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Carolina Invernizio
Il bacio d'una morta

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XI.

 

— Circa dieci anni fa, io mi trovavo con mio padre a Giava che, come sai, è una delle più grandi isole dell'arcipelago della Sonda. Mio padre era stato chiamato colà per raccogliere l'eredità di un suo parente, governatore, e siccome sapeva che io ero appassionato per i viaggi, mi condusse volentieri con .

«Ma non appena arrivati, mio padre fu quasi pentito della sua condiscendenza, perchè seppe che il clima di quei posti era malsano e pestilenziale per gli europei.

«Io non ci pensavo. Ero così felice di ammirare quelle foreste, dove le piante inerpicandosi s'incontrano cogli alberi d'immensa altezza, di vedere da vicino il turrennapi, il kabab, il bambù, il rambuton, tante piante preziose, che in quel luogo vegetano gagliardamente, in quantità prodigiosa!

«Mentre mio padre si occupava a liquidare in fretta e in furia i suoi affari, io amavo di visitare l'interno dell'isola.

«Un giorno, passando dinanzi ad una capanna di giavanesi, che sono fabbricate di bambù intonacate di terra, alte tre o quattro piedi dal suolo, vidi dinanzi alla porta due fanciulle di otto o nove anni affatto nude, una della quali sdraiata in terra colla faccia rivolta, gemeva sordamente, sotto alcuni colpi di spilli di legno, con cui la compagna si dilettava di trafiggerle la schiena.

«Preso da compassione per la vittima, e di collera per la piccola carnefice, le strappai dalle mani gli spilli e con voce severa:

« — Che fai? — dissi indignato — non vedi che la tua sorella ne soffre? —

«La fanciulla alzò gli occhi, e mi guardò con uno sguardo strano, poi ridendo fortemente, fino a mostrare una fila di denti bianchi come le perle, con accento francese, mi rispose:

« — A che t'immischi, straniero?... Vattene pei fatti tuoi, io sono padrona di fare a mia sorella, quello che mi piace. —

«Ed aggiungendo le parole ai fatti, presa colle sue manine la testa della vittima, cominciò a batterla contro una pietra.

«Inorridito a quella vista, strappai di mano alla disgraziata la sorellina innocente, dopo avere applicato due sonori ceffoni alla sua spietata carnefice

— E facesti bene! — esclamò Guido interrompendo l'amico.

— Tu hai già indovinato, non è vero, che quel piccolo demonio era Nara.... —

Guido trasalì.

— No, t'inganni! — esclamò.

Il marchese sorrise amaramente.

Ascoltami e vedrai, — disse lentamente. — Quando io ebbi punita l'insolente, ella non si rivoltò pianse, ma mi gettò uno sguardo così pregno d'odio, che ne rabbrividisco ancora.

«La vittima intanto si avviticchiava alle mie gambe. Io sedetti sopra un sasso vicino alla capanna, e presi la fanciulla sulle ginocchia, mentre Nara a pochi passi, colle braccia incrociate sul petto, che cominciava appena a svilupparsi, colle gambe attorcigliate, mi guardava in aria di sfida!

« — Parli tu pure francese, carina? — dissi alla bimbetta.

« — Sissignore, perchè il babbo è francese; lui però non vuol bene che a Nara.

« — E chi è Nara?

« — Quella ! — mi disse indicando col ditino la fanciulla.

« — E la tua mamma non ti difende?

« — La mamma non l'ho più; è lassù nel cielo, dove vorrei andarci anch'io. —

«E sì dicendo, mi gettò le braccia al collo, con un'espressione che non dimenticherò mai più.

« — Ecco perchè mi lascio battere da Nara, — disse.

«Io guardavo quella gracile creatura, nuda al pari della sorella e di tutti i fanciulli di Giava fino all'età di dieci anni, e non potevo a meno di sentire per lei una profonda pietà, una viva ammirazione. Aggiungi che era anche più bella di Nara, e tu hai visto quale affascinante creatura sia quella ballerina

— Non l'ho osservata, — disse francamente Guido.

Il marchese di Chârtre si mise a ridere.

