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Carolina Invernizio
Il bacio d'una morta

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II.

 

Nel pomeriggio, approfittando del sonno del genitore, e dopo aver trovata una scusa colla governante, Clara, in compagnia del fido Nemmo, si mise in cammino per andar dal fratello.

La strada era assai malagevole e sassosa; ma la fanciulla, animata dall'amore e dal dovere, non ci badava, e camminava con tanta leggerezza, che i suoi piedini parevano appena sfiorassero il suolo.

La brezza agitava le foglie con lieto mormorìo: il cielo era splendido, delizioso. Larghi tratti di terreno incolto, variati da una lussureggiante verdura, si stendevano dinanzi alla fanciulla: di quando in quando una capra selvatica si affacciava sul ciglione di uno scoglio o si udiva lo stridìo di un uccello di rapina nascosto in una tana, in mezzo alle rupi. Erano questi i soli indizî di vita, poiché da quella parte non s'incontrava anima viva nè abitazione alcuna.

Nemmo se ne stava silenzioso, e Clara, tutta intenta ad osservare quei luoghi così tristi, non diceva una parola; ma di quando in quando si asciugava una lacrima, che le scendeva furtivamente sulle guance.

— Siete stanca, non è vero, signorina? — le chiese Nemmo ad un tratto. — Volete riposarvi un poco?

— No.... no.... il camminare non mi reca fastidio; tu sai, Nemmo, che spesso faccio varî chilometri a piedi senza mai stancarmi!

— Oh! lo so, signorina, che quando avete da compire un'opera buona, non vi è nessun ostacolo che vi trattenga. Oh! se tutte le donne fossero come voi, la terra diventerebbe un paradiso. —

Le guance di Clara si fecero di fuoco.

— Taci, mio buon Nemmo, — disse — mi farai arrossire. Parliamo piuttosto del povero innocente che andiamo a trovare. Pensi tu che a quest'ora sarà nella sua capanna?

— Lo credo, anzi.

Come vorrei avere le ali per arrivare più presto;... egli non avrà paura di me, non è vero?

— Come si può aver paura degli angeli?

— Taci, adulatore; per fortuna nessuno ti sente all'infuori di me.... ora dunque tu m'insegnerai la capanna dove egli si trova; quando saremo vicini, ti nasconderai per non essere veduto.... ed entrerò io sola.

— Piuttosto facciamo in un altro modo, signorina. Io anderò innanzi per parlare col capraio e consegnargli dell'acquavite e del tabacco di cui è ghiotto. Mentre m'intratterrò con lui e gli dirò i miei patti, voi resterete libera con vostro fratello.

— Oh! sì, sì.... dici bene! — esclamò Clara raggiante in viso. — Quanto sei buono, Nemmo!

— E si può essere diversamente, vicino a voi? — rispose il vecchio mestamente. — Ma perdoni, signorina, — aggiunse rallentando il passo — forse io vado troppo lesto.

— Troppo lesto? No, no, mio buon Nemmo, non sarà mai troppo: fai pure, mi sento in vena di starti dietro.

— Vede, prendendo quella scorciatoia, in mezzo a quei maggesi, fra un quarto d'ora ci saremo.

— Ebbene, prendiamola; la via più corta è per me la migliore. —

S'inoltrarono in silenzio da quella parte, ed era commovente e delizioso al tempo stesso di veder la fanciulla attraversare con passo rapido e sicuro dei punti pericolosissimi e assai malagevoli.

D'improvviso le ferì l'orecchio un canto che pareva una nenia dolcissima.

— Senti, Nemmo? — diss'ella fermandosi ad un tratto.

— Sì, signorina,... è vostro fratello che canta. —

La fanciulla si portò le mani sul cuore, che le batteva forte.

— Siamo dunque vicini? — mormorò con voce soffocata.

— Un centinaio di passi. Vedete laggiù quella capanna?... E, lo vedete, il fanciullo è lì seduto vicino alla porta. —

Clara non poteva rispondere, tante erano le emozioni che l'agitavano.

— Venite da questa parte, — le disse Nemmo — e nascondetevi dietro quel cespuglio: di lì potrete guardarlo con tutto il vostro comodo, mentre io m'inoltro. Non vi movete fino a quando non sarò entrato nella capanna. —

Clara gli rispose con un cenno affermativo del capo, e si rannicchiò nel luogo additatole dalla sua guida. Nemmo aveva ragione: Clara vedeva benissimo il fratello.

