CAPITOLO
V.
Un disguido costato meno
caro di quanto poteva.
La famosa lettera di
Alfredo, sempre vittima della iettatura, dopo un giro vizioso, cadde nelle mani
di un tabaccaio, piuttosto manesco, dimorante nel medesimo paese sì, ma in
contrada diversa, e che era Violetti di prenome. Il nostro poeta, quale
discepolo del classicismo non volea saperne di prenomi, Egli, per giunta sempre
distratto, aveva scritto sulla busta semplicemente = A Violetta, S.P.M. -
Via tale - Porticato a destra e giardino in fondo etc. Un indirizzo metà
per il latore del dispaccio e metà pel destinatario, dimenticando il Giacinto
(un'altra eccentricità), ed affidando l'incarico del ricapito ad un buon
diavolo, ma senza sapere che quell'improvvisato Mercurio, avesse nessuna
malizia, e per sovrammercato fosse analfabeta. Insomma un Mercurio degenere, in
modo che da quel giorno in poi Alfredo si convinse, essere una follia in
massima il costume dei Mercuri o Figari. È bensì vero che all'incaricato della
consegna, Alfredo non aveva spiegata la qualità della lettera, ma le
indicazioni orali erano state precise ed esso doveva consegnar a niun'altro
all'infuori della Signorina Violetta, il dispaccio. La ricompensa anticipata
(male) era stata larga. Quel poltrone invece consegnò, lungo la via
discretamente lunga fra un paese e l'altro, la lettera ad un suo conoscente
colà diretto per altre facende, e così dall'una in altra mano, avendola anche
il conoscente consegnata ad un terzo, finì quella disgraziata missiva per
cadere in possesso del S. Violetti, marito recente e manesco di una fresca
sposina. Questi, non maestro di lingue, l'avrà letta male per conto suo, e non
si sa che ne abbia fatto.
E vedi altra
maledizione! la Signora Sposina N. aveva due sorelle in tenera età!
precisamente siccome la Signorina Giacinto.
La risposta del Zigaraio
naturalmente venne mai, ed in luogo della risposta, tanto ansiosamente attesa
dall'innamorato, arrivò quanto ora mi accingo a narrarvi in breve.
Pochi giorni dopo il 19 Marzo
18.. menzionato nel precedente Capitolo III, Alfredo avvilito per quel nuovo
disinganno, nè più avendo il coraggio di presentarsi in Casa Giacinto, pel
dubbio di esservi freddamente accolto fece un giro di pseudo Caccia nelle
circostanze del paese di Violetta, spintovi dalla attrazione magnetica. Ad un
tratto, mentre egli si trovava in località appartata, e precisamente lungo un
filare di alti pioppi, sentì un urto nella schiena immediatamente seguito da
una forte detonazione. Il Carniere di grosso corame lo salvò da lesioni di
mitraglia. Alfredo sorpreso assai, guardossi intorno e nulla vide al momento.
Lord aveva, fra gli altri, il difetto di correre là ove da chiunque si
esplodesse un colpo di fucile. Tosto dopo si ode una fiera lotta fra due cani; Alfredo
corre in quella direzione, e riconosce il cane del manesco sposo recente,
tabaccaio. Questi quasi a carponi se ne sgattaiolava, nè il colpo sparatogli da
Alfredo a minuto piombo, diretto al capo, lo potè raggiungere, perchè colui era
già troppo lontano. Se fosse stato soltanto un caso fortuito, pensò Alfredo,
quel cacciatore, non sarebbe vilmente fuggito? Dunque la schioppettata mi venne
esplosa con intenzione! Che sarà mai? Fra noi due non esistono precedenti che
giustifichino il fatto?... e dopo un lungo lambiccar del cervello, Alfredo
comprese trattarsi di un disguido della propria lettera, disguido constatato in
seguito colla privata Istruttoria in confronto dell'asino e negligente
mercurio. Allora Alfredo esclamò: zitto, silenzio, nessuna denuncia (nè mai in
sua vita aveva fatte denuncie) perchè l'affare è di quelli che scottano! Egli
visitando poi il suo carniere che pareva un crivello, non si rallegrò perchè il
carniere gli avesse schivati dei molesti fori nelle carni, ma fu dolentissimo
di avere invece scoperto, essere caduta la sua lettera in mano di estranei, in
offesa forse della Signorina Violetta. Se non che una luminosa idea venne tosto
a tranquillarlo, conchiudendo così. Se il marito manesco, ma per fortuna poco
letterato e non perspicace, mi ha esplosa una fucilata nella schiena, è
evidente che non si è accorto dell'equivoco di ricapito della mia lettera. Ciò
conchiuso, sebbene ipoteticamente, Alfredo ritornò al suo focolare, meditando
sul proverbio: «Sourtout cherché la femme» (In ogni cosa cercate la
donna.)
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