— Certo se tu dovessi fare un paragone fra Nara e tua moglie, quella ballerina ti parrebbe un mostro; ma continuo:

«Quella fanciullina dunque, sebbene appassita innanzi il tempo, era qualche cosa di carino, d'ingenuamente bello. I suoi capelli ondulati e leggermente lanosi erano scomposti, arruffati, pieni di polvere; ma se una madre ne avesse avuto cura, quella capigliatura poteva diventare stupenda; lo sguardo avea dolce, profondo, la pelle leggermente bruna, di una squisita morbidezza, le forme gracili, ma ammirabili; le labbra rosse che facevano viepiù spiccare una fila di denti piccoli, uniti, bianchissimi, come tanti grani di riso.

«Nara avea le forme più sviluppate, era bella, ma le sue labbra serrate dalla rabbia, il suo visino contratto, la facevano in quel momento apparire ai miei occhi bruttissima.

« — Straniero, — mi disse con un ironico sorrisofin quando fai conto di startene qui ad ascoltare le nenie di quel piccolo serpente? —

«Così chiamava la sorella.

«Io la fissai seriamente in viso.

« — Finché non torni tuo padrerisposi colla stessa ironia — e non abbia il diritto di condur meco questa povera vittima. —

«Nara si morse le labbra dalla rabbia e i suoi occhi ebbero un lampo sinistro.

« — Ah! la faccenda sta così! — disse battendo un piede. — E se io non volessi che mia sorella ti seguisse?

« — Farei a meno del tuo permesso, — risposi sorridendo.

«La piccina si stringeva a me, e due lacrime le scorrevano sulle guance.

«— Tu mi condurrai lontano di qui? — mi disse.

«— Sì, lontano lontano, in una città grande, dove le sorelle non battono le sorelle, dove i piccoli mostri, come Nara, vengono rinchiusi e corretti colla frusta. —

«Nara sembrava dolorosamente umiliata, e con un accento pieno d'odio e con una durezza indicibile:

«— Me la pagherai cara, straniero! — esclamò.

«Io feci mostra di non intenderla, e continuando a baciare la piccina, aggiunsi:

«— Tu avrai delle ricche vesti, delle perle da metterti al collo, delle belle bambole per baloccarti. —

«A queste promesse, per lei favolose, la fanciullina dimenticando i proprî dolori mi guardava coi suoi occhioni lacrimosi e la sua fisonomia si rischiarava dal piacere, le sue manine battevano gaiamente l'una contro l'altra.

« — Tu sei l'angelo custode che mi diceva la mamma, — balbettò — l'angelo che ogni anno conduce seco i fanciulli buoni, ed io sono stata buona, non è vero? Oh! mi lascerei picchiare ancora, senza più lamentarmi. —

«In quel momento Nara aveva cambiato espressione, il suo viso era divenuto quasi dolce e finì col piangere a calde lacrime. I suoi singhiozzi commossero la fanciullina che io avevo fra le braccia. Ella guardò prima me, poi la sorella, e finì per sfuggirmi dalle braccia, per correre a lei.

« — Perchè piangi, Nara? — le disse gettandole le braccia al collo.

« — Perchè ti ho fatto male.

« — Ma non lo ricordo più, io; suvvia, stai allegra.... se quel buon signore mi conduce con ,... io ti manderò tutti i regali che mi darà.

« — No, resta con me,... non ti picchierò più! —

«La fanciulla mi guardava indecisa.

«— Faremo quello che dirà il babbo! — esclamò. — Infine, tu sai che egli dice sempre ch’io gli sono d'impiccio. —

«Non ti so dire quanto fossi commosso; ma siccome il padre della fanciulla non tornava, ed il mio mi aspettava, dissi alle bambine che la mattina dopo sarei tornato a combinare ogni cosa, e intanto che avvisassero di me il loro babbo.

«— Condurresti anche me, con te? — mi disse con franchezza Nara, guardandomi coi suoi occhi scintillanti.

«— No, — risposiperchè tu hai un padre che ti ama. —

«E baciata di nuovo la mia piccola protetta, lasciai le due bambine.

«Quando riferii a mio padre quello che volevo fare, egli mi approvò intieramente, sicché la mattina dopo fui alla capanna del francese.

«La porta era aperta. Chiamai: nessuno rispose. M'inoltrai e il mio piede inciampò tosto in un oggetto molle, che l'oscurità mi impediva di vedere che cosa fosse. Mi abbassai e sentii un non so che di freddo e di viscoso che mi fece orrore; nonostante capii che si trattava di un corpo e lo trassi fuori dalla capanna per vederlo. Figurati, Guido, come io rimanessi, quando mi vidi dinanzi la fanciulla che avevo difesa, colla faccia coperta di ferite, che mandavano ancora spruzzi di sangue nerastro.» —

Guido impallidì a quel racconto, e si sentì freddo in fondo al cuore.