Alfonso era seduto sopra una pietra, vicino alla capanna e cantava una dolce canzone, la cui melodia era incomprensibile a lui stesso. Il sole ardente gli aveva abbronzata la pelle, ma i capelli si conservavano biondi, e gli occhi avevano il color del cielo. Però nello sguardo di Alfonso v’era una timidezza che temprava lo splendore delle sue pupille e nell'insieme aveva qualche cosa di bizzarro, di selvaggio e di seducente al tempo stesso.

Le di lui forme delicate avevano dei contorni graziosi, e tutto in quel piccolo essere gracile, la giovinetta ritrovava sua madre, la cui immagine le stava sempre fissa nella mente, sebbene fosse passata nella sua esistenza al pari di una meteora, lasciando dietro a sè il vuoto, lo sconforto, la solitudine. Clara non poteva staccare gli occhi da quella bella testa di fanciullo, e la pietà e l'affetto che provava, colorivano le di lei guance e le facevano scorrere con maggior rapidità il sangue nelle vene.

Intanto Nemmo si era avvicinato alla capanna. La fisonomia di Alfonso, che avea un'impronta di sofferenza e di tristezza, si animò all'avvicinarsi del vecchio servitore: brillò un lampo nella sua pupilla, ed alzando le piccole braccia, battè le mani dal contento.

Alcune parole furono scambiate tra il fanciullo e il vecchio; ma Clara non poté udirle; solo vide il suo fido chinarsi e baciare Alfonso, poi, alzatosi, sparir tosto nella capanna.

Alfonso gli tenne dietro con lo sguardo, poscia la sua graziosa faccia ridivenne triste, e la nascose nelle palme della mano, che avea abbandonate sulle ginocchia.

Clara non potendo più resistere si tolse dal suo nascondiglio e a passi rapidi e leggeri si avvicinò al fratello, battendogli lievemente su di una spalla.

Il povero fanciullo trasalì, alzò la testa, fece per gettare un grido, ma veduta quella giovine che gli stava dinanzi, rimase a bocca aperta, colle mani giunte e gli occhi spalancati, estatici su lei.

Alfonso l'avea detto più tardi ad Ines. Vissuto sempre in quel luogo selvaggio, lontano dall'abitato, nell'ingenuità della sua anima, egli credette dapprima all'apparizione della Madonna. Una sera che il capraio non avea bevuto acquavite, ed era di buon umore, gli avea raccontata la storia della Madonna apparsa ad un piccolo capraio, che poi divenne un santo. Qual meraviglia se la Madonna si fosse ricordata di lui, che sempre la pregava, quando le stelle scintillavano in cielo, perchè gli aveano detto che dietro a quelle stelle, la Madonna sedeva su di un trono dorato, con attorno tanti piccoli bambini!

E forse, mentre egli avea nascosta la testina fra le mani, la Madonna era discesa senza che la vedesse, ed ora era venuta dinanzi a lui.

— Alfonso.... — mormorò a voce bassa Clara, la quale non era meno commossa del fratello.

Questi continuava a rimanere immobile e in silenzio.

Clara sedette vicino a lui, e lo cinse colle sue braccia.

— Alfonso, — ripeté di nuovo con voce tremante.

— Che volete da me, signora? — chiese l'innocente fanciullo — parlate ed io sono pronto a tutto. Come siete bella, signora, e come la vostra voce è melodiosa.... la sento qui nel cuore.

—Come io sento la tua, Alfonso, fratello mio! — esclamò Clara non potendosi più contenere.

E stringendo al suo seno la testa del fanciullo, la coprì di baci.

Alfonso dapprima impallidì: le parole di Clara l'avevano sconvolto. Gli sembrava che si aprisse davanti a lui un mondo nuovo, gli pareva di sognare. Chiuse gli occhi, poi li riaprì: la dolce visione era sempre vicino a lui, lo stringeva fra le braccia, lo copriva di baci e lacrime.

— Non siete voi dunque la Madonna.... signora? — balbettò.

— No, sono una creatura mortale come te, sono tua sorella.... e soltanto ieri ho saputo che tu vivevi.... Chiamami Clara, come io ti chiamo Alfonso; dimmi che mi amerai, come io sento di amarti!... —

Il fanciullo alzò uno sguardo puro e profondo sulla sorella.

— Voi siete bella.... non volete ingannarmi.... non è vero? – balbettò. — Vedete, ne soffrirei troppo, più di quando il capraio mi picchia. —

Clara gettò un grido di angoscia.

— Oh! povero Alfonso, ti picchia spesso?

