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Arturo Bianchi
I ladri della pace

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  • PARTE PRIMA
    • CAPITOLO XIV   La Chiesuola dell'Alpe
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CAPITOLO XIV

 

La Chiesuola dell'Alpe

 

Violetta era escita dalla casa della Indovina più mesta che prima. Non si è mai potuto penetrare, quali auspici dell'avvenire madama Proserpina le avesse fatti.

Violetta, appena risposto, con serietà, al saluto cortese di Zaira, che incontrò sulla porta dell'Empirico, lo specialista contro i più delicati incomodi nevralgici, sentì desiderio di andare alla Chiesa, per essa dolce abitudine.

Sulla più alta prominenza di quel paesello alpestre, isolata e discosta un tiro di fucile dalle casupole sparse, sorge una piccola chiesa di povero aspetto, ma da poco tempo restaurata, sullo stile gotico, geniale. Era capace soltanto di duecento persone circa, quando stassero pigiate. Nel momento in cui Violetta s'inginocchiò su di una panca, presso l'altare della vergine, nessuno stava in quel sacro recinto. Un momento di grande poesia, per un artista, per un poeta, un perfetto quadro di Raffaello, mentre colà pregava una seconda Fornarina.

La quiete, il silenzio, l'isolamento di quel luogo, a Dio consacrato dai fedeli, erano più cari alla già mesta Violetta. Tanto è vero, che poco prima essa rimandava sola all'albergo, la sua antipatica e rozza cameriera, che dovea informare quei due signori, parenti o tutori, della breve assenza della signorina, pel noto scopo pietoso.

Ma per mero caso, ed alla stessa ora, anche Alfredo, per bisogno di solitudine, a lui tanto amica, passeggiava nella località più eminente del villaggio, presso la Chiesuola, d'onde godeasi lo spettacolo grandioso dell'orizzonte che si stendeva fino alla pianura. Quanto poeticamente mesto in quell'istante Alfredo. Quanti ricordi di famiglia, quanti affetti diversi commovevano insieme la sua anima gentile appassionata. Aveva gli occhi umidi di pianto e contemplava la volta celeste!... Egli, in quel momento non sapeva certamente di essere una creatura di questo mondo ingrato. Anche Alfredo, siccome avea fatto Violetta, provò brama di visitare quel Romitaggio, per la semplice ragione dell'arte sua od invece per la misteriosa attrazione magnetica di due corpi? Egli andava quasi mai in Chiesa, sebbene in cuore, religioso, perchè colà d'autunno e d'inverno si ode sempre tossire forte, e quel rumore secco gli dava ai nervi. In Primavera si sternuta, e d'estate vi si trovano pulci in quantità superiore al bisogno. Sapeva però che la Chiesa quando è vuota o quasi, si presta pietosamente a raccogliere le anime turbate, in pensieri soavi e tranquilli (segreti del misticismo, misteri dell'anima umana). Colà rinasce, per effetto della nostra debolezza, la speranza su ogni cosa, e per questo le Chiese sono frequentate più dalle fidenti donne che dagli uomini, comunque sia la rispettiva coscienza..... Ma ora proseguiamo....... Alfredo rimane sulla porta aperta della Chiesetta e si accorge di una giovane, che fra il silenzio mistico, prega dinnanzi all'altare della Beata Vergine. Quantunque la pia avessegli rivolte le spalle, egli la riconosce tosto.... è Violetta!...... Numi del cielo, siate misericordiosi, e calmate i violenti battiti del cuore di Alfredo! Quale consolazione per quell'anima innamorata, che invano da tre giorni, cercava vedere l'amata fanciulla!... Le gambe però non lo reggevano più e dovette sedere sul gradino del primo altare.... Un sospiro mal rattenuto, fece accorta anche Violetta che qualcuno era entrato in Chiesa. Si rivolse, vide e riconobbe, potè frenare entro le labbra il suo ammagliante peregrino sorriso, quel sorriso che aveva altre volte inebbriato Alfredo, e che si può chiamare la fonte del suo grande amore. Quella dolce rimembranza incoraggia Alfredo, ma la forte emozione, gli innonda tosto di lagrime il volto, e siccome un fanciullo piange. Quei due cuori sono dunque per volere del Cielo, riavvicinati? Il quadro di Giulietta e Romeo, di Paolo e Virginia, sono di smorto colorito al confronto del nostro quadro vivente, Alfredo e Violetta.

Essi finalmente si baciano, colla sfumatura possibile soltanto al pennello fine del Correggio, e colla purezza degli angioli. Ma Violetta ricompostasi ad un tratto e fissando i suoi begli occhi sull'immagine della sovrastante madonna, allontana dolcemente Alfredo. Io sono votata a Dio sommessamente esclama: Lasciatemi.

