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Carolina Invernizio Il bacio d'una morta IntraText CT - Lettura del testo |
Nel momento stesso che il conte lasciava la villa per recarsi con Ronco al precipizio, Clara ed Alfonso si scambiavano i loro ultimi addii. Avevano le lacrime in cuore, ma i loro occhi rimasero asciutti e cercavano di sorridere per darsi forza scambievolmente, e per togliere ogni sospetto dall'animo della governante.
Ma quando fu il momento di dividersi, Clara non poté contenersi: aprì le braccia al fratello e per qualche minuto lo tenne stretto al cuore.
— Sii buono, — gli sussurrò pian piano con un bacio ardente — pensa a me che ti adoro.... e scrivimi presto. Addio.
— Addio, — ripeté mestamente Alfonso, rivolgendo altrove la testa perchè il cuore quasi gli scoppiava — addio!… —
E presa la mano di Nemmo, si avviò con lui pel sentiero opposto a quello che prendeva la fanciulla.
— Ora potete piangere liberamente, — disse con voce commossa il vecchio servitore — vostra sorella non può più vedervi. —
Alfonso alzò i suoi occhi molli di lacrime verso Nemmo.
— Ma noi parleremo sempre di lei, non è vero?
— Sempre.
— Se tu sentissi, — continuò il fanciullo con voce fioca — cosa provo qui dentro al petto…. —
Nemmo sospirò, e, accarezzando le guance di Alfonso, disse:
— Lì dentro avete un cuore, e questo vi parla di Clara, che lasciate: ecco perchè soffre. Ma voi rivedrete presto vostra sorella, sarete degno di lei, ed allora quel dolore si cangierà in tanta gioia.
— Nemmo, credi tu che mia sorella mi amerà sempre, che mi vorrà sempre bene?
— Sì.... se sarete buono.
— Che cosa dovrò fare per esser buono?
— Oh! questo mi sarà facile vicino a te, e pensando a lei. —
Mentre Alfonso cercava di calmare il suo dolore così parlando, Clara tornava pensierosa alla villa. Ella chiese tosto del padre, e seppe che era uscito in compagnia del capraio, ma che era tornato da pochi minuti e si era chiuso in camera, dicendo che non voleva veder nessuno.
Il cuore della fanciulla palpitò. Suo padre era dunque rimasto colpito alla notizia della morte di Alfonso? Ma perchè era uscito col capraio? Dov’era andato? Ella avrebbe voluto almeno vedere il volto di suo padre. Ma come fare?
Dopo alcuni minuti d'esitazione, Clara si levò il cappellino ed i guanti, e andò a battere all'uscio della camera del padre. Dapprima non ebbe risposta. Bussò di nuovo, ed allora la voce brusca del conte si fece sentire.
— Ho detto che non voglio ricevere alcuno!
— Sono io, caro babbo, — rispose Clara con accento melodioso.
— Ah! sei tu, bambina..., entra pure, ma stamani non ho voglia di discorrere. —
Clara gli gettò le braccia al collo e lo baciò con affetto. Il conte si scosse tutto.
— Ti senti forse male, caro babbo? — disse la fanciulla guardandolo fisso. — Mi sembri un po' pallido.
— No.... sto benissimo.... non sono mai stato così bene. —
Clara tremò, e le sue braccia si sciolsero dal collo del padre. Ma quell'uomo che ella, fino da bambina, aveva adorato, che a lei era sempre apparso così buono, così grande, non avea dunque un cuore! La notizia della morte d'Alfonso, invece di suscitargli un rimorso, di fargli versare una lacrima, lo trovava impassibile, anzi il conte asseriva di non essersi mai sentito così bene in salute.
Il conte non si accòrse del repentino movimento di Clara.
Egli si era lasciato cadere sopra una poltrona.
— Sei stata alla passeggiata stamani? — chiese dopo un minuto di silenzio.
— Sì, babbo.
— A piedi.
— Sei stata a visitare i tuoi poveri?
— Sì.... e mi sono allontanata alquanto dalla villa, — disse Clara fissando di nuovo il viso del padre — perchè mi hanno detto che un contadino lontano abbisognava dei miei soccorsi.
— Tu sei proprio l'angelo di questi dintorni!
— Oh! non dir così, babbo, o mi farai arrossire. Sono andata dunque in cerca del disgraziato, che ho trovato in una lurida capanna; e mentre colla mia governante cercavo di sollevarlo da un vero canile, dove giaceva sdraiato colla febbre, entrò in fretta e furia un altro contadino. —
Fin qui non ci era nulla di strano nel racconto della fanciulla, e il conte vi poneva poca attenzione. Ma Clara proseguì:
— Quell'uomo ci raccontò di una terribile disgrazia che era accaduta. Figurati, babbo, che un povero ragazzetto.... figliuolo di un capraio.... —
Il conte sollevò con impeto la testa.
— Ebbene! che cos'è avvenuto a questo capraio?
— Il poveretto è caduto in un precipizio.... —
Ella si fermò non togliendogli mai gli occhi da dosso.
— Ah! — rispose semplicemente.
