Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Carolina Invernizio Il bacio d'una morta IntraText CT - Lettura del testo |
VI.
Una mattina, Clara desiderò di rivedere quei luoghi dove aveva passate tante ore felici con Alfonso. Si fece sellare il suo bel morello, e senza neppure avvisare la governante, si mise in cammino.
Ella partì al trotto e per qualche momento le parve una delizia sentirsi trasportata dal suo bel destriero, mentre il vento le accarezzava la fronte, e sollevava le ciocche della sua bionda capigliatura.
Ma poi abbandonò quasi le redini sul collo del cavallo, che si mise al passo, mentre Clara ricadeva nelle sue riflessioni.
Giunta al luogo dov'era solita lasciare la sua cavalcatura per inoltrarsi nello scabroso sentiero che conduceva alla capanna del capraio, mentre stava per fermare il suo cavallo e scenderne, il destriero parve spaventato dalla vista di una specie d'ombrello che era appeso ad un albero, e prima che Clara potesse prevederlo, il cavallo si slanciò per una rapida discesa, in fondo alla quale la strada avea una svolta abbastanza improvvisa. La svolta dominava un burrone: pochi passi ancora, e la fanciulla sarebbe stata perduta.
Ella non mandò un grido, nè un lamento: chiuse gli occhi, ed il suo pensiero corse alla madre, con una semplice e sublime invocazione.
— Salvatemi voi, madre mia,... non per me, ma per Alfonso! —
Improvvisamente si udì un colpo di pistola; il cavallo stramazzò, e la fanciulla vi sarebbe caduta sotto, se un giovane, pronto come il lampo, non l'avesse sollevata a tempo fra le sue braccia. Clara era svenuta.
Il cavallo era caduto a due metri dalla svolta; il giovane era arrivato a tempo, e con una non comune abilità, e con una prodigiosa freddezza d'animo, veduto il pericolo della fanciulla, avea esploso una palla contro il cavallo e gli aveva rotta la testa.
Era un bel giovane, di forse venticinque anni, la cui fisonomia indicava la nobiltà, la schiettezza d'animo. Era vestito all’ultima moda; il suo cappello di campagna, leggermente inclinato sopra un orecchio, mostrava i capelli nerissimi, lucidi, che facevano un mirabile contrasto col viso bianco come l’alabastro. I suoi occhi aveano un misto singolare di dolcezza e di fierezza ad un tempo: il labbro aveva adorno da due piccoli baffetti.
Trovandosi fra le braccia Clara, una fanciulla ammirabilmente bella, le sue guance si colorirono, e i suoi occhi mandarono un lampo. Egli era rimasto come stordito, affascinato.
— Chi può essere? — balbettò. — Qual fortunata combinazione è stata oggi la mia! Se avessi dato retta a quel pazzo di Arturo e avessi passata tutta la mattina a letto, non mi sarebbe capitata davvero quest’avventura! Ma, Dio mio,… ella non rinviene? Che devo fare?… Almeno vi fosse un po' d'acqua qui vicino. —
Egli adagiò sull'erba, con tutta la delicatezza immaginabile, la fanciulla svenuta; poi corse in cerca di un po' d'acqua e la trovò non molto lungi.
Quando tornò col cappello pieno, Clara cominciava ad aprire gli occhi. Il giovane le spruzzò alcune gocce d'acqua sul viso.
A quel contatto refrigerante, la fanciulla si scosse tutta; un lieve colorito si sparse sulle sue pallide guance, i suoi occhi si riaprirono intieramente. Ma veduto il giovane, che inginocchiato vicino a lei pareva contemplarla in estasi, ella divenne color fuoco, il cuore le balzò forte forte, la sua mano tremò e sollevandosi sull'erba:
— Dove sono? — chiese con voce tremante.
— Siete in salvo, signorina; — rispose il giovane non meno commosso — il vostro cavallo correva a precipizio, vi trascinava in un burrone, ed io non avevo altro mezzo, per salvarvi, che quello di uccidere l'ombroso animale. —
Clara ricordava tutto; voleva parlare, e le parole le mancarono per esprimere quello che provava il di lei cuore.
Finalmente stese tremando la sua manina al giovane.
— Grazie, — disse con accento sommesso e tronco, ma che scendeva all'anima — grazie, non soltanto per me, ma anche per mio padre…. —
Ella pensava in quel momento al terrore che aveva provato il conte il giorno in cui gli aveva detto essersi avventurata al precipizio, dov'egli credeva fosse perito Alfonso, e diceva a sè stessa che se ella fosse morta, suo padre non avrebbe tardato a seguirla.
La voce di Clara passò nell'anima del giovine come le note di un canto divino.
— Signorina, — rispose soavemente — io ho fatto quello che chiunque altro al mio posto avrebbe fatto, nè mi dovete alcun ringraziamento. Sarei io, anzi, che dovrei ringraziarvi della felicità che mi avete procurato. —
Clara non arrossì, perchè non comprese. Il suo dolce volto di fanciulla tanto soave, tanto bello, era tornato sorridente.