Quanto era bella in quell'istante Violetta! Quanto scultorio il suo collo d'alabastro! Nessuno certamente dei quattro Evangelisti, tanto ricchi di scienza, dipinti sotto la volta della Chiesa, avrà deplorato quell'incontro e quel contegnopoetico. La poesia piaceva anche ai Santi; piace anche a Dio, il quale pel primo, di poesia ha popolata la terra, col Sole, colle Stelle, colla bellezza, col canto, col suono, coi fiori, e coll'amore fra due esseri dissimili nel sesso! Alfredo tanto rispettoso verso la donna in genere, e più ancora verso l'amata Violetta, alla guisa dei cavalieri antichi (a quanto dicesi) lasciò sola la sua Regina ed escì confuso all'aperto «Errò senza Consiglio e senza guida» (Tasso, Erminia, Canto VII) ma nella sua anima sensibile, assai confortato.

Quello strano essere, si accontentava di poco; aveva avuta in quel momento l'intenzione di ridursi alla sua brutta camera dell'albergo, non lontana dalla chiesa, ma invece si trovò, dopo cinque minuti, nella valletta sottostante. Accortosi a questo punto come le gambe lo avessero trasportato dove non voleva il pensiero, senza stupirsene, perchè cosa non nuova, decise di risalire il colle e di fare una visita anche lui a Proserpina la vecchia indovina di quel paese vicino al cielo. Quella signora, pensò Alfredo, essendo la moglie di Plutone (come dice la mitologia) e la Regina dell'Inferno, dovrebbe saperne più degli altri. Io non sono mai stato spiritista, superstizioso, (Alfredo, come sappiamo, era soliloquo), ma in questo momento, provo anch'io la tentazione di sentirmi predire il futuro. Coraggio dunque.

In quattro altri salti, Alfredo è già sulla porta della donna padrona dell'inferno. Non ebbe bisogno di fare anticamera, perocchè a due passi dal vestibolo, era in piedi la dea nera (certamente un'africana) che con un cenno della mano lo invitò a sedere su di un vecchio baule, da cui sporgevano pergamene antiche. Alfredo volea parlare ma quella signora appoggiando verticalmente l'indice sulla bocca, fece comprendere che bisognava tacere. Ed invece cominciò a parlare ella, giacchè anche le donne dell'altro mondo, devono parlare sempre e per le prime.

Dunque voi, giovanotto, ma sulla trentina, vorreste conoscere il vostro avvenire?

Non importa che io sappia della vostra condizione. Mi pare del resto che non siate un avvocato, un giudice, un professore di statistica, un medico alienista, ma vi credo un mezzo artista, dal modo di vestire, ed un mezzo poeta dal modo di portare il cappello troppo alto sulla fronte. Ebbene il vostro avvenire, eccolo: «Se volete essere per lo innanzi, meno infelice, praticate senza dilazione, col trapano, un piccolo foro al capo nella scattola posteriore, cioè al cervelletto, lasciate escire tutta l'acqua calda, e poi con una siringa, rimettetevi tutta acqua fredda (una inezia). Quanto alla durata della vostra vita, non si di preciso, ma posso dirvi fin d'ora, che se proseguite colla stessa andatura di prima, andrete più presto alla casa di Plutone mio parente, al quale però io vi raccomanderò senza alcun fallo....ed abbiate inoltre spesso presente, il Pedro adelante cum juicio, del governatore spagnuolo di Milano, al suo cocchiere, mentre passavano framezzo alla sommossa popolare di quell'epoca8.

Quelle parole di Madama Proserpina, fecero su Alfredo l'effetto di un litrone d'acquavite, perocchè quale un ubbriaco, non sapea levarsi da quel perfido sedile, quantunque per alcuni chiodi si pungesse le natiche. Non ebbe altra energia che quella di chiedere, quanto era il suo debito? Nulla, esclamò la Indovina, perchè voi siete povero com'io, ed intanto imparate ancorachè «il male che noi facciamo, non ci attira tante persecuzioni e tanto odio, quanto ce ne attirano le nostre buone qualità.».... addio!! Quella profetessa spinse in tal modo, il malato a fare, come suol dirsi, le valigie pel ritorno all'antica sua dimora.

Pertanto, i nostri compiacenti lettori sanno ora che alla Cura Climatica Alpina, erano andati in quella primavera, fra molti altri, anche alcuni personaggi importanti del nostro romanzo, cioè Violetta, Alfredo, Zaira. La prima per riguadagnare la sua perduta giovialità; il secondo, per far sbollire, potendolo, il calore del capo constatato dai tecnici e dai profani, di quaranta gradi centigradi; la terza per guarire in qualche maniera, da' suoi piccoli disturbi isterici. Perciò non sarebbe strano, accogliere il paradosso; che per alloggiare le menti positive o sedicenti serie, potriano bastare i manicomi vigenti; mentre per ricoverare decentemente tutti i monomaniaci esterni, si vorria un locale vasto quanto il globo terracqueo.

E se non altro, avremo il magnifico piacere, di vedervi rinchiusa, come sopra, anche un po' di gente troppo seria.


 

 

 




8 Pietro avanti con giudizio.






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