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Carolina Invernizio
Il bacio d'una morta

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X.

 

Ci volle a Guido del bello e del buono, per non mostrare dinanzi a Nara la sua agitazione, e, diciamolo pure, la sua collera.

Per un momento fu dolentissimo di aver ceduto alla violenza del suo carattere, di aver provocato ed accettato un duello col duca.

Egli pensava a Clara; a Clara che, piena di fiducia e di amore, l'aspettava, ed alla quale aveva promesso di tornare a casa più presto del solito.

Come nasconderle il caso che gli era successo?

Nello stato in cui la giovine sposa si trovava, sarebbe stato un colpo terribile la notizia ch’egli si sarebbe battuto al duello.

Guido malediva l'incontro di Nara.

— Non avrei dovuto perdermi per una persona come quella; ma io non ho difesa la ballerina, ho difesa la donna. Potevo lasciarla così impunemente insultare? Maledizione sul duca! —

Guido stentava a frenare la rabbia e il dispetto che lo rodevano e non si calmò che quando la carrozza giunse alla porta del palazzo del marchese di Chârtre.

Per fortuna il marchese era in casa. Appena gli fu annunziato il conte Guido Rambaldi, mandò un'esclamazione.

— Fatelo passare subito, — ordinò.

E appena il giovane fu entrato nel salotto, gli corse incontro, e gli strinse le mani con affetto.

— Finalmente! — disse — credevo che tu ti fossi dimenticato del tuo vecchio amico. Gli sposi sono sempre egoisti.

— Non hai voluto che ti presentassi a mia moglie.... — rispose Guido colpito da tutta quella affettuosità.

— Che vuoi? io mi conosco, ho veduto una volta sola tua moglie con te al Bosco,... e mi ha stupito. Che angelo! Che creatura divina! Lascia che te ne faccia i miei complimenti, amico, ed ascolta un mio consiglio: non presentarle mai nessuno dei tuoi amici, anche i più sinceri ed i più affezionati come io sono verso di te, perchè accanto a quella splendida creatura, ci sarebbe da dimenticare anche l'amicizia. —

Guido non poté a meno di sorridere.

— Sei sempre lo stesso caposcarico; — disse — eppure io mi fido tanto di te, che stasera stessa ti presenterò a mia moglie. —

Il marchese divenne pallido e commosso.

— No, te ne prego, no....

— Ma non capisci che ho bisogno di te?

— Come sarebbe a dire? — esclamò il marchese spalancando gli occhi dalla meraviglia.

— Sediamoci, te ne prego.... e ti dirò tutto. —

E Guido con voce alterata raccontò quanto gli era successo al Bosco.

Il marchese era divenuto serio.

— Battersi per quella donna? — mormorò come parlando a sè stesso.

— Non è per Nara che mi batto, ma per difendere l'onore della mia patria, che il duca ha insultato. —

Il marchese continuava a rimaner triste.

—                  Non importa, non avrei voluto veder immischiata quella donna nel tuo duello col duca.

—                  Basta, ora il male è fatto, e non c'è rimedio. —

Il viso di Guido si rischiarò.

— Accetti dunque d'essere mio padrino?

— Se accetto!... ma io son tuo, anima e corpo.

—                  Grazie, Silvano; non speravo meno da te. —

Il marchese corrispose alla stretta dell'amico.

— Ma come nascondere la verità a tua moglie? — disse dopo alcuni minuti di silenzio.

Guido era pallido e tremava da capo a piedi.

— Eppure è necessario, — mormorò. — Clara è di una sensibilità straordinaria, e nello stato in cui si trova, la notizia del mio duello forse le sarebbe fatale.

— Povera donna! — mormorò commosso il marchese.

Guido chinò il capo per celare una lacrima.

— E dire che in causa di quella sciagurata.… — aggiunse il marchese.

Guido alzò con veemenza il capo.

— Tu pure? — esclamò. — Ma la voce pubblica dice che Nara finora si è conservata onesta, che è sempre degna del rispetto di tutti!

— E lo credi, tu? — disse il marchese con esplosione. — Nara è una donna scaltra, più scaltra di un demonio, e quella virtù feroce che affetta, non fa che renderla maggiormente terribile. Io solo l'ho conosciuta, io solo so qual'anima perversa si celi sotto il suo viso di sfinge. Senti: tutto l'oro da cui Nara viene coperta, tutti gli omaggi da cui è circondata, e quel rispetto che alcuni le portano, non valgono a purificare un'anima, un corpo, che per sedici anni è stato trascinato in tutte le brutture del vizio e della miseria. —

Guido guardò il marchese con spavento.

— Tu conosci la storia di Nara? — esclamò.

Il marchese, che si era appoggiato col gomito ad un elegante tavolino, reggendosi colle mani la fronte imperlata da gocce di freddo sudore, ebbe un riso convulso.

— Sì, la conosco, — mormorò — e non te la voglio nascondere. Bisogna che tu sappia per quale spregevole creatura stai per sacrificare la tua vita, e forse quella della tua nobile ed eletta consorte, che tanto ti rende felice. —

Guido non ebbe il coraggio di rispondere.

Il marchese, con una calma glaciale che rendeva le sue parole più terribili, pungenti, continuò:

 

 

 




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