Sebbene Clara avesse compìto ventidue anni, era sempre bambina per l'ingenuità, l'innocenza. La sua infanzia non era stata come quella delle altre fanciulle; ed aveva mantenuto nella sua natura qualche cosa di timido e di semplice che affascinava. Era bambina per il cuore, e dell'amore ne ignorava persino il nome.
Non così poteva dirsi del giovane che il caso le aveva fatto incontrare. Si chiamava il conte Guido Rambaldi. Rimasto orfano in tenera età, sotto la tutela di un ricchissimo ma scapestrato patrizio fiorentino, Guido seguì presto l'esempio del tutore, slanciandosi nel vortice del mondo, ed abbandonandosi sfrenatamente a tutte le passioni più impetuose, profondendo denari, salute, giovinezza. Ora si trovava stanco, annoiato di sè stesso, nè sapeva più in qual modo impiegare il tempo e le poche ricchezze che gli erano rimaste.
Clara si era alzata, ma si sentiva molto debole e mal si reggeva in piedi.
— Mi dispiace, — le disse il giovane — di non avere una cavalcatura pronta da mettere a vostra disposizione. Ma io sono soltanto di passaggio in questi luoghi. Sono ospite alla villa del marchese Ferrati, mio buon amico.
— Che ha una sorella,... non è vero? — chiese Clara con vivacità.
— Si, signorina, una sorella che deve maritarsi fra qualche giorno con un nobile portoghese. Ma io vi trattengo qui in chiacchiere, invece di offrirvi il mio braccio, per accompagnarvi fino a casa. Me lo permettete?
— Oh! sì,... perchè desidero che mio padre sappia quanto avete fatto per me. —
E rivolgendo un ultimo sguardo al suo bel cavallo, che giaceva stecchito poco lontano, esclamò:
— Povero Morgan, era così docile, così ubbidiente, e se non fosse stato per un ombrello....
— Un ombrello attaccato ad un albero?
— Sì.
— L'ho veduto anch'io, e credo sia di un vecchio pittore, che ho incontrato prima di vedervi.
— Quel pittore non ne ha nessuna colpa; pure, credetelo, signore, sono dispiacentissima di veder là morto il mio cavallo favorito. —
Per distoglierla da quella dolorosa contemplazione, Guido le offrì di nuovo il braccio, che la fanciulla accettò.
Strada facendo, il giovane le disse il suo nome, le parlò della sua infanzia, di sua madre, che aveva appena conosciuta, e non si accorgeva che con quel tono sommesso, appassionato, con quei discorsi, faceva vibrare mille corde nell'animo dell'innocente giovinetta.
La fiducia e l'amore sono i due principali elementi della donna. Posandosi più facilmente sopra le apparenze e le impressioni, ella è esposta più dell'uomo a prendere abbaglio. Quando la giovinetta comincia ad amare, crede all'eternità degli affetti, all'immortale unione delle anime, al continuo accrescimento di benevolenza, finché il disinganno non le sfronda ad una ad una tutte le sue illusioni.
Clara ascoltava il giovine come si ascolta una voce deliziosa, e non capiva perchè il palpito del suo cuore era più frequente, perchè il suo braccio tremasse ogni qualvolta Guido, per sostenerla, se lo stringeva al petto.
Dal canto suo, il conte Rambaldi, al contatto di quella giovinetta che gli sorrideva con tanta innocenza, provava delle sensazioni strane, qualche cosa di soave, come non avea provato mai.
Il suo cuore cantava fra sè l'inno di amore, quella divina melodia, che egli, nella sua vita avventurosa, non avea mai pregustata.
Erano distanti pochi passi dalla villa della fanciulla, quand'ella vide, sulla soglia del cancello, suo padre. Clara lasciò il braccio del giovane, e con uno slancio fu vicino al conte, che l'accolse fra le braccia.
— Oh! se tu sapessi, babbo, che pericolo ho corso, stamani....
— Di nuovo? O imprudente fanciulla! Ma dov'è il tuo cavallo?...
— Morto?…
— Sì, l'ha ucciso quel signore per salvarmi la vita…. tu devi a lui solo, se mi stringi fra le braccia, e mi vedi ancor viva. —
Il conte non capiva nulla di quelle frasi interrotte: ma Guido Rambaldi, avvicinandosi, dopo un inchino che mostrava il perfetto gentiluomo, raccontò quant'era avvenuto, e si presentò da sè stesso.
Il conte l'avea ascoltato con ansia e sgomento.
Egli non si saziava di baciare la sua creatura, che il coraggio e il sangue freddo del giovane avevano salvata, e teneva con una mano quella di Guido, stringendola con moto convulso.
— Signor Rambaldi, — gli disse — io non dimenticherò mai quanto avete fatto per me; salvando mia figlia, mi avete salvato più della vita.
— Non ho fatto che il mio dovere, signor conte.
— Vi sono dei doveri che nulla basta a ricompensare. Signor conte, voi mi dite che siete orfano e solo su questa terra;... volete divenire mio figlio, fratello della mia Clara? —
La fanciulla col viso soffuso di ardente rossore nascose il suo volto sul petto del padre. Fors'ella corse col pensiero ad Alfonso, e Guido Rambaldi piegò un ginocchio dinanzi al vecchio.
— Signore, — disse con voce commossa — la mia vita vale ben poco, ma da questo momento essa è per voi. —