire? — ripeté — mi pare d'aver dormito tanto.... E la mia Lilia.... dov'è?

— La vedrai.... ora riposa; — disse Alfonso sempre più imbarazzato — io sono qui vicino a te, non devi temer di nulla. —

La contessa era molto abbattuta, pure si capiva che faceva degli sforzi sovrumani per rischiarare le idee e le vaghe tenebre che ancora offuscavano il suo cervello.

— Non so.... la memoria non torna.... non capisco nulla di quello che succede, — mormorò con un sorriso straziante. — Alfonso, tu sei proprio qui vicino a me…. non è vero? Dammi le tue mani, posa qui il tuo capo vicino al mio, mi sento la testa pesa, come se avessi sonno: eppure, ho dormito molto; non è vero che ho dormito troppo?

— No, — sussurrò pian piano Alfonso, osservando avidamente quella figura adorata, che poche ore prima aveva abbracciata cadavere — tu hai bisogno ancora di riposo; chiudi gli occhi, e dammi le tue mani: io sono vicino a te, e, te lo ripeto, non ti lascerò mai più! —

Un sorriso d'angelo rischiarava i lineamenti di Clara, il suo pensiero non era ancora ben chiaro: ella si sentiva estenuata, ma felice. Articolò dei brevi lamenti, e stese innanzi le braccia che tremavano.

— Sì, dormirò.... e tu non mi lascerai, Alfonso, — disse mentre infatti richiudeva gli occhi, appoggiando una guancia alla guancia del fratello, che aveva posata la testa vicino alla sua.

I dolori lungamente sofferti, quel po' di torpore che ancora le era rimasto, e l'emozione provata all'improvvisa vista di Alfonso, tutto contribuiva alla spossatezza fisica da cui era ripresa di nuovo Clara, sebbene ormai la vita fosse in lei completamente ritornata.

 

 




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