CAPITOLO
II
Le solite monomanie di
persecuzione e di grandezza.
Sogna tesori l'infelice
ormai sospetto di monomania di grandezza, tanto per consolarsi, non avendo
avuto mai a propria disposizione intera, una moneta da cinque lire. Il
positivismo è la comune teoria sociale, quindi avverso, per sua legge al
sentimentalismo, da cui la falsa interpretazione di quel naturalissimo
desiderio. Non è strano, non è contro natura, che un disgraziato, sospetto di
monomania di persecuzione, si lagni della nequizia altrui, quando quella è
realmente sussistita, e dopochè ne ha sopportati i danni. Egli per giusta
reazione diffida di tutto e di tutti e spera poi liberarsi del suo cattivo
prossimo coi milioni che ritiene di incassare quanto prima. Anche i deboli di
mente, o come tali giudicati, sanno che il denaro fa tutto - argent
fai tout! Ma che direste voi se quel misero sospettato delle due monomanie
in parola, fosse, pro bono pacis, consegnato, senza preavviso, al
manicomio, da' suoi affezionatissimi, tranquilli finalmente del grazioso
alloggio, conferito tanto filantropicamente al loro raccomandato? Gli
affezionatissimi in buona fede avranno pensato, alla spaventevole impressione
che il loro caro avrà subita, in modo da farlo peggiorare, anzichè guarire,
massime perchè ammalato non lo fu mai quanto si credeva? Noi sappiamo già cosa
rispondereste..... Fatalità, caso innocente..... Ah! miei Signori di buona
fede..... tali fatti non sono mai abbastanza stigmatizzabili perchè ricolmi di
lagrimevoli conseguenze.... Lo dica la storia.....
Tal fiata l'accusa di
simili monomanie, è comoda a talun interessato, che speriamo sia raro, onde non
inciampare forse in processi indigesti. Ne conseguono pertanto or qua, ora colà
fallaci giudizi, per parte di individui poco psicologici, o trascuranti le
rispettive qualità dei molteplici ventricoli del cervello umano, i quali dai
popolani si denominano abusivamente ruotelle, probabilmente perchè dai medesimi
si crede, abbiano un lento moto ondulatorio o ruotatorio, o perchè alcune forti
impressioni avute in tempo lontano, si riproducono perfettamente ed alternativamente,
ad epoche quasi fisse d'ogni anno. I profani della scienza speciale, credono
perciò, che il rinnovarsi costante di quelle antiche impressioni dipenda dal
passaggio o movimento dell'una o dell'altra ruotella, o dell'uno o
dell'altro ventricolo come sopra. Un'altra delle cause delle sunnominate
incerte diagnosi o tecniche o profane sullo stato del cervello umano, sospetto
di infermità, è la sciocchezza, o la malignità degli informatori attinenti al
malato. Ignoranza o scelleretezza, stoicismo od avarizia, possono essere
intervenuti, e non è cosa nuova. Non si gridi dunque al pessimismo, se Tizio,
che l'ha realmente toccato, sospetta ancora sempre il male.... Quando un fatto
è, non si dee strozzarlo in fasce, o capovolgerlo, o contorcerlo, o quanto meno
larvarlo per mal inteso ottimismo, interesse, o farisaica brama di quiete.....
Ohimè quanti Caifa e quanti Pilati dopo quelli del nuovo Testamento!....
Le nostre Nonne dicevano
spesso, che il Diavolo insegna a fare le pentole e non i coperchi..... Oh! ma
vi sono dei furbi che sanno fare anche i coperchi, infischiandosi del diavolo
che hanno veduto soltanto dipinto su dei brutti quadri. Guai se tutto, tutto si
potesse scoprire guaggiù, laddove la nostra perspicacia non è arrivata. Noi
intanto, onde confortarci, dovere la verità se non contemporanea al fatto,
almeno postuma, sorgere a galla, siccome hanno sempre creduto i nostri buoni
vecchi, reciteremo, per chi forse non la conosce, quella famosa ottava
dell'Ariosto, la quale, ci sembra, al caso nostro sia adatta.
"Miser chi mal
oprando si confida
Ch'ognor star debbia il
malefizio occulto,
Chè, quando ogn'altro
taccia, intorno grida
L'aria e la terra
istessa, in che è sepulto;
E Dio fa spesso che il
peccato guida
Il peccator, poi
ch'alcun dì gli ha indulto;
Chè, se medesmo senza
altrui richiesta,
Inavvedutamente
manifesta."
Ed ora ritornando al
nostro capitale argomento e ad onta dei bellissimi versi dell'Ariosto nel suo Orlando
Furioso, Canto VI, noi dobbiamo ripetere anche senza volerlo, che qualche
mistero serpeggiasse intorno alla mente di Alfredo onde renderlo infelice.
Potea realmente dubitarsi, secondo la sua squisita perspicacia, che qualche
tristo, sciocco od invidioso, avesse sparlato di Lui a Violetta, o che la di
Lei famiglia avesse antipatia contro il Pittore, pel di lui modo di pensare.
Certamente qualcuno ripeteva in suo cuore Alfredo avrà introdotto fra le ruote
del Carro-Amore, un'asta maligna. Così egli tanto sincero, ne riportava
cordoglio profondo, logorando lentamente anzi tempo, la sua costituzione una
volta fortissima. Egli bruciava senza tregua, di gelosia, egli era desolato
trovando l'adorata fanciulla un giorno buona, un giorno cattiva, verso di lui,
ma ad onta di quella incostanza, Violetta era sempre un idolo per Alfredo. Cose
solite dei grandi innamorati.
«L'amore fu dato
all'uomo affinchè egli abbia la misura di quanto possa soffrire». E non perdeva
mai la speranza di conquistare quel tesoro nascosto. Nè osava punto lagnarsi
della sua Diva, e se un istante solo l'avesse fatto in cuor suo, tosto sentiva
rimorso profondo. Per l'artista leale, Violetta era giovane piena di
sentimento, bella, buona, gentile, educata, innocente. E non sarebbe stata
fors'anco saggia?... Alfredo in una parola era uomo infelice, perchè d'aureo
cuore, ma di cervello d'un metallo inferiore, e tale da pigliar granchi sulla
qualità degli altri metalli in genere. Quel caro poeta non si era mai accorto
che a trovare un essere simile a lui, era cosa impossibile o quasi.
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