Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Carolina Invernizio Il bacio d'una morta IntraText CT - Lettura del testo |
XII.
In quella notte, dopo che Clara si fu placidamente addormentata, Guido scrisse alcune lettere, che chiuse in un plico, coll'indirizzo del marchese di Chârtre. Poi rimase per lunghe ore silenzioso, triste, oppresso al tavolino. Suo malgrado la storia di Nara gli ritornava alla mente ed egli pensava a lei.
— Un cuore così malvagio, con un viso così bello? Non par possibile! Eppure Nara si mostrava commossa, agitata agli insulti del duca,... i suoi occhi erano pieni di lacrime sincere. Il mio amico s'inganna certamente! Del resto, io non la vedrò più quella maliarda creatura. Che m'importa di lei? Forse è per lei che io vado ad esporre la mia vita? —
Si alzò, passò in camera della moglie, e stette lungamente a considerare l'angelica creatura, che dormiva di un sonno tranquillo, sorridendo. Il grazioso viso di Clara, di un colorito così delicato, spiccava sotto i bianchi merletti della piccola cuffia da notte, da cui sfuggivano in vago disordine i riccioli della sua dorata capigliatura.
Guido non poté frenarsi e la baciò sulle labbra socchiuse. Clara trasalì; i suoi occhi si aprirono, e veduto il giovine curvo su di lei, arrossì dal piacere.
— Ah! sei tu, — mormorò — io ti sognavo.
— Mi ami molto?
— Oh! tanto, Guido mio.... e per sempre. —
Guido non dormì neppure un'ora quella notte. E la mattina, quando si alzò, era pallido come un fantasma. Non volle più baciare la moglie per non svegliarla, ed uscì in punta di piedi dalla stanza.
Un quarto d'ora dopo, il marchese di Chârtre veniva a prenderlo insieme al visconte Ballaud, l'altro padrino. Guido aveva finito allor allora di vestirsi.
Dopo una presentazione col visconte, il marchese esclamò:
— Ne ho un paio nuove in carrozza. Sei pronto?
— Sì.
— Mi sembri un po' pallido....
— Ho dormito poco. A proposito, prima di uscire, ti faccio una raccomandazione.
— Parla.
— In caso che io rimanessi ferito,... morto....
— Ma che cosa dici?!
— Ammettiamo il caso: ricordati che in tasca del mio soprabito vi è un plico che tu solo, mio buon amico, dovrai aprire.
— E sia,... ma ogni cosa andrà bene.... vedrai.
— E darai una lezione al duca.
— Che ne ha bisogno... — aggiunse il visconte.
— Andiamo, il tempo stringe. —
Pochi minuti dopo, la carrozza del marchese correva verso il Bosco, e dopo aver fatto il giro del lago, lasciava scendere i due giovani presso un boschetto, al di là del quale v’era una spianata, che avrebbe servito mirabilmente per i nostri duellanti.
Il cielo era splendido in quella mattina, e il luogo affatto deserto. Essi erano arrivati per i primi, e mentre Guido passeggiava distratto, aspettando, i due padrini osservavano il luogo.
— Questo è un gioiello di terreno! — esclamò il marchese. — Vien proprio voglia di battersi.... quasi quasi invidio Guido. —
Intanto un'altra elegante carrozza si fermava al limitare del Bosco, e ne scendeva il duca coi suoi padrini ed un medico.
— Abbreviate i preliminari, — disse Guido al marchese — ho fretta di finirla. —
I due avversarî si scambiarono un saluto con perfetta cortesia e disinvoltura, mentre i padrini si consultavano fra loro, e traevano fuori le spade.
— Il conte Guido è stato insultato dal duca e spetta a lui la scelta delle armi, — disse il marchese.
— Vi ringrazio, — esclamò Guido — per me qualunque arma è indifferente.
— Sono del vostro parere, — disse freddamente il duca. —
— Allora, avanti la spada.