— Chi l'avea conciata a quel modo? — mormorò.

— Chi?... quel serpente di Nara. La fanciullina non era ancora morta,... ma spirò fra le mie braccia, dopo avermi guardato fisso un istante ed aver balbettato colla sua bocchina sorridente ancora del sorriso della martire: «Nara.... è stata Nara.... Vado a ritrovare la mamma.» —

Il marchese di Chârtre, malgrado la sua apparente noncuranza, doveva avere un cuor d'oro, perchè evocando quei ricordi, le lacrime gli facevano velo agli occhi.

— E Nara....? — chiese Guido con curiosità.

— La malvagia creaturina era sparita con suo padre e fu impossibile, allora, di ritrovarne le tracce.

— Ma credi proprio d'aver riconosciuto in lei la ballerina dell'Opéra?

— Se lo credo? Io l'avevo già incontrata in un viaggio in Italia. Anche lei mi riconobbe, ed il giorno seguente ebbe l'audacia di presentarsi al mio albergo.

«Malgrado la perfezione notevole che avevano acquistati i suoi lineamenti, nella sua fisonomia io vi lessi l'ipocrisia, tutti i sentimenti feroci, che mi avevano già colpiti.

«Non ti ripeto la nostra conversazione. Ella giurò che non aveva uccisa la sorella, pianse, anzi, ricordandola, ma io stetti in guardia. Ella tentò tutti i mezzi per sedurmi; ma lungi dall'essere sensibile all'abbagliante bellezza di lei, non potevo trattenere un fremito d'avversione, fiutai in lei una donna pericolosa, e finii col metterla alla porta. Al punto di uscire, Nara mi rivolse con accento pungente una parola di minaccia. Ma io sorrisi e crollai le spalle; però, ti confesso, che l'espressione di odio profondo che vidi apparire sul volto di quella giovine, la ricordo ancora benissimo

— Ed a Parigi ti sei trovato con lei?

— No.... la prima sera che posi piede all'Opéra, la rividi con quelle pupille così brillanti e così false, e mi corse di nuovo un gelo nelle vene. Ecco perchè fremo ancora, pensando che tu ti batti per quella donna.

— Ma assicurati di no,... se il duca non avesse insultato il mio paese....

— E sia; ma ti ripeto: guai a quell'uomo che s'incontra in uno di quegli esseri!

— Io non la rivedrò più.

— Tu,... ma lei? Insomma ora la cosa è fatta, e non c'è altro rimedio che star pronti; stasera dunque verrò da te.

— Sì; trova una scusa qualunque, perchè Clara non si accorga del mio duello. Povera Clara, di cui in questo momento io sono l'unico appoggio, l'unica gioia! Se io morissi?

Scaccia questi pensieri dalla mente! —

Guido gli strinse la mano.

— Se io morissi, promettimi di proteggerla.

— Non si domanda nemmeno!... ma via, calmati, non sei un ragazzo: se torni a casa con quel viso, spaventerai tua moglie, poverina....

— Hai ragione: sorrido.... io vado.... tu penserai a tutto.

— A tutto; te lo prometto.

— Dunque ti lascio, ci rivedremo stasera.

— A stasera, Guido, e ti ripeto: calma e sangue freddo.

— Ne avrò, non dubitare. —

Un quarto d'ora dopo, Guido abbracciava Clara, già inquieta per l'assenza prolungata di suo marito, e gliene fece dolci rimproveri. Ma il giovane le disse che aveva incontrato un amico, il quale, anzi, l'aveva invitato per una partita di piacere la mattina seguente.

— E tu hai accettato? — chiese Clara un po' inquieta.

— No, ho detto che non potevo, volevo lasciarti, — rispose Guido baciandola.

Clara però si accòrse che il giovane era preoccupato, che a tavola mangiava con sforzo, e quando sorrideva, quei sorrisi prendevano l'apparenza di una smorfia.

— Che avrà mai? — disse fra Clara. — Sarebbe stato meglio che non fosse uscito solo.... —

Ma, nella sua timidezza, la giovine sposa non ardiva di fargli altre domande.

Verso sera, mentre i due sposi erano nel loro salotto, guardandosi più di quello che si parlassero, fu annunziato il marchese di Chârtre.