Quest'esclamazione fu tutto; il padre non impallidì, nè mostrò la minima commozione.
Clara si sentì stringere il cuore.
— Non ti spaventa, babbo, — disse con voce tremula, commossa — l'idea di quel fanciullo, morto così miseramente?
— Sono cose, mia cara, che accadono agl'imprudenti, che osano avventarsi attorno a un precipizio.
— Ma è una disgrazia spaventevole; forse il povero fanciullo non sapeva di andare incontro alla morte: io ho voluto vedere il luogo dove egli è caduto.
— Tu?... tu? — disse il conte con esplosione, in due toni diversi.
E questa volta il conte impallidì ed abbracciò con atto convulso la fanciulla.
— Imprudente,... non pensavi al pericolo che correvi? —
Clara guardò il padre candidamente, coi suoi begli occhi ancora umidi.
— No, babbo…. in quel momento non pensavo che al povero fanciullo. —
Il conte ebbe un impeto di rabbia.
— Al diavolo anche lui! — esclamò.
Ma vedendo la fanciulla a quelle parole farsi livida ed in procinto di svenire:
— Ebbene, che hai ora?
— Oh!... babbo.... mi hai fatto tanto male....
— Io!... Io!... In qual modo?
— Parlando così, di quello sventurato. —
La fanciulla scoppiò in lacrime, nascondendo la bionda testa sul petto del conte.
Questi ammutolì dinanzi a quel dolore sincero, e lasciò che la poveretta sfogasse il suo pianto. Poi cercò di tranquillarla, ma non ci riusciva. La sua voce era brusca, e la povera fanciulla era stata ferita dolorosamente al cuore.
— Ma infine,... tu non lo conoscevi.... quel fanciullo…. — esclamò con atto d'impazienza il conte.
— No.... babbo,... ma penso che forse egli aveva in casa una mamma che l'aspettava....
— Come, tu lo conoscevi? — esclamò Clara fingendo mirabilmente la sorpresa, ed aggiunse con voce tremante: — Fors'anche gli avevi parlato?
— Non lo conoscevo, e non gli ho mai parlato; ma tralascia, te ne prego, questo discorso che mi agita, perchè penso alla tua imprudenza e al pericolo che hai corso.
— Ma ora è passato… — rispose Clara, cercando invano di sorridere.
— E non tornerai più, non è vero? Me lo prometti? —
V’era tanto strazio in quelle parole, che la fanciulla abbassò il capo.
— Sì, te lo prometto.... babbo....
— Oh! mio angelo, solo conforto della mia vita! — esclamò il conte con esplosione, coprendo di baci frenetici quel viso di madonnina, che gli si piegava sul petto.
Una mezz'ora dopo, Clara ritornava pallida e mesta nella sua stanza.
— Egli odia ancora quel fanciullo, benché lo creda morto, — mormorò. — Dio.... Dio se egli sapesse che è vivo, libero e salvo per cagion mia! Alfonso.... tu non hai che me sola al mondo.... che ti ami.... e nostra madre ci sosterrà dal Cielo.... O madre mia.... prega tu, povera martire, il buon Dio, perchè cangi il cuore del babbo.... perchè nulla succeda ad Alfonso, al fratello mio, che tanto mi raccomandasti e che io amo tanto.... —
Passarono dei tristi giorni per Clara dopo la partenza del fratello.
Il conte era divenuto ancor più taciturno.
Egli aveva fatto nascostamente ricercare il cadavere di Alfonso, ma le ricerche riuscirono vane.
Clara non aveva altro conforto che nelle lettere che riceveva da Alfonso e in quelle di Nemmo, il quale mostrava una vera soddisfazione nel raccontare i progressi di Alfonso, le eccellenti doti del fanciullo, che lo facevano amare dai maestri, dagli scolari, da quanti, infine, avevano la fortuna di avvicinarlo.
Nemmo prima di partire aveva scritto un biglietto laconico al conte, dicendogli che si sentiva stanco di stare al suo servizio, che Clara non aveva più bisogno di lui, e che gli piaceva di viaggiare.
— Era un vecchio bisbetico ed un testimonio importuno! — esclamò il conte appena letto quel laconico biglietto. — Ringrazio il Cielo d'avermene liberato. —
Clara soffriva per la lontananza di Alfonso.
Egli ormai occupava tutte le sue ore, ed ella l'aveva amato con quella intensità, con quella pazienza devota, colla quale sanno amare le sorelle: da lui aveva avuto tante soddisfazioni di cuore, di orgoglio. Di un fanciullo selvaggio, ella ne aveva fatto un essere nobile, educato, buono. Alfonso le apparteneva tutto intiero, era opera sua. Allorché, per lunghe ore, la fanciulla se ne stava abbattuta e silenziosa sotto la finestra della camera sua, senza prender parte a’ suoi favoriti divaghi, come le passeggiate a cavallo, le corse nel giardino, senza toccar più il pianoforte, i pennelli del disegno, i libri che prediligeva, ella parlava coll'anima al suo Alfonso, gli raccontava le sue tristezze, le sue noie, i suoi sconforti, e ne provava un vero sollievo.