Pochi minuti dopo, i ferri dei due avversarî s'incrociavano. Guido era più giovane, più svelto del duca; ma questi aveva un vantaggio su di lui: la freddezza di animo. Mentre il giovine italiano era eccitato, pallido tanto che gli tremavano le labbra, il francese pareva si divertisse a scherzare, ed un sorriso gli sfiorava le labbra. Egli non faceva che parare i colpi dell'avversario. Due o tre volte Guido nella sua rabbia, nella sua eccitazione, si distese impetuosamente, ed il duca parò senza rispondere.
Il marchese di Chârtre seguìva con ansia tremenda quel duello, e il cuore gli balzava in petto in modo da spezzarsi.
— Ahimè, povero Guido, — mormorava — egli è perduto, se continua così; infame quella donna che ha spinto due gentiluomini a battersi, portando la disperazione nel cuore di una giovine sposa, che a quest'ora dorme felice, sognando il suo Guido in mezzo al divertimento! —
E i ferri continuavano ad incrociarsi. Guido era stato preso come da una vertigine, incontrando sempre l'arme dell’avversario salda, irremovibile, come una sbarra d'acciaio: si distese di nuovo con impeto, e trovando libero il passo la sua spada strisciò sulla spalla del duca, e gli tinse la camicia di sangue.
I testimonî volevano far cessare il duello, dichiarando che l'onore era soddisfatto; ma in quel momento il duca scòrse in una specie di boschetto, al di là della spianata, due occhi di fuoco fissi su di lui, e riconobbe gli occhi di Nara. L'idea che quella donna lo spiasse e si ridesse forse di lui, eccitò il suo orgoglio, la sua rabbia.
— Io posso continuare, — esclamò — non è che una semplice scalfittura la mia.... e non credo che il conte si tenga soddisfatto per così semplice vittoria! —
Guido sentì l'acerba puntura, la nuova sfida, ed un rossore improvviso gli salì alle guance.
— In guardia! — gridò furibondo, mentre il marchese di Chârtre crollava il capo con amarezza.
Il gentiluomo non si era accorto della presenza di Nara, perchè le voltava le spalle e poi, era così ben nascosta, che solo l'occhio del duca poteva vederla, e il suo occhio non abbandonò più quel punto. Così il combattimento ricominciò infuriato, accanito, alla cieca.
Ora il duca non si contentava più soltanto di parare: la sua spada volteggiava con movimenti rapidi, che abbagliavano. Egli voleva trionfare dinanzi a lei, dinanzi a Nara.
I padrini gridarono due volte di smettere, perchè capivano che il duello sarebbe finito male, ma i due avversarî non ascoltarono la loro voce.
Il marchese di Chârtre aveva la morte nell'anima, e non faceva che mormorare:
— Povera Clara,... povera Clara! —
Ma ad un tratto mandò un grido di angoscia, a cui rispose un altro più acuto e straziante.
Guido aveva fallita una bòtta. Il duca era disteso, ed il giovine italiano, colpito al petto, lasciò sfuggirsi di mano la spada e cadde mormorando:
— Chârtre,... ricordati della promessa. Oh! Clara mia! —
E svenne.
Nara in un balzo fu vicino a quel corpo inanimato e vi si precipitò sopra, coprendolo di baci e lacrime.
Il duca fremette: gli altri ammutolirono a quella scena. Solo Chârtre, accecato dalla rabbia per l’impudenza di quella donna, la prese per la vita e con voce sorda:
— Disgraziata, — esclamò — che venite a spargere lacrime di coccodrillo sulla vostra vittima, toglietevi da questo luogo e siate maledetta! —
Nara si rivolse come una vipera, e schiacciando il marchese con uno sguardo pregno d’odio, balbettò con voce rauca:
— Voi?... Sempre voi sul mio cammino? Siete dunque stanco della vita?