Malgrado l'impero che aveva su stesso, Guido impallidì: Clara se ne accòrse; ma siccome il domestico stava in piedi, sostenuto, ad attendere gli ordini, la giovine sposa, con la sua voce incantevole ma un po' tremula, si rivolse al marito:

— Ebbene.... hai sentito? Il marchese di Chârtre chiede il permesso di una visita.

— Ti rincresce, Clara, a riceverlo?

Perchè? Egli è tuo amico.... —

E rivoltosi al servo:

Fatelo passare,— aggiunse.

Due minuti dopo, il marchese entrava in quel grazioso salotto. La sua fisonomia, per il solito così gioviale, aveva una tinta melanconica.

Guido gli strinse convulsamente le mani, mentre lo presentava alla moglie.

Il marchese di Chârtre, che per la prima volta vedeva proprio da vicino Clara, ne rimase talmente affascinato, che per alcuni minuti perdette la parola.

Egli fissò per un istante quel viso così puro, così nobile, così bello, poi volse con tristezza il capo, mentre sedeva vicino all'amico suo.

— Il mio Guido mi ha parlato sovente di voi, come del suo più caro amico, — aveva detto Clara, mentre porgeva la mano al marchese.

— Il mio amico è troppo buono, ma un po' egoista. Del resto non si può a meno di diventarlo, vicino ad una giovine e bella sposa,... ed io gli perdono di cuore,... ad un patto.

— E quale? — chiese Guido sforzandosi a sorridere.

— Che ti lasci rapire almeno una volta dagli amici,... ingrato, che da tanto tempo che ti trovi a Parigi, è oggi il primo giorno che ci vediamo. —

E volgendosi a Clara:

— Per domattina, — disse — avevo combinato di fare una gita di piacere ad un mio castello, e mi ero permesso d’invitare vostro marito. Egli ricusò col pretesto di non lasciarvi sola. Ma dico io: non potreste accompagnarlo?... —

Guido guardò l'amico con spavento. Perchè quella proposta? Se Clara avesse accettato, tutto sarebbe perduto.

Ma Clara, che si sentiva indisposta e che temeva lo strapazzo per la creatura che cominciava a palpitarle nel seno, rifiutò con gentilezza l'invito.

— Non intendo però, — aggiunse — che Guido debba privarsi d'una festa in vostra compagnia.....

— Oh! non ci anderò,... no,... non voglio lasciarti.

— Neppure per farmi piacere? — disse Clara, che le sembrò di leggere negli occhi di Guido il desiderio di quella gita.

Ma egli nonostante fingeva rifiutare, esclamando con accento di rimprovero:

— E tu puoi rimanere senza di me.... tu, Clara? —

Ella sorrise stendendo la piccola mano al marito.

— Io sì, — risposeperchè penserò che tu ti diverti,... e sebbene distesa su questa poltrona, ti seguirò col cuore, ti sarò vicina col pensiero.... —

Guido le chiuse la bocca leggiadra con un bacio.

 Il marchese di Chârtre sussultò.

— Se sapesse tutto!... — disse fra . — Povera donna! —

Ma cercando di frenare la sua emozione, disse invece:

— Dunque posso sperare d'averti con me?

— Ella lo vuole, — mormorò Guido, indicando scherzosamente Clara.

— A un ordine così gentile non si può a meno di obbedire. Del resto, signora contessa, state certa che Guido non rimarrà lungo tempo lontano da voi,... e vi giuro che non avrei insistito nel mio invito.... se....

— Ebbene?

— Se non si trattasse di una scommessa, di una partita d'amici, in cui Guido dovrà dare il suo parere. —

Siccome il marchese di Chârtre cominciava ad imbrogliarsi maledettamente, per togliersi dall’imbarazzo, si alzò.

— A domattina dunque, Guido: verrò a prenderti colla mia carrozza alle sei.

— Sta bene,... a domani. —

Il marchese tenne un momento la mano di Clara fra le sue, e poi, per un impeto irresistibile, la portò alle labbra.

Arrivederci, contessa, — mormorò commosso.

Arrivederci, marchese; vi raccomando il mio Guido.

— Non dubitate. —

I due amici uscirono insieme dal salotto, mentre Clara, appoggiando la testa alla spalliera della poltrona, diceva fra :

— Quell'uomo ha uno sguardo franco, leale: tuttavia, non so il perchè, la sua presenza mi ha molto agitata. Qual'idea di condurre Guido al suo castello? Ebbene, diventerei ora egoista? Che egli si diverta, caro Guido: mi ama tanto! —

 

 

 




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