— No.... oh! no, signora,... io ora non mi ricordo più nulla; sono tanto felice,... sentite come mi batte il cuore?... oh! voi non mi lascerete più: mai più! —

Mentre Alfonso parlava, Clara diventava sempre più pallida, ed i palpiti precipitati del cuore le sollevavano il vestito. Doveva rivelare al fratello per qual motivo era lì, e come essa non potesse star vicino a lui, perchè nessuno doveva sapere i legami che li univano? La povera fanciulla era perplessa, titubante.

Alfonso la guardava sempre; i capelli di lui accarezzavano la guancia ardente di lei. Vedendo la madonnina farsi triste, anche i suoi occhi si empirono di lacrime.

— Vi ho forse offesa, signora? — disse a voce bassa.

— No, mio caro, no.... — rispose Clara con accento sempre più commosso. — Come potevi offendermi, tu, povero ed innocente fanciullo! Tu mi chiedevi che io non ti lasciassi mai più, ed io esitavo a risponderti, perchè fra poco dovremo separarci. —

Un singhiozzo sollevò il petto del fanciullo.

— Oh! non mi lasciate, — balbettò — non mi lasciate.

— Non piangere così, o farai piangere anche me:... sì, fra poco ti lascerò, ma tornerò domani,... tornerò tutti i giorni. —

Il viso del fanciullo raggiò dal contento.

— Tornerete, tornerete.... — balbettò — è proprio vero?

Sì.... ma tu devi darmi del tu come io faccio con te: te lo ripeto, sono tua sorella.... Sai tu cosa vuol dire sorella?

— No, — balbettò con soavità — se tu non me lo spieghi. —

Clara baciò con veemenza il fanciullo.

— Vuol dire che io ho avuto la stessa mamma, che hai avuta tu. —

Il fanciullo spalancava i suoi begli occhioni sulla sorella.

— E quell'uomo che mi batte sempre, che è così cattivo, è pure il tuo babbo? —

Clara divenne color scarlatto.

— No, caro, no.... quell'uomo non è neppure il tuo babbo.

— E allora perchè io sto con lui? Perchè non posso venire con te? —

Tutte quelle domande imbarazzavano la candida fanciulla.

— Ascoltami: — disse — mi vuoi bene?

— Oh! tanto, tanto.

— E se dovessero allontanarmi per sempre da te, ti dispiacerebbe...?

— Non me lo dire! — esclamò il poverino ridivenuto tremante, e stringendosi impaurito al seno della sorella — se non ti vedessi più, io morrei.

— No, caro Alfonso, tu vivrai per me; solo non dovrai per ora moverti di qui,... perchè se io ti conducessi con me, ci separerebbero subito subito, e allora non ci vedremmo mai più.

— Oh! io starò sempre qui, mi lascerò battere senza lagnarmi, purché tu venga a trovarmi.

— Quell'uomo non ti batterà più, sta’ sicuro. —

Alfonso rimase un po' pensieroso.

— Tu abiti lontano, molto lontano da me? — disse.

— Sì,... non puoi vedere di qui la mia casa.

— La tua casa è grande come la mia?

— No; è più grande e più bella,... ma un giorno ne avrai anche tu una come la mia, ed allora vivremo sempre insieme. —

Alfonso fissava su di lei i suoi occhi azzurri, e pareva rapito da quelle parole.

La conversazione di Clara ed Alfonso durò un'altra mezz'ora; e quando fu il momento di separarsi, il fanciullo cominciò a piangere e non sapeva staccarsi dalle braccia della sorella.

Clara era commossa, pure bisognava farsi forza.

— Ci rivedremo domani, Alfonso mio, te lo prometto; — diceva baciando e ribaciando le umide guance del fanciullo — non piangere così, perchè fai soffrire anche me.

— No, non piango più.... ma tu verrai, verrai?

— Te lo giuro: ti fidi di me e di Nemmo?

— Oh! sì, sì!... — esclamò il ragazzo baciando ancora una volta quella sorella adorata, che egli s'ostinava a credere discesa dal cielo.

E per vederla più lungamente, l'accompagnò fino al viottolo; poi salito come uno scoiattolo sopra un albero altissimo, non si mosse di là finché poté scorgere un punto bianco che gl'indicava la divina fanciulla.

Poi scese triste triste, e ritornando alla capanna, si gettò in silenzio sulla stoia che gli serviva da letto e si addormentò, ripetendo più volte:

— Mia sorella! mia sorella! —

 

 

 




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