— No, mia cara, — rispose il marchese con accento ironico — ma la darò volentieri per salvare quella di un amico. —
Mentre Nara continuava a dibattersi piangendo, singhiozzando come un fanciullo, il medico si era inginocchiato presso il ferito, e dopo un minuto di esame, disse:
— Non è nulla, il povero giovane è svenuto in causa di una violenta sensazione, per avere la spada sfiorato uno dei tèndini più delicati; ma non vi è nessun pericolo. —
Sul volto di Nara passò come un lampo di gioia: i suoi occhi pieni di lacrime scintillarono come brillanti.
Colla punta delle dita affusolate, inviò un lungo bacio, verso la direzione del giovane ferito; poi, svincolatasi bruscamente dalla stretta del marchese e lanciando a questi un'occhiata di sfida, al duca uno sguardo di disprezzo, si allontanò come una freccia, mormorando:
— Oh! lo ritroverò,... egli è ferito leggermente: ora quell'uomo mi appartiene,... ha versato il suo sangue per me.... ed io l'amo.... l'amo! —
Tutto ciò ebbe la durata di un lampo.
Il duca, da perfetto gentiluomo, espresse al marchese il dispiacere che provava per aver ferito il nobile giovane, e chiese il permesso di recarsi a visitarlo.
— Provo un vero rimorso che ciò sia accaduto in causa di quella maledetta creatura, che mi aveva fatto perdere la testa.... — aggiunse.
— E il vostro rimorso sarebbe maggiore, quando conosceste la giovine sposa del povero mio amico, che crede il marito in mezzo ai divertimenti. —
Il duca chinò il capo confuso.
Intanto, coll'aiuto degli altri padrini e del medico, Guido fu trasportato nella carrozza del marchese di Chârtre.
— Al mio palazzo, — ordinò questi al cocchiere.
Un'ora dopo, Guido per le cure premurose del medico e dell'amico si era rinvenuto e chiedeva sbalordito al marchese quanto era successo.
Il gentiluomo si guardò bene di fargli sapere che Nara era stata presente al duello; riferì però le parole concilianti del duca, e la prognosi del dottore circa la ferita.
— Infatti, — disse Guido — io mi sento benissimo, e credo sarà meglio che torni a casa, dove la mia povera Clara mi aspetta ansiosa.
— Ma in qual modo si spiegherà la tua ferita? E poi sarebbe un'imprudenza, poiché non hai febbre, il muoverti di qui.
— E ti sembra possibile che io possa star tranquillo pensando a Clara? —
Il marchese era divenuto pensieroso.
— Piuttosto, vedi.... anderò io ad avvisarla che tu sei qui, e la condurrò al mio palazzo, — disse vivamente.
Guido per tutta risposta balzò dal letto.
— Ci sarebbe da far morire quella cara creatura dallo spavento; no.... no.... io non sento che una bruciatura qui.... al petto,... e nulla più.... Eppoi la mia presenza basterà ad assicurare Clara; le dirò che sono caduto, che mi sono involontariamente ferito, e vedendomi sorridere, non avrà più timore per me. A proposito, ora mi sembra torni inutile il plico che tu dovevi ritirare: l'hai tolto dal mio soprabito?
— Sì, eccolo qua.... —
Guido, esaminandolo, cacciò un grido.
— E poi si dice che non c'è una Provvidenza! — esclamò. — Clara deve avere pregato per me.
— Per qual ragione? — chiese il marchese sbalordito.
— Guarda.... questo plico è forato proprio nel mezzo dalla punta della spada ed ha ammorzato il colpo.... del resto per me sarebbe stata finita. —
Il marchese di Chârtre sorrise.
— Hai dunque proprio deciso, così debole e pallido come sei, di tornare a casa?
— Sì, ti ripeto,... non sarò tranquillo che vicino a Clara. —
Il marchese di Chârtre, trovando giusta l'apprensione dell'amico, ordinò la carrozza.
Mezz'ora dopo, questa si fermava davanti al palazzo dove abitava il conte; ma Guido, appoggiato al braccio dell'amico, non era arrivato a metà dello scalone, che Clara gli si faceva incontro pallida come una morta, coi capelli sciolti, gli occhi lacrimosi, tenendo in mano una lettera.